Carta di Laura Canali

 

Una carta a colori dal numero Limes 12/19 dedicato alla superpotenza America contro tutti

di Laura Canali

 

La carta illustra le principali basi militari dell’impero americano nelle aree più strategiche del pianeta.

Unendole si ottiene una linea che, come collana di perle, illustra la strategia geopolitica degli Stati Uniti. Ossia impedire l’emersione di rivali assumendo una postura militare avanzata che impedisca agli avversari di uscire di casa.

Per l’egemone talassocratico, la grammatica strategica prevede che il cuore del contenimento sia l’Eurasia. Qui emergono quattro antagonisti. In ordine d’importanza decrescente: Cina, Russia, Corea del Nord e Iran (in viola nella carta). Secondo il punto di vista americano, solo la massa bicontinentale può dar vita a un rivale o a un asse di potenze in grado di sfidare l’impero marittimo a stelle e strisce. Con il rischio che la stessa pressione esercitata dagli Usa dia luogo ad alleanze altrimenti impensabili, come quella fra Mosca e Pechino.

Osservando la collana di perle da est verso ovest, troviamo Guam, nell’arcipelago delle Marianne: a più di 3 mila miglia dalle Hawaii, 1.300 da Yokohama in Giappone e 1.800 da Hong Kong, è la punta di lancia della proiezione americana in Asia. Seguono il Giappone, primo paese per presenza di militari americani al mondo (55 mila soldati e sede della VII Flotta a Yokosuka) e la Corea del Sud, che ospita la più grande base americana all’estero: Camp Humphreys, con i suoi 28 mila soldati.

Percorrendo il Mar Cinese Meridionale giungiamo a Singapore, snodo tra gli oceani Indiano e Pacifico, centrale per i traffici marittimi dall’Estremo Oriente a Suez. Poi si fa tappa a Guam, dunque a Gibuti, posta a guardia di un altro stretto strategico, Bab el-Mandeb, dove gli americani condividono la presenza con molte altre potenze

Risalendo il Golfo Persico rilevano il Qatar, sede del quartier generale informale del Comando per il Medio Oriente (Centcom), la sede della V Flotta a Manama in Bahrein e i 16 mila soldati delle basi di Camp Buehring, Camp Arifjan e Camp Patriot in Kuwait. Solcato il Mediterraneo vi sono poi le installazioni Nato in Turchia – alleato sempre meno affidabile – di Kürecik, stazione radar per lo scudo antimissile, e la base aerea di İncirlik che ospita circa 50 testate nucleari.

Infine l’Europa, con Aviano e Sigonella in Italia per la proiezione verso Africa e Medio Oriente; la Germania, perno e osservato speciale dell’impero europeo dell’America e secondo paese per presenza americana al mondo (35 mila soldati di stanza); il Regno Unito, snodo per l’aviazione; la Groenlandia con la base di Thule per le comunicazioni planetarie e il controllo missilistico dell’Artico. 

La collana di perle non esaurisce nel complesso la presenza militare americana nel mondo, ma raccoglie snodi strategici percepiti dagli Stati Uniti come insostituibili proprio perché strumento di contenimento degli avversari considerati in grado di sfidarla. Mostra quanto l’America sia estroflessa, pur volendo nascondere a sé stessa la propria natura imperiale

Della strategia delle basi si è occupato Federico Petroni nel numero 12/19 “America contro tutti“.

In geopolitica, non esiste niente di più americano delle basi militari degli Stati Uniti all’estero. 

Compongono una rete immensa e innumerata, ai quattro angoli del pianeta, dal Giappone all’Honduras, dalle sabbie arabiche ai ghiacci groenlandesi, dai verdi colli di Baviera e Palatinato al ceruleo atollo di Wake.

Sono indeterminate come indeterminato è il limite geografico del primato a stelle e strisce – coincidente con il mondo stesso, in attesa del cosmo. Ripropongono il mito della frontiera, catapultata in Eurasia dopo aver soggiogato Nordamerica e Oceano Pacifico. Riproducono al loro interno il canone culturale dominante in patria, Americhe in miniatura.

Sono risultato e insieme premessa del dominio sui mari. S’impongono sulle genti straniere, ricordando la violenza insita in qualunque progetto di potere globale.

Costringono gli stessi americani, popolo bellicoso ma altrimenti poco curioso, a stare nel mondo, nell’impossibilità di staccarsene. Contro ogni altra aspirazione. Anche le più razionali, come ridurre le sfide da affrontare. O le più umane, come ritirarsi a vita privata. 

Soprattutto, le basi sono l’espressione più manifesta della natura imperiale del primato degli Stati Uniti.

Continua a leggere: Le basi dell’impero

FONTE https://www.limesonline.com/carta-basi-militari-americane-mondo-collana-di-perle/116197

ALLORA BIDEN, PENSI ANCORA CHE LA FAGLIA DELL’ANATOLIA ORIENTALE SIA UN LUOGO SICURO PER DEPOSITARE 50 ARMI NUCLEARI?

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