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Perché Facebook ha speso quasi un miliardo per un bracciale che “legge” nel pensiero

La quarta acquisizione più costosa della storia dell’azienda è stata per Ctrl-Labs, una società il cui scopo non è trasformare gesti, per quanto complessi come quelli della mano, in un’immagine sullo schermo, ma tradurre la volontà in un segnale


Mark Zuckerberg ha appena speso centinaia di milioni di dollari perché vuole collegare mente e tecnologia. Facebook ha acquisito Ctrl-Labs, società che sviluppa sistemi capaci di comandare un computer con il pensiero. O, per dirla in modo più prosaico, con gli impulsi del cervello. Niente impianti nel cranio ma un bracciale che legge i movimenti dei muscoli e fa così da interprete ai messaggi cerebrali, trasformandoli in comandi.

La quarta acquisizione più costosa

La spesa di Facebook non è nota. Secondo una fonte di Cnbc, sarebbe compresa tra i 500 milioni e il miliardo di dollari. Un portavoce di Menlo Park ha fatto sapere che l’esborso è stato inferiore al miliardo. Ad ogni modo, è senza dubbio l’acquisizione più corposa dal 2014, quando la società sborsò 2 miliardi di dollari per Oculus. E la quarta più cara nella storia di Facebook, dopo quelle di WhatsappInstagram e, appunto, Oculus.

Basta questo per dire quanto il gruppo punti sulle interfacce che collegano macchina e cervello. La voce ufficiale è stata affidata a Andrew “Boz” Bosworth, vicepresidente responsabile di realtà virtuale e aumentata: “Sappiamo che esistono modi più naturali e intuitivi per interagire con i dispositivi. E vogliamo costruirli. È per questo che abbiamo deciso di acquisire Ctrl-Labs. Si uniranno al nostro team di Facebook Reality Labs dove speriamo di sviluppare questo tipo di tecnologia, su larga scala, e di introdurla rapidamente nei prodotti di consumo”.

Cosa fa Ctrl-Labs

Dopo un dottorato in neuroscienze alla Columbia University e aver lavorato in altre società, Thomas Reardon e Patrick Kaifosh hanno fondato Ctrl-Labs nel 2015. E si sono fatti presto notare. Hanno ricevuto 28 milioni di dollari da un gruppo di investitori che – tra gli altri – include GV (il venture capital di Alphabet), il Founders Fund di Peter Thiel e Alexa Fund (veicolo di Amazon). Il funzionamento del suo bracciale è stato spiegato, in breve, da Bosworth: “I neuroni inviano segnali elettrici ai muscoli della mano, ordinando di muoversi in modi specifici per cliccare sul mouse o premere un pulsante. Il braccialetto decodificherà quei segnali e li traduce in un segnale digitale che il tuo dispositivo può capire. Cattura le tue intenzioni in modo da poter condividere una foto con un amico usando un movimento impercettibile o anche soltanto con l’intenzione di farlo”.

Obiettivo: “Catturare l’intenzione”

Intenzione” è proprio il termine su cui insiste Thomas Reardon. In un video di presentazione, il ceo di Ctrl-Labs descrive infatti la tecnologia del suo bracciale come “intention capture”. Che si potrebbe tradurre, appunto, con “cattura dell’intenzione”. Ci sono già dei dispositivi che permettono di virtualizzare i movimenti del corpo. In forme più semplificate, anche nei nostri smartphone (come ad esempio le maschere in realtà aumentata).

La sfida di Ctrl-Labs non è trasformare gesti, per quanto complessi come quelli della mano, in un’immagine sullo schermo: è tradurre la volontà in un segnale. Al bracciale infatti non servono né supporti ingombranti (somiglia a un grosso smartwatch) né avere una telecamera puntata addosso. Legge i movimenti dei muscoli e li trasferisce al pc o allo smartphone, senza alcun contatto. Ma fa di più: digitalizza il movimento anche quando il movimento non c’è. Immaginate di avere una mano costretta in un pugno e di non poter muovere le dita. Adesso provate a sollevare l’indice o a spalancare il palmo. Anche se non riuscite a farlo, nei muscoli dell’avambraccio e nel polso scorrono quei comandi. È quella “l’intenzione” che Ctrl-Labs “cattura”.

Non più “sottomessi ai muscoli”

La descrizione di Reardon lascia intendere che la presenza di un bracciale possa essere una tappa intermedia. Perché l’ambizione è quella di legare mente e macchina senza (apparenti) intermediari. Oggi – spiega il ceo – i nostri comandi attraversano tre passaggi: il cervello chiama, i muscoli rispondono disegnando un gesto, uno schermo riceve l’input. Ctrl-Labs (e quindi, da oggi, Facebook) vuole saltare il secondo stadio, “traducendo l’attività del sistema nervoso direttamente in comandi per i dispositivi”. La rimozione dei vincoli fisici – spiega Reardon – non è un semplice miglioramento ma un moltiplicatore di possibilità: se non siamo più “sottomessi ai nostri muscoli – afferma – potremmo comportarci come se avessimo sei dita, oppure otto braccia, come un polipo. Il corpo non può farlo, ma il cervello sì”.

L’iPhone? Un regresso della specie”

Ma perché Facebook spende così tanto? In parte lo ha spiegato Bosworth, in parte – guardando ancora più in là – s’intuisce dalle parole di Reardon: “L’iPhone e altri dispositivi hanno provocato un regresso della specie” perché “non hanno permesso l’esplorazione delle nostre reali capacità”. Tradotto: il cervello è una macchina straordinaria, che oggi deve passare in una sorta di imbuto tecnologico, molto più stretto rispetto alle potenzialità del sistema nervoso. La soluzione, per Ctrl-Labs, non è allargare l’imbuto ma rimuoverlo. Il punto non è “un dispositivo più capace ma diventare noi stessi più capaci. Le interfacce neurali sono la soluzione a questo problema”.

Cosa vuole farci Facebook

Facebook, in un primo momento, potrebbe perfezionare e alleggerire quello che già esiste. Ad esempio, potrebbe integrare la tecnologia di Ctrl-Lab con gli Oculus: le mani diventano controller. Sembra un orientamento coerente con la notizia, di pochi giorni fa, che Facebook starebbe lavorando a occhiali intelligenti. Con un bracciale e due lenti, ogni cosa diventerebbe un computer. Fino a quando la leggerezza non sarà tale da dare l’illusione che la tecnologia non esista. Linea diretta tra mente e digitale. Per chattare, navigare, guardare. Due anni fa, durante la conferenza per gli sviluppatori, Facebook aveva rivelato il suo impegno per “un sistema che permetta alle persone di scrivere con il pensiero”. Adesso una ricerca pubblicata su Nature e legata a Menlo Park è riuscita a tradurre i segnali elettrici del cervello in parole, in tempo reale e con un’accuratezza del 76%. Il sistema, affermano i ricercatori della University of California, è ancora “ingombrante, lento e inaffidabile”. Ma la strada è questa. Prima gli smart glasses che ambiscono a sostituire gli smartphone, poi la tecnologia che bolla l’iPhone come “regresso”. Nel giro di pochi giorni, Facebook ha inviato due messaggi chiari: vuole investire nell’hardware e può farlo senza preoccuparsi di distruggere i mercati esistenti. Sulla tecnologia di Ctrl-Labs, la “cattura dell’intenzione”, il ceo Reardon dice che è “adatta a tutto” e che è “inevitabile”. Se ha speso quasi un miliardo, anche Mark Zuckerberg ne è convinto.  FONTE

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