La centrale idroelettrica, di epoca sovietica, che rifornisce anche la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, e la centrale nucleare di Zaporizhzhia, sotto controllo russo, è stata usata come arma. Le conseguenze possono essere catastrofiche. Scrive il Guardian: Il disastro si è verificato nel secondo giorno di operazioni offensive ucraine che probabilmente segneranno le prime fasi di una controffensiva di massa. Potrebbe influire su eventuali piani ucraini per un assalto anfibio attraverso il Dnieper. “Lo scopo è ovvio: creare ostacoli insormontabili sulla strada dell’avanzata [dell’esercito ucraino]… per rallentare il giusto finale della guerra”, ha dichiarato su Twitter un consigliere presidenziale ucraino, Mikhailo Podolyak. “Su un vasto territorio, tutta la vita sarà distrutta; molti insediamenti saranno rovinati; un danno colossale sarà fatto all’ambiente”. A me sembra di rivedere la situazione del Nord Stream, con l’aggravante che qui ci sono migliaia di persone che rischiano la vita e una centrale nucleare che da sempre è stato un obiettivo dichiarato.
I notiziari mainstream sono in gran parte fuorvianti. Non parlano di danneggiamento, ma di distruzione della diga. VEDI QUI La situazione è comunque grave.
Le dighe possono diventare armi e lo sono già state.
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“Dopo di me, il diluvio“. Il “castigo” contro la Germania
Li chiamarono “Dambusters”, i distruttori di dighe. E la notte tra il 16 e il 17 maggio del 1943 compirono una missione nel cuore del Terzo Reich. Ma a un prezzo altissimo
Un rumore di bombardieri nemici irrompe nella notte tra il 16 e il 17 maggio del 1943. Volano bassi, molto più bassi del solito, e si avvicinano a tre dighe nel cuore della Germania. Gli aerei solcano l’aria puntando dritti verso un obiettivo. Ma non si capisce perché siano così bassi, anche a costo di rimanere intrappolati in cavi elettrici o abbattuti dalla contraerea nemica. Poi alcuni tonfi sordi nell’acqua, pochi impercettibili tonfi mentre sulle dighe sull’Eder, sul Sorpe e sul Möhne esplodono i tuoni dell’artiglieria. Infine un’onda che travolge tutto e che spazza via fabbriche, case e centinaia di anime.
Per capire cosa accadde quella notte di maggio, bisogna tornare indietro nel tempo e andare nel Regno Unito. Nei comandi di Sua Maestà si pensava a come fiaccare il Reich e impegnare civili e militari per dare la spallata finale. Per farlo, alcuni strateghi britannici avevano pensato a un piano: distruggere le dighe che foraggiavano il cuore industriale della Germania in modo da immobilizzarne le fabbriche e costringere Berlino a spostare lì soldati e manodopera. Nasceva l’operazione Chastise.
Per colpire le dighe venne allestito in gran segreto uno squadrone composto dai migliori piloti dell’Impero britannico. Era il 617 Squadron della Royal Air Force, quello che dopo maggio divenne presto noto con il nome di “Dambusters”, distruttori di dighe. Gli aviatori del Bomber Command, radunati nella base di Scampton, si addestrarono per diverso tempo nell’utilizzo di una nuova arma inventata poco tempo prima dell’ingegnere Barnes Wallis. Era la micidiale “bouncing bomb”, la bomba rimbalzante, un ordigno cilindrico di circa quattro tonnellate che una volta sganciato dal bombardiere doveva rimbalzare sulla superficie dell’acqua fino a colpire la parete interna della diga. Una bomba che utilizzava lo stesso meccanismo di un sasso lanciato in uno stagno, ma con conseguenza devastanti per chiunque si trovasse nei pressi dell’obiettivo.
Dopo diverse prove, ebbe inizio l’operazione Chastise. L’ordine di decollo per il 617 Squadron guidato dal 24enne Guy Gibson arrivò a metà maggio del 1943. Gli obiettivi erano tre: le dighe che controllavano l’acqua di Möhne, Eder e Sorpe. Tre obiettivi estremamente complicati: con dighe circondate da boschi, colline, torri e campanili, e dovendo volare in piena notte, gli aerei avrebbero avuto pochissimi tentativi per distruggerle. Perché c’era solo una rotta che poteva essere seguita per colpirle e vi era solo un modo per far sì che la bomba centrasse il bersaglio. Gli aerei dovevano volare per colpire il lato interno della diga e la bouncing bomb andava sganciata a 18 metri di quota e a una velocità di 232 miglia orarie. Non c’era altro modo per compiere la missione. E questo comportava volare non solo vicinissimi alla contraerea, ma anche vicino a tutto quello che era costruito nei pressi dei bacini idrici.
Il decollo avvenne alle 21:28 del 16 maggio. Gli aerei partirono in diverse ondate, ma quella che si pensava essere una missione complessa ma non estremamente pericolosa si rivelò invece un’operazione difficilissima. Otto aerei su 19 non fecero ritorno. 53 uomini dello Squadrone su 133 coinvolti nell’operazione Chastise vennero uccisi, tre furono fatti prigionieri. Da parte tedesca, i danni furono comunque profondi. Una diga – quella del Sorpe – non si sgretolò. Ma un’altra bomba centrò in pieno la diga del Möhne scatenando un’onda di milioni di metri cubi d’acqua che si abbatté su tutta la valle, colpendo in particolare Neheim-Husten, oggi nel distretto di Arnsberg, e il campo di lavoro che ospitava centinaia di deportati costretti ai lavori forzati. Si ritiene che circa 1600 civili furono travolti dall’onda della diga, rimanendone inghiottiti. I dati ufficiali parlano di almeno 990 persone uccise dall’acqua che inondò la vallata.
Il “maremoto” distrusse ferrovie, fabbriche e ponti e l’intera valle venne devastata dall’acqua. Un risultato che Londra considerò un successo, tanto che il 617º Squadrone fu insignito della Victoria Cross da re Giorgio VI e scelse come motto una frase in francese presa in prestito da Madame de Pompadour: “après moi le déluge“, “dopo di me il diluvio“. Ma molti storici sono divisi sulla valutazione dell’operazione Chastise. Per alcuni non fu una missione i cui risultati giustificarono la perdita di quasi metà degli equipaggi britannici e soprattutto la morte di 1600 civili. Per altri invece la ricostruzione di fabbriche e dighe impegnò una manodopera che non fu così utilizzata dal Reich per rinforzare le difese in vista del D-Day e liberare l’Europa dal regime nazista. Dubbi che la guerra porta con sé come tragico testimone e che non possono essere risolti se non con il ricordo di quanto accaduto.
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