OBBLIGO DIRETTO E OBBLIGO INDIRETTO

Al galoppo verso Samarcanda?

In una recente conversazione effettuata per interposta macchina (in videoconferenza) con alcune persone di Onde Civiche/Buergerwelle, il noto professore di diritto internazionale e comparato dott. Ugo Mattei, rispondendo a una domanda su come lui veda il ruolo degli strumenti giuridico-legali nella difesa delle proprie ragioni da parte della popolazione colpita dalle radiazioni usate nelle telecomunicazioni, ha risposto che il diritto è un ottimo strumento, ma da solo non basta: occorre che ci sia un supporto attivo nell’ambito della politica per far valere il diritto della popolazione

Questa affermazione è ovviamente verificabile in base all’esperienza concreta. A cominciare dalla Carta costituzionale della Repubblica, constatiamo da sempre che l’applicazione pratica e concreta dei diritti (e dei doveri) sanciti dalla Costituzione non è ipso facto il risultato di quanto sta scritto sulla Carta: infatti essa è per sua natura un punto di partenza, non un punto di arrivo di una società e di relazioni più giuste. Sappiamo da innumerevoli esempi anche quanto, inoltre, i margini di interpretazione siano elastici, e quindi si possano tirare, estendere o restringere a seconda di precise scelte politiche. Questo vale sia per quanto riguarda le grandi decisioni della politica, prese da parlamenti e governi nelle repubbliche democratiche, sia per quanto riguarda le singole persone maggiorenni, che da brave cittadine devono sapere quali siano gli obblighi a cui ottemperare.

Il presupposto necessario per istituire un obbligo a fare (o a non fare) qualcosa è che ci sia qualcuno che non vuole fare (o non fare) la tale cosa. A quel punto, per intervento politico, può intervenire la legge che costringe, con la minaccia di sanzioni, ad ottemperare. Ci sono cose che nessuna politica può obbligare a fare, come per esempio andare a fare una passeggiata su Venere, perché ciò è impossibile per natura.

ci sono cose che le persone (brave cittadine) si possono sentire costrette a fare anche se non è previsto dalle leggi nessun obbligo e/o nessuna relativa sanzione per chi non rispetta l’obbligo. Questa osservazione porta a introdurre una distinzione di grande rilevanza per la vita delle persone: cioè la distinzione fra obbligo diretto e obbligo indiretto. Quello che è un obbligo diretto, lo sappiamo tutti.

C’è invece meno attenzione per quanto riguarda l’obbligo indiretto, cioè quella particolare costrizione che ci è stata presentata come una scelta in assoluta libertà (apparente), l’assoluta libertà per esempio di comprare quello che vogliamo, desideriamo, ci piace, ci è utile, ci serve. Senza entrare in dettagli di filosofia politica o in noiose analisi da sociologi opinionisti, possiamo offrire una semplice ricetta. Ecco qui: andate nel campo dell’invisibile, prendete una bella tecnologia in stato di avanzata maturazione, sofisticatissima; una buona dose di pubblicità (di cui metà palese e metà occulta), aggiungete una presa (un pizzico) di mancanza di tempo per leggere libri, una bella spruzzata di armi di distrazione di massa, frullate bene il tutto in una grande società di massa a cavallo fra il XX e il XXI secolo, lasciate lievitare, e poco dopo avrete una fantastica situazione di obbligo indiretto. Si consuma crudo. Una pietanza di questo genere è stata preparata per noi nel corso degli ultimi decenni, dietro i paraventi delle cucine di grandi chef ultrastellati (anzi, molti di loro addirittura a stelle e a strisce), ed è servita in tavola sia nella versione telecomunicazioni senza cavi, sia come rivoluzione digitale. Qualcuno forse non la gradisce?

Certo, non tutti gradiscono, e qualcuno vorrebbe addirittura stare a dieta, e accostarsi a più semplici e gustose vivande – magari biologiche. Ed è a questo punto che, sotto l’occhio attento di sorveglianza dell’ingegneria sociale, entra in ballo il presupposto necessario per istituire un obbligo. Ma poiché non sarebbe buona ingegneria sociale costringere per obbligo diretto le persone a fare ciò che concerne il proprio diletto, campo libero, ambito di libertà di scelta, o di puro divertimento, insomma il campo dove ancora rimane loro qualcosa da poter scegliere, dopo che per la maggior parte degli aspetti della vita sono costrette a seguire le scelte fatte da qualcun altro, ecco che le politiche si sono guardate dall’imporre un obbligo diretto. Quello che è successo invece è che si è imposto, per forza di sistema, con i decenni, un obbligo indiretto di possedere e utilizzare (almeno) uno smartphone o un computer mobile. Nel nostro Paese la legge non contempla affatto un obbligo diretto: coloro di noi che non possiedono uno smartphone non vengono prelevati a casa dai carabinieri. Tuttavia di fatto esistono i seguenti esempi di obbligo indiretto:

  • Desideri (o devi) aprire un conto in banca o alla posta? Il 99% degli istituti bancari ha interpretato a suo modo la Direttiva europea sull’obbligo di identificazione del cliente e pretende l’indicazione di un numero di cellulare. Per alcuni servizi è indispensabile uno smartphone, anche se rinunci alla movimentazione del conto in Internet e ti accontenti dei servizi allo sportello!

  • Ti trovi per strada e hai improvvisamente la necessità di telefonare o di chiedere soccorso? Le cabine telefoniche sono state ormai smantellate e dove ancora esiste un telefono pubblico, quasi sicuramente non funziona piu’.

  • Intendi partecipare al test di massa dei tamponi in Alto Adige? Senza cellulare non verrai a sapere in tempo utile se sei positivo o negativo al SARS-CoV-2. Certo, puoi far inviare il responso al tuo medico, ma probabilmente saprai qualcosa solo quando hai già infettato la tua comunità.

  • Sei appena diventato maggiorenne e vuoi ottenere il bonus di 500 euro per gli acquisti di musica, libri, informatica? Se non hai uno smartphone, puoi lasciar perdere.

  • La lotteria degli scontrini? Cosa credi di fare senza smartphone? Qui hai a che fare col Ministero delle Finanze, e figurati cone si comportano i privati che organizzano un concorso a premi. Ti ricordi della tortina d’oro della Loacker? Erano forse gli inizi: senza cellulare non partecipi e men che meno vinci.

  • Stai programmando una vacanza in Sardegna? Senza cellulare ci puoi arrivare forse solo in aereo, perché per il traghetto è indispensabile un numero di cellulare (e guardati dal pensare di darne uno falso!).

E così via, in un crescendo di “partecipazione” sociale e vita lavorativa condizionate con marginali eccezioni dal possesso di un numero di smartphone, che nel frattempo comincia ad essere usato anche come identificativo personale. Un sistema come questo, una volta instaurato, è troppo capillare per non insinuarsi fin nelle più intime pieghe della vita di ciascuno.

In Germania un’associazione riconosciuta di “Medici per la libertà di scelta individuale di vaccinazione” (https://www.individuelle-impfentscheidung.de/pdfs/Positionspapier_COVID19_aktuell.pdf) ha pubblicato una presa di posizione in cui sottolineano la distinzione fra i due modi di obbligare le persone a fare (anche) quello che non vorrebbero fare. In questi mesi di “Prima Pandemia dichiarata” della storia, certi mezzi finanziari dei Paesi europei hanno cominciato a confluire senza avarizia verso le casse di certe aziende produttrici di vaccini. In politica al momento spunta a intermittenza la domanda: obbligare o non obbligare la gente a vaccinarsi? Obbligare tutti o solo una parte?

Oppure iniziare col non obbligare, temporeggiare un po’ e contare sulla persuasione, come ha ribadito il Ministro della Salute? Come ha dichiarato il Ministro, si può avere fede nella capacità “degl’italiani” di persuadersi da soli a farlo. Inoltre, aggiungiamo, l’obbligo indiretto è già stato ampiamente testato come mezzo di raggiungimento di coperture totali, con risultati pari alle aspettative

Qui alcuni esempi persuasivi, appunto, di come si potrebbe ottenere il risultato di copertura totale con meno dispendio di coercizione possibile: patentino richiesto per viaggi su aerei o navi, permanenze in alberghi e pensioni, ostelli; ricoveri in ospedali, cliniche, RSA, attività lavorative a contatto con persone, con alimenti, con animali; attività di volontariato… La lista può allungarsi molto e la si potrebbe desumere anche dalla mozione Gelmini-Mandelli presentata in Parlamento nel maggio 2020 per introdurre l’obbligo di vaccinazione antiinfluenzale. (Per inciso: può darsi che sia stata sufficiente già la mozione, ancorché respinta, a far evitare l’ondata influenzale che ci colpiva di solito in autunno, poiché quest’anno l’influenza comune non si è vista, e speriamo non si veda più.) Il semplice espediente del patentino di vaccinazione (o anche passaporto sanitario) è certo più elegante, chic e gratificante di un grezzo obbligo diretto, con scene di poliziotti che trascinano in carcere o tribunale le sventurate pecore nere.

Quindi se l’obbligo diretto, ossia di diritto, può non piacere alla politica, c’è sempre la possibilità di attuare l’obbligo indiretto, quello di fatto. Con lo smartphone è stato (di) fatto. E qualora venisse introdotto il patentino di vaccinazione, il mezzo per esibirlo non sarà certo un vecchio e obsoleto pezzo di carta, o di plastica, come tutti possiamo ben immaginare. Sarà invece una protesi digitale senza cavi, garanzia di eternità e ubiquità. Sarà la potenza dell’obbligo indiretto elevato al quadrato.

A.S., novembre 2020

FONTE http://www.buergerwelle.it/

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