Un satellite commerciale “spia”: ecco i pericoli che si nascondono

Paolo Mauri

La società Capella Space, basata a San Francisco, ha messo in orbita il primo satellite commerciale per l’osservazione terrestre tramite tecnologia Sar (Synthetic Aperture Radar – radar ad apertura sintetica) in grado di restituire immagini della superficie terrestre in alta risoluzione.

Sono passati poco più di tre mesi da quando la società statunitense fondata da Payam Banazadeh, ingegnere che lavorava al Jpl (Jet Propulsion Laboratory), ha messo in orbita Capella-2 (precedentemente chiamato Sequoia), un piccolo satellite del peso di 107 chilogrammi in grado di fornire immagini radar con una risoluzione di 50 per 50 centimetri.

Si tratta del satellite commerciale con la qualità di immagini più alta in assoluto, e dalla società californiana fanno sapere che è in grado anche di avere una risoluzione ancora più alta: 25 per 25 centimetri.

Prima di Capella-2, la migliore risoluzione disponibile sul libero mercato era di 1 metro per 25 centimetri con pixel non quadrati che creavano distorsioni da dover correggere – spesso non in modo efficace – con complicati calcoli algebrici. Questa risoluzione veniva ottenuta con una larghezza di banda di 300 MHz, mentre le immagini che vengono raccolte dal nuovo satellite hanno una larghezza di banda fino a 500 MHz, con, in prospettiva, poterla ulteriormente aumentare sino a 1,2 Ghz per ottenere una risoluzione ancora più elevata.

I satelliti che raccolgono immagini radar hanno un pregio rispetto a quelli ottici: le onde elettromagnetiche emesse riescono a penetrare la copertura nuvolosa, la nebbia, lo smog o il fumo come se fossero trasparenti. Il problema, invece, è proprio la loro risoluzione: la definizione dei dettagli degli oggetti “colpiti” dal fascio radar non ha la stessa qualità di quella ottenuta tramite strumenti ottici, che, soprattutto se si tratta di satelliti militari, è molto elevata.

La ricognizione satellitare, che sia nello spettro del visibile o radar, è fondamentale non solo in ambito militare ma anche in quello civile: i segnali radar di ritorno, processati in modo da ottenere immagini “in falsi colori” a seconda delle lunghezze d’onda che si vogliono evidenziare, riescono a determinare, ad esempio, la litologia di un affioramento roccioso, la tipologia di copertura vegetativa oppure semplicemente distinguere i movimenti relativi del suolo, ad esempio evidenziando le deformazioni generate da un terremoto.

Per quanto riguarda gli strumenti di osservazione satellitare, Sar o ottici che siano, per scopi militari la risoluzione è uno dei segreti meglio custoditi: le immagini che vengono a volte rilasciate pubblicamente dagli organismi statali della Difesa sono quasi sempre ritoccate ad arte per “sfocarle” appositamente in modo da non svelare il reale potenziale di ingrandimento. Si vocifera, ad esempio, che i primi satelliti ottici da ricognizione statunitensi tipo Kh-11, fossero in grado (quasi) di “distinguere i volti delle persone”, avendo una risoluzione, mai effettivamente confermata, di 15 centimetri. Quelli moderni è molto probabile che l’abbiano ulteriormente migliorata, ma certe caratteristiche resteranno segrete.

Nel contesto militare, la disponibilità di strumenti Sar trova comunque ampia diffusione: l’attività di ricognizione radar è effettuata principalmente da sistemi satellitari, come detto, ma vengono utilizzati anche velivoli pilotati e non. Le piattaforme senza equipaggio, ad esempio, trasportano sensori per l’osservazione di vaste aree per le quali vengono utilizzate apparecchiature Sar miniaturizzate. La risoluzione anche in questo settore è stata migliorata negli ultimi decenni, arrivando, genericamente, “fino all’ordine del decimetro”, sufficiente, per gli algoritmi di classificazione avanzati che analizzano i dati radar, ad identificare i mezzi militari nell’area sotto osservazione.

Un satellite commerciale che usa la tecnologia radar ad apertura sintetica molto difficilmente può però avvinarsi alla risoluzione di un satellite ottico. Tradotto: non può “spiare” dalle finestre di casa e vedere quello che state facendo, ma resta comunque un importantissimo strumento a disposizione della scienza o dei privati per i propri scopi.

Perché la vera rivoluzione messa in atto dalla Capella Space è proprio la libera commercializzazione delle immagini. Sul sito della società leggiamo infatti che accedervi è “facile!” perché la finalità della start up di San Francisco non è quella di “vendere satelliti alle masse” ma bensì “portare l’osservazione della Terra alle masse”. Obiettivo raggiunto tramite un’applicazione web “intuitiva” con sistema order-to-delivery completamente automatizzato. Si tratta quindi, per il cliente, solamente di cercare nel loro catalogo della libreria di immagini o richiedere nuove acquisizioni tramite self-service on-demand per ottenere le riprese di porzioni di superficie terrestre desiderate. Il sistema messo a punto dalla Capella Space, una volta che una nuova acquisizione è stata raccolta, elaborata e consegnata automaticamente, avvisa il cliente in modo che possa accedere al “prodotto” in modo tempestivo.

Esiste quindi un problema di sicurezza? La società non ha diffuso la sua politica per la commercializzazione delle immagini, ma la libera vendita di riprese radar ad alta risoluzione sicuramente rappresenta un fattore di rischio se non vengono controllati a fondo gli utenti finali: dietro la facciata di una società per la ricerca mineraria, o di valutazione di danni ambientali, o semplicemente edilizia, potrebbe celarsi qualche servizio segreto di Paesi che non hanno la possibilità di accedere autonomamente a questo tipo di tecnologia. Per non parlare della privacy personale: se la precisione, come affermato, arriverà all’ordine dei 25 centimetri, sarà possibile distinguere chiaramente autovetture o perfino motocicli, e magari anche l’aspetto generale delle persone se dovesse ulteriormente aumentare. FONTE

 TE LA DÒ IO LA PRIVACY! 

Capella Space svela le prime immagini satellitari radar

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