E’  il 25 ° anniversario della rivolta zapatista ed è in corso la riorganizzazione della società nel sud del Messico. Ci sono mostruosi progetti per far ‘vincere il progresso’ contro il popolo ‘arretrato’. Questi progetti significherebbero la fine della popolazione indigena, la distruzione dei loro habitat e la distruzione dell’ esperimento zapatista. I contadini stanno mettendo in piedi un esercito di contadini per difendere se stessi. Gustavo Esteva ci manda questo video impressionante di dieci minuti. Parla da se. Non ci vuole un commento.* 

 IN BREVE  Il Treno Maya sarà un servizio di trasporto ferroviario che attraverserà la penisola dello Yucatan. Le sue stazioni saranno distribuite su 1.500 chilometri. Sarà accompagnato dal trasferimento della popolazione e dalla creazione di nuovi centri urbani. 

Il canale Transístmico mira a promuovere lo sviluppo regionale attraverso la costruzione di un canale che colleghi il Golfo del Messico con l’Oceano Pacifico, collegando i porti di Coatzacoalcos, nello Stato di Veracruz e Salina Cruz, nello Stato di Oaxaca. La sua realizzazione è stato ‘un sogno’ fallito negli ultimi 51 anni. Sia il Treno Maya che il Transístmico saranno costruiti nei territori indigeni.

Altro progetto è l’ aereoporto ‘più sostenibile’ del mondo. Il Mega-aeroporto di Città del Messico, che avrebbe un impatto devastante sul suolo, l’acqua e l’aria della capitale.

 

Come trasformare senza violenza 

 La Quarta Trasformazione (dopo l’indipendenza, la riforma di Benito Juarez e la rivoluzione di Zapata e Villa) annunciata dal nuovo presidente del Messico, come tutto lasciava prevedere, sta diventando una minaccia, soprattutto per i popoli indigeni. Come disse il generale Cárdenas, che AMLO tanto ammira, non si tratta di indigenizzare il Messico, ma di messicanizzare gli indigeni. Lo sviluppo del Sud-Est, comincerà col cementificare i villaggi. Poi avanzeranno le Grandi Opere: il cosiddetto Treno Maya, da Cancun a Palenque, che dovrebbe consegnare i territori al business del turismo, e il mega-progetto infrastrutturale di un corridoio stradale e ferroviario fra il Pacifico e l’Atlantico. Tutto all’insegna di quel discorso sviluppista che tanto ha segnato le recenti disastrose esperienze dei governi progressisti del Sud America nel loro connubio con gli interessi del capitale. La resistenza de los de abajo, quella fondata sulla dignità, non si adatta ai facili entusiasmi dei venti che soffiano in alto, però ai governi non chiede nulla. Sa bene che non c’è compromesso possibile con un regime la cui febbre auto-distruttiva devasta tutto al suo passaggio. Nel suo piccolo, e senza rispondere alla violenza con la violenza, costruisce ogni giorno la speranza, la stessa che si alimenta in Chiapas dal primo gennaio di 25 anni fa, e che oggi è più viva che mai  

 

Di Gustavo Esteva  

Per il governatore Murat, di indubbia estrazione Priista, il presidente López Obrador farà per Oaxaca più di quello che è stato fatto negli ultimi cent’anni (Noticias, 20/12/18). Murat annuncia che finalmente la Rivoluzione renderà giustizia alla povera Oaxaca, che riceverà quello che le manca della Terza Trasformazione e si vedrà arrivare addosso la Quarta, quando si realizzerà nell’Istmo di Tehuantepec il vecchio sogno di Porfirio Díaz (ndt – il mega-progetto infrastrutturale di un corridoio stradale e ferroviario fra il Pacifico e l’Atlantico]. 

López Obrador (AMLO) ha criticato i fischi a Murat. “Esigo rispetto per le autorità – ha dichiarato. Ora basta con le dispute! La campagna elettorale è finita; è tempo di riconciliazione” (Noticias, 24/12/18). Il Corridoio Multimodale Inter-oceanico va fatto perché va fatto, ha sottolineato il mandatario, anche se non si farà nulla senza consultare le comunità (La Jornada, 24/12/18). Come si risolverà la questione? Molti hanno già detto che non va fatto…

Gli annunci del Presidente sono stati molto festeggiati. Per quanto riguarda i popoli indigeni, tutte le persone con più di 65 anni avranno un raddoppiamento della pensione, e tutti i giovani riceveranno sussidi come apprendisti o come studenti. Si raggiungeranno così gli obiettivi del disegno della Banca Mondiale: disgregare la comunitarietà promuovendo l’individualismo, educare al consumo ampliando il mercato interno. 

Anche i produttori e gli imprenditori sono contenti: ci sarà un buon prezzo garantito per il mais e per i fagioli. Si intensificherà in tal modo il turismo degli alimenti, con l’esportazione di quello che si produce ad Oaxaca e l’importazione da Sinaloa e Sonora di quello che mangiano gli abitanti di Oaxaca. La duplice operazione è nell’elenco dei progetti per il porto rinnovato di Salina Cruz: esportare zucchero, polietilene e marmo e importare sale, grano e minerali per i cementifici locali (La Jornada, 24/12/18). 

Come disse a suo tempo il generale Cárdenas, che AMLO tanto ammira, non si tratta di indigenizzare il Messico, ma di messicanizzare gli indigeni. Lo sviluppo del Sud-Est, che potrà finalmente “disindigenizzare” gli indigeni, comincerà col cementificare i villaggi: sono stati erogati finanziamenti per 50 dei 188 capoluoghi dello Stato di Oaxaca che costruiranno le loro strade con cemento idraulico. E ancora più cemento verrà utilizzato per la tangenziale di Matías Romero e per strade e autostrade. Gli intellettuali organici del nuovo regime celebrano continuamente il trionfo della lotta che hanno iniziato da adolescenti. Nel 2018 si sarebbe compiuto il primo passo di una trasformazione attesa da molto tempo. Dicono di aver sempre lottato per la scomparsa del sistema dominante, che sarà realizzata dalla Quarta Trasformazione, ma non vogliono che quest’ultima venga definita o qualificata dogmaticamente, con ideologie obsolete. Secondo loro, il profondo Sud non rifiuta il capitalismo; quello che vuole è aprirsi al capitalismo del Nord, dove gli inferni sociali sono compensati dal fatto che c’è lavoro e dall’illusione di un futuro migliore. Sono consapevoli dei rischi del Treno Maya [ndt – linea ferroviaria di interesse turistico e commerciale, da Cancun a Palenque], ma ritengono che saranno sufficienti alcuni controlli perché ne usufruiscano piccole imprese di turismo alternativo e l’ambiente venga rispettato. 

Nella loro canzone, i gilet gialli dicono che c’è stato un tempo in cui hanno creduto come idioti nella promessa che nel regime dominante ci potessero essere giustizia, uguaglianza e fraternità. Ma si sono risvegliati; non accettano più il capitalismo, il patriarcato o il sistema rappresentativo.

Quella promessa non aveva la stessa risonanza fra noi. Abbiamo sempre diffidato di ciò che chiamavano democrazia, delle sue procedure e dei suoi risultati. Le disastrose esperienze dei governi progressisti del Sud America, che hanno utilizzato il medesimo discorso sviluppista della Quarta Trasformazione per giustificare il loro connubio con il capitale, hanno rafforzato il nostro antico rifiuto di tutte le forme di patriarcato capitalista. 

La lotta dei popoli, quella che si combatte dal basso, che è fondata sulla dignità, sa bene che non c’è compromesso possibile con un regime la cui febbre auto-distruttiva distrugge tutto al suo passaggio. Lo sottolineano tanti giovani che difendono vita e territorio a partire dalla comunità, come quelli di Ixhuatán, nell’Istmo, che hanno seminato pace affidando alla terra come semi i corpi dei loro compagni assassinati il 16 dicembre [ndt – Luis Donaldo Fuentes Martínez y Jesús Cruz Ruiz; si veda il Comunicato del Consiglio Nazionale Indigeno a 9 giorni dalla sepoltura]. Non chiedono nulla ai governi. Sanno di essere in mezzo all’immensa violenza che anticipa grandi sviluppi. Sono decisi a proseguire il loro cammino, nonostante il dolore e le lacrime. 

Nel loro piccolo, senza pretese, facendo quello di cui c’è bisogno, resistendo sempre, senza adattarsi ai venti che soffiano in alto (anche se arrivano vestiti di seta), senza trasformare in nemici quelli che a volte sono stati compagni di lotta, quelli che stanno in basso rimangono in piedi. Hanno saputo dell’Incontro delle Reti di Resistenza e Ribellione, che si è tenuto nei giorni scorsi. Dovunque fossero, hanno celebrato il 25° anniversario dell’inizio della guerra contro l’oblio, la cui commemorazione è iniziata nei territori zapatisti. Insieme ai popoli [indigeni] e alle comunità, continueranno ad alimentare la speranza che è nata il primo gennaio 1994 e che oggi è più viva che mai. 

[email protected] Fonte: “Cómo transformar sin violencia”, La Jornada, 31/12/2018. Traduzione a cura di Camminar domandando FONTE

Gustavo Esteva Messicano, attivista sociale e “intellettuale deprofessionalizzato”- come lui stesso si è definito – cofondatore della Universidad de la Tierra di Oaxaca, continuatore del pensiero di Ivan Illich di cui fu amico e collaboratore, consulente dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione nazionale) nella stesura degli Accordi di San Andrés, partecipante nel 2006 all’esperienza della Assemblea popolare dei popoli di Oaxaca – APPO, una moderna esperienza insurrezionale che può evocare la “Comune di Parigi”.
Autore di vari libri e di innumerevoli articoli, attento osservatore delle articolazioni assunte dal capitalismo contemporaneo in America Latina e nel mondo, interprete e analista della molteplicità di risposte che dal basso – movimenti sociali, mondo indigeno-campesino, marginali urbani – oppongono resistenza e costruiscono alternative sociali alle relazioni di potere imposte dal mercato e dallo Stato.

 

Gustavo Esteva commenta il libro ‘Pianeta Terra L’Ultima Arma di Guerra’ di  Rosalie Bertell (vedi prefazione)

*Aprobado por los zapatitas, sobre la ceremonia del  25 Aniversario del alzamiento zapatista  

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