Comunicato – Ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università di Pisa hanno dimostrato che la concentrazione di CO2 sta prolungando l’attuale periodo interglaciale. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale ‘Geology’
Roma, 4 giugno 2015 – L’effetto serra conseguente alla cospicua concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera starebbe prolungando l’attuale periodo interglaciale, iniziato circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO2, peraltro già relativamente elevata prima dell’avvento della rivoluzione industriale, sono infatti tali da inibire l’inizio di un’era glaciale. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato nella rivista ‘Geology’ e condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Biagio Giaccio dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr), da Eleonora Regattieri, ora dell’Igag-Cnr di Roma e Phd della scuola Galileo Galilei dell’Università di Pisa e da Giovanni Zanchetta, del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
L’analisi dei depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, che un tempo si estendeva nell’attuale piana Sulmona in Abruzzo, ha consentito ai ricercatori di individuare un periodo analogo all’attuale Olocene, indicato con il nome di ‘Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)’. In questo periodo, iniziato circa 790mila anni fa, la configurazione orbitale della Terra, e dunque la quantità di energia solare che riscalda il nostro pianeta, era simile a quella odierna. Lo studio dettagliato di diversi livelli di ceneri vulcaniche rinvenute nell’area, eseguito in centri specializzati in Francia (Cea-Cnrs-Uvsq) e in California (Berkeley Geochronology Center), ha permesso di ottenere per la prima volta un’affidabile cronologia dell’evoluzione climatica di questo antico periodo caldo.
“Assumendo una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e l’Olocene”, spiega Biagio Giaccio, “l’attuale periodo caldo dovrebbe essere relativamente prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se non fosse per la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due periodi”. Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli interglaciali le concentrazioni di CO2 appaiono del tutto simili, l’atmosfera dell’Olocene, già a partire dai primi millenni, si è progressivamente arricchita di anidride carbonica rispetto invece a quella del MIS 19c.
“A parità di insolazione”, aggiunge Giovanni Zanchetta, “il diverso contenuto di CO2 potrebbe essere stato sufficiente a far divergere drasticamente l’evoluzione dei due interglaciali conducendo, da un lato, il MIS 19c verso la sua fine, e quindi a una glaciazione, e producendo dall’altro un prolungamento delle condizioni delle attuali condizioni interglaciali”.
I ricercatori stimano, al 68% di probabilità, che la durata del MIS 19c sia di 10800 +/- 1800 anni. “Questo significa che l’Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa”, afferma Giaccio. “La fase di generale raffreddamento del clima olocenico che si ipotizza sia iniziata circa 4.500 anni fa, quella che i geologi definiscono ‘neoglaciale’, probabilmente rappresentava l’embrione della prossima glaciazione poi, forse, definitivamente abortita per l’eccesso di CO2”.
“I risultati di questo studio forniscono un’ulteriore prova indiretta all’affascinate ipotesi formulata alcuni anni fa”, spiegano i ricercatori, “secondo la quale l’uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra nell’atmosfera aumentandone il contenuto ben prima della rivoluzione industriale, mediante cioè le modificazioni della vegetazione conseguenti alla nascita e sviluppo dell’agricoltura preistorica. Indipendentemente da ciò, i risultati di questo studio mostrano ancora una volta, e in maniera inequivocabile, l’elevata sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas serra, oggi fortemente influenzata dall’attività umana”.
Commento di Guido Guidi
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