I medici nazisti

I medici nazisti: Medical Killing and the Psychology of Genocide è stato scritto da Robert Jay Lifton e pubblicato nel 1986, analizzando il ruolo dei medici tedeschi nella realizzazione di un genocidio.[1] Nell’opera Lifton descrive in dettaglio le procedure mediche che si verificarono prima e durante l’Olocausto ed esplora il tema paradossale dell’uccisione curativa in cui una razza veniva guarita eliminandone un’altra; un concetto che molti usavano per giustificare moralmente le loro azioni. In tutto il libro, Lifton fornisce citazioni da interviste che ha condotto con i medici delle SS e con le vittime.

Sinossi

I medici nazisti è composto da tre parti. Nella prima parte il libro descrive in dettaglio le quattro fasi che hanno avuto luogo prima dell’Olocausto. A partire dalla sterilizzazione coercitiva, procedendo all’uccisione dei bambini e poi degli adulti; i ragionamenti medici furono usati per giustificare le azioni dei medici nazisti. La progressione delle uccisioni iniziò legalmente con le leggi sulla sterilizzazione e poi si trasformò in azioni illegali che furono permesse dal governo. Questo periodo è stato definito come la Germania nazista, in cui il partito nazista prese il sopravvento e fece il lavaggio del cervello alla maggior parte dei cittadini. La seconda parte del libro inizia con il trasporto delle vittime ai campi, il loro arrivo, la vita nel campo e come i diversi membri del campo si sono adattati ed evoluti. L’ideologia guidata da Adolf Hitler ricevette così tanto supporto dai medici e dai nazisti che fu possibile per loro creare campi di concentramento in cui avvenivano uccisioni mediche di massa. Uno dei campi più grandi fu Auschwitz, un luogo descritto come “l’ano del mondo”[citazione necessaria].

Dopo la scoperta del genocidio, e la fine dell’Olocausto, la gente rimase incredula su come tali azioni di crimine abbiano potuto subire e per così tanto tempo. La parte III del libro fornisce un’analisi dei conflitti morali affrontati dai medici e affronta la realtà del genocidio. Lifton esplora il comportamento individuale e collettivo dei medici e discute come la socializzazione all’omicidio possa essere avvenuta.  https://en.wikipedia.org/wiki/The_Nazi_Doctors

“I medici nazisti erano delle belve quando fecero ciò che fecero? O erano degli esseri umani?”: è questa la domanda a cui si propone di rispondere questo libro, un’inchiesta sconvolgente che ha aperto una prospettiva inedita sul Terzo Reich e le sue perverse atrocità. Basata su interviste a vittime e carnefici dei lager, la ricerca di Lifton penetra con rara incisività i meccanismi psicologici che hanno reso possibile nei medici nazisti la sostituzione del dovere di guarire con quello di uccidere.

Gli esperimenti “scientifici” dei medici nazisti

 Tabelloni collegati:

Durante la guerra, nei campi di concentramento nazisti, furono effettuati esperimenti medici sui prigionieri. Questi esperimenti vennero fatti con lo scopo dichiarato di condurre ricerche e di mettere a punto metodi che permettessero di migliorare la possibilità di sopravvivenza e di guarigione dei soldati tedeschi in guerra, ma anche di migliorare la “razza ariana”. Per gli internati e per le loro sofferenze, che quasi sempre avevano fine soltanto con la morte, nessuno degli autori di questi esperimenti mostrò la minima preoccupazione.

Gli esperimenti erano di ogni tipo; quelli che seguono sono solo alcuni esempi.

Esperimenti sulla sopravvivenza in condizioni estreme

Tra i primi a essere messi a punto furono gli esperimenti condotti a grandi altezze o a basse temperature. Il protrarsi del conflitto con la Gran Bretagna e la battaglia aerea fecero sorgere, infatti, alcuni interrogativi. Si voleva capire, ad esempio, se un aviatore si poteva lanciare con il paracadute da un’altezza superiore al limite normale del respiro; quanto era possibile sopravvivere in acque gelate e come poteva essere rianimato un aviatore congelato. La maggior parte di questi esperimenti furono condotti a Dachau, in camere di decompressione, sotto la direzione di Hans Wolfgang Romberg e Sigmund Rascher, i quali ottennero senza problemi da Himmler il consenso per usare cavie umane prelevate dai campi di concentramento.

Con l’aiuto del dottor Hipper e del professor Holzlöner  e, soprattutto, con la supervisione dell’Istituto tedesco per le ricerche sul volo, si provocò l’abbassamento della temperatura di prigionieri immersi in acqua, ai quali erano state fatte indossare tute da aviatore. Ai medici sperimentatori non rimase che constatare il decesso di gran parte delle cavie. Tuttavia, nonostante l’enorme numero di vittime, i medici giunsero molto tardi alla ovvia conclusione che era necessario brevettare tute di aviazione che potessero riparare meglio gli aviatori a temperature così basse.  Nel tentativo di valutare diversi metodi di riscaldamento, si notò che un bagno caldo poteva servire dopo il congelamento, anche se questo i medici lo sapevano fin dalla fine dell’Ottocento. Si sperimentò anche il cosi detto “riscaldamento umano”, durante il quale i corpi congelati venivano messi a contatto con i corpi di altre due donne, provenienti dal campo di Ravensbrück.

I prigionieri che non morivano durante l’esperimento erano soggetti a ulteriori test per verificare se fosse più proficuo tentare la rianimazione post-congelamento per mezzo di medicinali anziché tramite procedimenti fisici. Ma con questo tipo di esperimento non si arrivò a nessuna conclusione.

Altri esperimenti riguardarono la potabilità dell’acqua, allo scopo di capire in che modo un aviatore tedesco poteva sopravvivere dopo aver terminato i due litri che gli erano dati in dotazione nel kit di salvataggio. Questa quantità, infatti, risultò insufficiente e si sperimentarono fondamentalmente due principali tipi di esperimenti, detti “Berka” e “Schäfer” dal nome dei loro ideatori. Il primo consisteva nel rendere l’acqua di mare di sapore gradevole, mentre il secondo era una vera e propria desalinizzazione dell’acqua marina. Entrambi i metodi risultarono inefficaci.

Migliorare la razza: gli studi sui gemelli

Uno degli obiettivi primari del progetto nazista era difendere la “razza ariana e favorirne la crescita; proprio per questo si studiarono a fondo tutte le strade per arrivare a questo obbiettivo. Tra i primi a occuparsi di genetica ci furono Freiherr Otmar von Verschuer e il suo assistente Josef Mengele, i quali effettuarono ricerche pseudoscientifiche sui gemelli che arrivavano da tutta Europa nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. I gemelli venivano fotografati, sottoposti ai raggi X e a una lunga serie di esami, alcuni dei quali dolorosissimi, quindi se ne provocava la morte repentina con una iniezione di cloroformio al cuore o con un colpo alla testa. I loro organi interni venivano poi attentamente studiati. Pare che circa il 15% dei gemelli[1] sia stato ucciso in questo modo atroce, mentre molti altri decedettero durante le molteplici operazioni chirurgiche; nessuno di questi sembra sia stato ucciso nelle camere a gas. Josef Mengele, in particolare, condusse esperimenti del tutto inutili per trovare il metodo di influire sulla colorazione degli occhi, ad esempio per renderli azzurri. L’unico risultato fu la cecità delle vittime. Lo stesso Mengele studiò trasfusioni di sangue di tipo differente tra i gemelli e fece esperimenti sul midollo osseo.

Alla fine della guerra, Mengele riuscì a sfuggire sia ai russi sia agli americani e, nel 1949, raggiunse con documenti falsi l’Argentina, sottraendosi così alla giustizia. Il “dottor morte” era stato incoraggiato a condurre i suoi esperimenti su cavie umane da von Verschuer; quest’ultimo, come hanno dimostrato lo studio di Robert Jay Lifton sui medici nazisti e una recente indagine condotta da storici tedeschi[2], poté fare progressi nei suoi studi di genetica proprio grazie agli organi che Mengele gli procurava dopo averli prelevati, anche senza anestesia, dai gemelli da lui studiati. Eppure, dopo la guerra, von Verschuer non solo non venne riconosciuto colpevole[3], ma ebbe molte gratificazioni: insegnò genetica umana all’università di Münster e fu per molti anni direttore della Max-Planck-Gesellschaft, prestigioso istituto di ricerca tedesco.

Annientare le razze: le sterilizzazioni forzate

Uno dei cardini principali dell’ideologia nazista era la crescita della popolazione tedesca ma, contemporaneamente, si considerava indispensabile ostacolare l’aumento demografico di ebrei, slavi e zingari. In questa prospettiva nacquero gli esperimenti sulla sterilizzazione nei campi di concentramento. Prima della guerra erano già stati sperimentati alcuni metodi, risultati però troppo dispendiosi; perciò se ne studiarono altri, come l’uso dei raggi X, dal momento che ora era disponibile un gran numero di cavie: i deportati nei campi di concentramento. Furono condotti fondamentalmente tre tipi di esperimenti che presero il nome dai professori che li seguirono: Clauberg, Schumann, Madaus.

Carl Clauberg era un noto ginecologo[4], il quale concepì un metodo che consisteva nell’introduzione nella cervice uterina di sostanze irritanti tramite una siringa, ostruendo così le tube di Falloppio. Dopo numerosi tentativi, effettuati nel campo di Auschwitz, Clauberg riferì a Himmler che il suo metodo era ormai a punto e che l’operazione poteva venire effettuata senza che le pazienti si accorgessero di nulla, mascherando l’operazione come visita ginecologica. In realtà, dalle testimonianze di alcune sue pazienti risulta che esse vennero sottoposte a cure prolungate e dolorosissime, che comportarono fino a cinquanta iniezioni[5]. Il metodo, inoltre, non sembrava praticabile su larga scala.

Secondo Horst Schumann, invece, il metodo dei raggi X era il migliore per sterilizzare un gran numero di persone senza che esse se ne rendessero conto. Gli esperimenti si svolsero dapprima nel campo di Auschwitz e in seguito nel campo di Ravensbrück, dove Schumann operò su bambine zingare di 13-14 anni. Schumann ideò dei banconi per nascondere i macchinari; le vittime venivano fatte passare davanti a questi banconi e irrorate di raggi x. In questo modo venivano sterilizzate circa 3000-4000 persone al giorno. Al termine dei suoi esperimenti, e dopo aver fatto morire un numero altissimo di vittime sottoponendole a interventi chirurgici, il medico nazista concluse che a parer suo l’unico metodo efficace era la sterilizzazione chirurgica. Dopo il crollo del nazismo, pur essendo stato riconosciuto criminale di guerra, Schumann riuscì a evitare il processo, prima fuggendo in Africa, poi adducendo motivi di salute. Morì in Germania nel 1983, libero.

Gerhard Madaus inventò invece un metodo del tutto nuovo. Egli, infatti, aveva condotto diversi esperimenti su ratti e topi e sosteneva che con la somministrazione di estratto della pianta sudamericana di Caladium Seguinum si poteva provocare l’effetto della sterilizzazione. Questi esperimenti si arenarono in breve tempo, a causa delle difficoltà nel coltivare la pianta.

Gli esperimenti sulle malattie infettive

Per alcune malattie, come la dissenteria, la malaria, la tubercolosi e la febbre gialla, che venivano contratte dai soldati tedeschi durante le battaglie e che in alcuni casi si erano mostrate fatali, era necessario trovare una cura rapida che potesse far guarire in pochi giorni le persone che ne erano affette.

Gli esperimenti sulla dissenteria vennero condotti nel campo di sterminio di Auschwitz da medici come Josef Mengele e Heinz Thilo: i malati venivano vivisezionati, perché – si affermava – questo era l’unico modo per studiare le lesioni interne.

Nel campo di Dachau vennero invece fatti esperimenti per trovare un vaccino contro la malaria. Le vittime venivano infettate con zanzare portatrici della malattia, quindi veniva somministrato loro ogni tipo di farmaco. È importante sottolineare che nel campo di Dachau solo 30 prigionieri morirono di malaria, mentre 270 morirono a causa delle medicine utilizzate.

Per quanto riguarda invece la febbre gialla, il vaccino era già in circolazione, ma il problema che ci si poneva era riuscire a misurare le capacità lavorative dopo la vaccinazione. Questi esperimenti, in realtà, vennero condotti per conto degli alleati giapponesi, nel campo di Buchenwald.

La tubercolosi era una grave malattia che colpiva sempre più spesso i soldati al fronte. Vennero condotti esperimenti nei campi di Dachau, di Neuengamme e di Auschwitz; uno dei medici che se ne occuparono fu Kurt Heissmeyer. Anche questi esperimenti, promossi dalla Bayer, non portarono a nessun risultato significativo, ma ebbero come conseguenza la morte delle persone usate come cavie. A Neuengamme, Heissmeyer tentò di stimolare una reazione immunitaria inoculando tubercolina, nonostante che più di un medico avesse già dimostrato che tale reazione non era possibile; così torturò – tra gli altri – venti bambini provenienti da Auschwitz, facendoli ammalare di tubercolosi e asportando loro le ghiandole linfatiche. L’esperimento non riuscì e, poiché il crollo del Reich era imminente, Heissmeyer ordinò che i bambini – ormai prove imbarazzanti del suo operato criminale – venissero uccisi. Furono tutti impiccati nei sotterranei di una scuola di Amburgo e i loro corpi vennero cremati, in modo da non lasciare alcuna traccia[6].

Esperimenti con sostanze tossiche

Già durante la Prima Guerra Mondiale erano stati sperimentati diversi gas nocivi, tra i quali il fosgene e l’iprite. Il fosgene era un gas asfissiante che provocava edemi pomonari e, sotto forma di liquido, produceva gravissime ustioni sulla pelle. L’iprite invece era un potente aggressivo chimico, tossico e vescicatorio.

Gli esperimenti vennero compiuti nel campo di Struthof-Natzweiler, e il medico che se ne occupò fu August Hirt. L’esperimento consisteva nel versare sul braccio del detenuto alcune gocce di fosgene, che provocavano ustioni gravissime. Dopo solo alcuni giorni dall’esperimento quasi la metà delle vittime diventava cieca a causa dei vapori del fosgene, quindi moriva, e il dottore poteva infine eseguire le autopsie. Un altro medico, Otto Bickenbach, sperimentò – prevalentemente su zingari – gli effetti immunizzanti dell’urotropina, ma per far ciò provocò la morte di almeno metà dei deportati oggetto delle sue sperimentazioni. Poiché ai medici interessava anche sapere in quanto tempo si potevano recuperare le forze, gli individui sopravvissuti venivano fatti correre e frustati.

Ravensbrück: gli esperimenti sulle ossa

A Ravensbrück, il dottor Fischer venne incaricato di sperimentare su tessuti muscolari, ossa e nervi. In questo atroce compito lo aiutarono la dottoressa Oberheuser, che era incaricata di selezionare le prigioniere, e il dottor Gebhardt, che era il responsabile egli esperimenti.

Le operazioni consistevano nell’incidere le gambe delle prigioniere e nel rimuovere chirurgicamente ossa, muscoli e pezzi di nervi. Le finalità di questi esperimenti erano lo studio dei trapianti, delle fratturazioni, delle ingessature e delle infezioni ossee. Ogni vittima poteva subire questi interventi anche fino a sei volte. Moltissime donne morirono, altre rimasero storpie; tutte furono operate senza sterilizzare gli strumenti e senza lavare le parti da operare. Alcune di loro testimoniarono al processo che si tenne a Norimberga, tra il dicembre del 1946 e l’agosto del 1947, contro i medici nazisti. Alla fine del processo, Gebhardt venne condannato a morte per impiccagione, Fischer all’ergastolo e Oberheuser a vent’anni di carcere[7].

Molti, ancora, sono gli esempi della pseudoscienza nazista. A Buchenwald si metteva veleno nel cibo e si studiava l’effetto di proiettili avvelenati. Nello stesso lager un medico danese arruolatosi nelle SS, Carl Peter Vaernet, sottopose molti omosessuali a cure ormonali; l’omosessualità era considerata, infatti, una malattia da curare. Ancora a Buchenwald, Hans Eisele e il dottor Neumann studiarono il meccanismo del vomito mediante la vivisezione, mentre altri “medici” sperimentavano gli effetti mortali di trasfusioni di gruppi sanguigni diversi. Ci furono psichiatri che studiarono l’effetto dell’elettroshock, altri che tentarono di praticare lavaggi del cervello mediante la somministrazione – quasi sempre letale – di morfina o barbiturici. Esperimenti inutili sul ciclo mestruale furono effettuati a Ravensbrück da Hermann Stieve, che finì per constatare come la paura provocasse nelle donne perdite simili a quelle mestruali. Heinrich Bering arrivò a studiare la morte per fame.

Il Codice di Norimberga

I personaggi che abbiamo citato dicevano di mirare al progresso della medicina, ma dimenticarono che obiettivo della medicina sono la salute e il benessere di ogni individuo. Essi, invece, utilizzarono l’ideologia razzista che divideva i popoli in “razze” inferiori e superiori e gli individui in normali e anormali per giustificare il proprio operato. Si preoccuparono della propria carriera e non delle sofferenze che infliggevano. Pertanto, a conclusione del processo ai medici nazisti – che si tenne a Norimberga tra il 1946 e il 1947 e si concluse con sedici condanne, di cui sette alla pena capitale – i giudici incorporarono nella sentenza un codice, che prese il nome di “Codice di Norimberga”, a garanzia dei diritti delle persone sottoposte a sperimentazione medica. In esso si stabilisce, tra l’altro, che è “assolutamente essenziale” il consenso libero e volontario di chi è sottoposto a sperimentazione (art. 1) e che “l’esperimento dovrà essere condotto in modo tale da evitare ogni sofferenza o lesione fisica e mentale che non sia necessaria” (art. 4); dovrà inoltre essere evidente il bene che se ne potrà ricavare per la società (art. 2)[8].

Pinerolo, marzo 2007                                                  

Ilaria Tersigni

 Bibliografia

 Susan Bachrach, In the Name of Public Health — Nazi Racial Hygiene, in “The New England Journal of Medicine”, 29/07/2004, n°5, riprodotto in

 http://www.ushmm.org/museum/exhibit/online/deadlymedicine/related/naziracialhygiene.pdf (consultato nel marzo 2007);

http://bioetica.unicam.it/documenti.asp (consultato nel marzo 2007);

Der Spiegel” 21 /3/ 05 http://www.spiegel.de/international/spiegel/0,1518,347163,00.html (consultato nel marzo 2007);

 Robert J. LIFTON, The Nazi Doctors: Medical Killing and the Psychology of Genocide, ISBN 0-465-09094 © 1986 (versione online:  http://www.holocaust-history.org/lifton/contents.shtml) (consultato nel maggio 2006);

 Titti MARRONE, Meglio non sapere, Roma-Bari, Laterza, 2004;

 http://www.olokaustos.org/argomenti/esperimenti/index.htm, consultato nel maggio 2006;

http://www.tempomedico.it/news/news020.htm (consultato nel marzo 2007);

http://www.ushmm.org/research/doctors/senteptx.htm (consultato nel marzo 2007);

 www.wikipedia.org (voce “Esperimenti nazi-fascisti su cavie umane”), consultato nel maggio 2006.

[1] Cfr. Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki) alla voce “Esperimenti nazi-fascisti su cavie umane”.

[2] Cfr. il sommario dell’articolo pubblicato su “Der Spiegel” il 21 marzo 2005: http://www.spiegel.de/international/spiegel/0,1518,347163,00.html; Robert J. LIFTON, The Nazi Doctors: Medical Killing and the Psychology of Genocide, ISBN 0-465-09094 © 1986. E’ stata consultata la versione multimediale del libro per gentile concessione del Dr. Lifton al sito web della Mazal Library in collaborazione con l’Holocaust History Project  (http://www.holocaust-history.org/lifton/contents.shtml). La traduzione italiana del libro è a cura di Libero Sosio, Milano, Rizzoli, 2006 (1^ ed. 1988).

[3] Cfr. Susan Bachrach, In the Name of Public Health — Nazi Racial Hygiene, in “The New England Journal of Medicine”, 29/07/2004, n°5, riprodotto in

 http://www.ushmm.org/museum/exhibit/online/deadlymedicine/related/naziracialhygiene.pdf

[4] Sulla figura di Clauberg cfr. l’approfondimento Eugenetica, eutanasia, sterminio.

[5] Cfr. la pagina web citata alla nota 1.

[6] Su questa vicenda cfr. Titti MARRONE, Meglio non sapere, Roma-Bari, Laterza, 2004. Il libro ricostruisce l’accaduto assumendo il punto di vista dei bambini. Cfr. l’approfondimento su Josef Mengele.

[7] Cfr. il dossier allestito dall’USHMM, in occasione del cinquantennale del processo ai medici, e in particolare la pagina delle sentenze: http://www.ushmm.org/research/doctors/senteptx.htm

[8] Il testo del Codice di Norimberga è consultabile, tra l’altro, in

 http://bioetica.unicam.it/documenti.asp; per un commento cfr.

 http://www.tempomedico.it/news/news020.htm (entrambi i siti sono stati consultati nel marzo 2007).

FONTE http://www.itismajo.it/coalova/ebook/approfondimenti/at023bis.htm

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