Fra un secolo Marte sarà a misura d’uomo. Lo disse Lowell Wood, l’ uomo che insieme a Edward Teller propose niente meno che la trasformazione della composizione chimica dell’atmosfera terrestre, in modo che gli esseri umani possano essere in grado di ‘regolarla’.
E per il 2030 si ipotizza il primo sbarco dell’uomo sul suolo marziano
Secondo il fisico Lowell Wood già alla fine del secolo sarà possibile ‘terraformare’ il pianeta rosso’ e rendere la sua atmosfera simile a quella della Terra. Tutto ciò grazie all’innalzamento della temperatura marziana che così innescherebbe il miscelamento di alcuni gas presenti nel suolo, proprio come è accaduto miliardi di anni fa sulla Terra
”Credo ci sia il 50% di possibilità che i bambini di oggi possano presto passeggiare su Marte o nuotare in un lago marziano”. A sostenere questa più che ottimistica ipotesi è Lowell Wood, affermato fisico del Lawrence Lovermore National Laboratory (LLNL), dalle pagine di Space.com. Già alla fine del secolo, secondo lo scienziato americano, il pianeta rosso sarà ‘terraformato’ e sarà possibile la vita.
Per ‘terraforming’ si intende l’alterazione intenzionale di un ambiente fisico per aumentarne l’abitabilità per l’uomo. Fenomeno che, secondo Wood, sarebbe una sorta di impulso primario dell’umanità, destinato a raggiungere qualsiasi corpo celeste del sistema solare alla nostra portata. Fatto sta che – tra Usa, Europa e Giappone – sono decine le missioni in programma fino al 2020. E per il 2030 si prevede il primo sbarco, forse con partenza dalla Luna.Un sogno costoso: 100 miliardi di dollari contro i 24 delle 17 missioni Apollo che portarono 12 uomini sul suolo lunare.
Tanto interesse si spiega con il fatto che, nonostante tutto, Marte rimane l’unico pianeta vagamente simile al nostro: le ultime sonde hanno accertato la presenza di ghiaccio e rivelato temperature sopra lo zero nella stagione marziana più calda. Batteri e altri organismi elementari potrebbero essersi sviluppati in passato e forse continuano anche a sopravvivere. Un meteorite proveniente dal pianeta sembra conservarne tracce fossili.
Secondo il fisico americano, il fattore che finora ci ha impedito di colonizzare Marte e sul quale è necessario agire per uniformarlo alle nostre esigenze, è la sua atmosfera ricca di biossido di carbonioche determina le estreme stagioni climatiche del pianeta. Una missione che non sembra impossibile, se si considera la sorprendente analogia tra l’attuale atmosfera marziana e quella terrestre di miliardi di anni fa: gli stessi processi che hanno prodotto un’atmosfera respirabile sulla Terra, secondo gli scienziati, potrebbero essere riprodotti anche su Marte.
Simulazioni al computer dicono che basterebbe aumentare di 4 °C la temperatura del Polo Sud per scongelare l’anidride carbonica della calotta ghiacciata e innescare un “effetto serra”che porterebbe la pressione da 6 a 100 millibar. A questo punto altri gas si libererebbero dal suolo e in una decina di anni il pianeta si riscalderebbe fino a poter ospitare microorganismi portati dalla Terra, che produrrebbero ossigeno.
Fra gli scettici molti si chiedono per quale motivo l’uomo dovrebbe pensare a un altro pianeta piuttosto che concentrarsi sui problemi che affliggono quello in cui già vive. La risposta degli scienziati è eloquente: il sovrappopolamento e la possibilità di un disastro ambientale globale ci costringono a considerare seriamente la possibilità di colonizzare altri pianeti.
Senza dubbio l’ipotesi di Wood non è nuova, ma l’aspetto curioso della vicenda è che questa volta si tratta di uno dei primi casi in cui uno scienziato affermato avanzi delle proposte concrete fissando una precisa scadenza.
COME FARANNO?
Il PROCESSO DI “TERRAFORMING” SU MARTE
La terraformazione di Marte è un processo in cui l’atmosfera e l’ambiente verrebbero modificati per rendere il pianeta abitabile da esseri umani e altre forme di vita terrestri, fornendo in tal modo la possibilità di una sicura e sostenibile (ndr meglio astenersi di commenti) colonizzazione di vaste aree del pianeta.
Un esempio di progetto per la terraformazione di Marte prevede di liberare grandi quantità di gas serra nell’atmosfera del pianeta, innalzandone la temperatura. Questo causerebbe l’evaporazione di anidride carbonica dalle calotte polari, aumentando ancora l’effetto serra e facendo sciogliere eventuale ghiaccio presente nel sottosuolo marziano. Ciò porterebbe Marte ad avere acqua liquida, un clima più simile a quello terrestre e un’atmosfera più densa, a base di anidride carbonica. Infine si importerebbero sul pianeta delle piante che arricchiscano di ossigeno l’atmosfera tramite la fotosintesi. È stato calcolato che l’intero processo durerebbe più di centomila anni. Sono stati ideati processi più rapidi, ma dalla durata sempre misurabile in secoli.
Per riscaldare le calotte polari di Marte liberando anidride carbonica sono stati proposti anche altri metodi, come coprirle con sostanze scure (come polvere di carbone) che assorbano meglio la luce solare, o riflettere il Sole sui ghiacciai marziani da giganteschi specchi in orbita attorno al pianeta.
La maggior parte del suolo marziano è costituito da minerali richiesti per il processo di terraformazione. Recenti ricerche scientifiche hanno rivelato che ci sono grandi quantità di acqua sotto forma di ghiaccio al di sotto della superficie del pianeta fino alla latitudine 60, proprio come nei due poli dove l’acqua è miscelata con ghiaccio secco (CO2 solido). È persino possibile che vi siano enormi quantità di ghiaccio nella crosta marziana più profonda.
Una volta che l’anidride carbonica sublima nell’atmosfera durante le estati marziane, essa lascia una piccola quantità di acqua residua che si sposta rapidamente dai poli con una velocità di circa 400 km/h. Questi eventi stagionali fanno sì che vengano trasportate grandi quantità di polvere e vapore acqueo come quelle che hanno permesso la formazione sulla Terra di cirri (delle nuvole). FONTE
ULTIME NEWS
Venerdì 28 agosto sei persone, tre uomini e tre donne, si sono chiuse volontariamente dentro a una specie di cupola sul fianco del Mauna Loa, un vulcano sulla più grande isola delle Hawaii, a un’altitudine di circa 2500 metri: ci rimarranno per un anno, fino al 28 agosto 2016, e potranno uscire limitatamente e indossando delle tute spaziali. I sei volontari fanno parte della quarta missione del progetto HI SEAS (Hawaii Space Exploration Analog and Simulation), finanziato dalla NASA per studiare il comportamento e le necessità di un ipotetico gruppo di astronauti durante una missione verso Marte, che secondo le stime potrebbe richiedere da uno a tre anni. Quella cominciata venerdì è però la più lunga delle missioni HI SEAS tentate finora: le prime due erano durate quattro mesi, mentre la terza ne era durati otto, e si è conclusa lo scorso giugno ….
Kim Binsted, professore alla University of Hawaii di Mānoa e ricercatore del progetto HI SEAS, ha spiegato che la missione servirà a rafforzare «la comprensione dei fattori sociali e psicologici coinvolti nei viaggi di esplorazione spaziale di lunga durata, e darà alla NASA dei dati importanti su come scegliere e supportare al meglio equipaggi spaziali che lavorino come una squadra mentre sono nello spazio». Ha anche detto che più lunghe sono queste missioni, meglio si riesce a capire quali sono i rischi dei viaggi spaziali: la NASA prevede che i primi tentativi di mandare l’uomo su Marte potranno avere luogo nel decennio dopo il 2030. I partecipanti al progetto saranno monitorati da telecamere, sensori di movimento e altri dispositivi per raccogliere i dati sui fattori cognitivi, emotivi e sociali che intervengono in una situazione di lunga coabitazione…
I sei non avranno accesso all’aria aperta se non in escursioni organizzate con la tuta spaziale, e mangeranno principalmente cibo in scatola e disidratato. FONTE
Un’ opinione pubblica ‘in-formata’ e preparata è assai più gestibile. L’industria cinematografico svolge egregiamente questo suo compito. Sbarcherà tra poche settimane al cinema The Martian, film di fantascienza ambientato su Marte. Compariranno 9 tecnologie a cui la NASA sta già lavorando.
“Il film racconta la storia di un astronauta che si ritrova abbandonato su Marte nel 2030, un’epoca in cui gli astronauti viaggiano regolarmente verso il Pianeta Rosso.Una delle tecnologie che compaiono nel film è un “ossigenatore” presente nell’Hab, un sistema che genera ossigeno usando anidride carbonica prodotta dal generatore Mav (Mars Ascent Vehicle). Sulla Stazione Spaziale Internazionale esiste il sistema Oxygen Generation, che elabora l’atmosfera del veicolo spaziale per fornire continuamente aria respirabile. Il sistema sfrutta l’elettrolisi, processo che divide le molecole d’acqua nei loro atomi di ossigeno e idrogeno. L’idrogeno viene poi espulso nello spazio o immesso nel Sabatier System, che crea acqua come sottoprodotto dell’atmosfera….” FONTE
PARTE 1
La prima missione su Marte con un’astronave atomica fu proposta dalla General Electric fin dal 1963….
SEGUE PARTE 2
FINE DELLA TERRA E NUOVA VITA SU MARTE
VEDI ANCHE
Chi conosce LOWELL WOOD ?
I primi coloni di Marte rischiano di morire di fame.
TERRA 2.0 – TERRAFORMAZIONE DI ALTRI PIANETI, LA PROSSIMA FRONTIERA
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