Di Maria Heibel (Nogeoingegneria)
Trump ha iniziato il suo secondo mandato prendendo di mira la Groenlandia, il Canale di Panama e persino il Canada e rinominando il Golfo del Messico in Golfo d’America. Un vecchio sogno, già espresso nel 1942 sotto forma di mappa geografica, sembra realizzarsi.
Era chiaro ormai da tempo che l’Artico sarebbe stato il prossimo campo di battaglia. L’ARTICO SENZA GHIACCI È IL NUOVO ELDORADO DELLE SUPERPOTENZE
Gli Stati Uniti, seguendo la Russia, hanno ridefinito la propria politica per l’Artico e in un documento recentemente pubblicato (2024 Arctic Strategy) si può leggere che “è una regione strategicamente importante per gli Stati Uniti. Washington ha pubblicato le linee guida decennali già nel 2022 avvertendo Mosca e Pechino di un maxi-investimenti in logistica e difesa.
L’enorme quantità di risorse naturali ha scatenato, ovviamente, una vera e propria corsa all’Artico. La Russia è il leader nello sviluppo delle infrastrutture artiche. La riapertura delle basi dell’epoca sovietica era solo uno dei passi verso il controllo effettivo della regione, mentre Rosneft e Gazprom hanno già iniziato le trivellazioni nel Mare di Laptev e nella parte più settentrionale della zona economica esclusiva russa.
Dopo la Russia, anche la Cina sta investendo pesantemente nella regione artica.
Cina si è dichiarata uno stato “quasi artico” e aveva annunciato l’intenzione di costruire una “Via della seta polare” nella regione.
La strategia della Casa Bianca rileva non a caso che la Cina “cerca di aumentare la sua influenza nell’Artico attraverso una serie più ampia di attività economiche, diplomatiche, scientifiche e militari”. “Nell’ultimo decennio, la Repubblica Popolare Cinese ha raddoppiato i propri investimenti, concentrandosi sull’estrazione di minerali critici, ha ampliato le sue attività scientifiche e ha utilizzato questi impegni per condurre ricerche a duplice uso con applicazioni di intelligence o militari nell’Artico”, sostiene la Casa Bianca.
L’Artico è ricco di risorse naturali, in particolare petrolio e gas, ma anche carbone, palladio, nichel, fosfato, bauxite, cobalto, rame, platino e terre rare e il ritiro dei ghiacci comincia a consentire la navigazione della rotta artica, con rilevanti conseguenze geopolitiche.
È difficile credere all’affermazione di Rosalie Bertell secondo cui l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti avrebbero pianificato lo scioglimento delle calotte glaciali 50 anni fa e che ciò sarebbe stato concordato nell’accordo di Vladivostok (VEDI NOTA in seguito). Ma se si guarda agli sforzi decennali per realizzare concretamente questo piano, la cosa è meno sorprendente.
A parte questo, l’interesse strategico degli Stati Uniti è innegabile e lo dimostrano gli impegni assunti in passato, come la base militare situata dopo la seconda guerra mondiale o il tentativo fallito di costruire una centrale nucleare sotterranea negli anni ’60. Le scorie radioattive minacciano oggi l’Artico.
Nel bel mezzo della Guerra Fredda, l’esercito degli Stati Uniti sviluppò un programma per dispiegare segretamente centinaia di Minuteman ICBM, cioè missili balistici intercontinentali in grado di trasportare testate nucleari fino alla distanza di circa 11000 chilometri, in profondità sotto la calotta glaciale della Groenlandia.
La base militare statunitensi più nota nell’Artico è la base aerea di Thule, nel rigido nord-ovest della Groenlandia. Meno nota è l’abbandonato Camp Century, a soli 150 miglia da Thule. Nel 1953 gli Stati Uniti acquistarono il territorio necessario per la base dal governo danese, gli Inuit che risiedevano in quell’area furono indotti dal governo danese a trasferirsi. Vedi qui
La base aerea di Thule comunque è stata rinominata nel 2023 per riflettere meglio il suo ruolo nella Forza Spaziale degli Stati Uniti, l’installazione è ora nota come Pituffik Space Base, Base spaziale di Pituffik.
Camp Century invece è stato inaugurato nel 1960 in modo abbastanza ufficiale.
L’esercito statunitense aveva pubblicato un breve documentario che illustrava le tecniche di costruzione utilizzate per realizzare il campo. Almeno pubblicamente, il campo doveva essere utilizzato per condurre ricerche scientifiche nell’Artico.
In realtà, Camp Century era la copertura di un progetto di armamento top-secret. Il governo danese era contrario a ospitare armi nucleari sul proprio territorio e quindi non fu informato del vero scopo di Camp Century.
In base alle conoscenze ricavate da Camp Century, il Progetto Iceworm doveva essere costruito su scala massiccia. Iceworm sarebbe stato il più grande sito di lancio di missili intercontinentali al mondo. Se pienamente realizzato, il complesso di gallerie del Progetto Iceworm avrebbe dovuto coprire circa 53.000 miglia quadrate e impiegare ben 11.000 militari. Per dare una idea della grandezza, la Danimarca, il Paese “ospitante” occupa un’area totale di 42.943,9 chilometri quadrati. Qui un articolo di approfondimento.
La portata di questa dimostrazione di forza illustra la serietà con cui gli Stati Uniti hanno perseguito l’opzione di distruggere l’Unione Sovietica, come si evince anche dai documenti presentati in questo articolo presentati in questo articolo.
Scrive Michel Chossudovsky: Numerosi piani di guerra nucleare degli Stati Uniti sono stati formulati fin dall’inizio, fino allo “Strategic Air Command SAC Atomic Weapons Requirements Study” del 1956 (declassificato nel dicembre 2015), che consisteva nel colpire 1200 aree urbane in Unione Sovietica, Europa orientale e Cina.
VEDI ANCHE QUI.
NOTA
Il punto più sconcertante tra i dati riportati di Rosalie Bertell nel suo libro PIANETA TERRA L’ULTIMA ARMA DI GUERRA, pubblicato in versione italiana nel 2018, riguarda gli artici e lo scioglimento dei ghiacciai, causato secondo le voci ufficali dal ‘riscaldamento climatico’.
Secondo Bertell, i ghiacci dell’Artico non si starebbero sciogliendo a causa del Gobal Warming ( Bertell non nega l’AGW). A tale riguardo la scienziata cita un ‘accordo tra USA e URSS del 1974′. “Nell’ambito degli Accordi di Vladivostock, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica presero la decisione congiunta di sciogliere la calotta polare artica. Non si trattava di un accordo bilaterale registrato dell’ONU, perciò non divenne mai accessibile a coloro i quali – più tardi – furono messi in allarme dal rapido scioglimento dei ghiacci e delle nevi polari… Per il pubblico, lo scioglimento della calotta polare artica è diventato un segnale forte e inquietante del cambiamento climatico…! A causa del segreto militare la gente è stata indotta a pensare che il controllo industriale delle emissioni di CO2 riporterebbe tutto a posto nell’Artico!”
Questi accordi del ‘Vladivostock Agreement’ dovrebbero essere contenuti nel ‘Joint US-Soviet Statement of 24 November 1974′ il quale così spiega: “The two Sides emphasized the special importance accorded by them to the development on a long-term basis of commercial and economic cooperation, including mutually beneficial large-scale projects.”( Le due parti sottolineano la particolare importanza, da loro accordata, dello sviluppo a lungo termine della cooperazione commerciale ed economica, compresi i progetti su larga scala reciprocamente vantaggiosi)
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