Ghost in the Shell, tratto dal famoso manga scritto e illustrato da Masamune Shirow, (pubblicato per la prima volta nel 1989) arriva al cinema con Scarlet Johansson nei panni del Maggiore. Il difficile compito di portare in vita un personaggio nato da un altro media non è facile e a dimostrarcelo ci pensano i videogame (vedi Assansin’s Creed). “
Rendere felici i fan che si sono appassionati alla storia e hanno seguito le avventure di un personaggio, aggiungendo un nuovo appeal per i nuovi spettatori, è certo un compito arduo. Hollywood risponde spesso con storie troppo intricate o copiando scena per scena la storia già vista, senza aggiungere nulla di nuovo.
Ghost in the Shell si presenta come la storia già vista nel manga – e successivamente nell’anime – spostando la storia quel tanto che basta per poter essere interessante per il vecchio e il nuovo pubblico, senza strafare. E’ uno stand alone che possono guardare tutti, ma appassionare nessuno.
DALL’ANIME AL LIVE ACTION
Tra vecchie conoscenze e deviazioni di trama, il film si propone come un mix perfetto per vecchi e nuovi spettatori.
Il Maggiore è il soldato perfetto: una mente umana impiantata in un corpo completamente cibernetico. Nel mondo a noi presentato buona parte dell’umanità ha almeno un impianto cibernetico. Tutte le tecnologia impiantante nei corpi sono collegate a un network che permette trasforma gli hacker in terroristi temibili.
Mira Killian è il primo risultato di successo dell’impianto di un Ghost (mente) in uno Shell cibernetico. Un soldato, fisicamente invulnerabile, nata come una ragazza vittima di un attentato che grazie alle cure della Hanka Robotics e della dottoressa Ouelet (Juliette Binoche) sopravvive.
Parte della Sezione 9 guidata dal saggio Daisuke Aramaki (Takeshi Kitano), il Maggiore e la sua squadra si occupano delle minacce terroristiche.
Fin qui si ricorda bene la storia del manga, proponendo una Scarlet Johansson che non solo combatte corpo a corpo ma è anche abile con la pistola. Diciamolo: vederla mentre mena le mani è sempre un piacere, anche con movenze vagamente robotiche che forse sono troppo marcate.
IL GHOST TI RENDE UMANO?
Il fascino di Major è tutto nella sua mente. Sapendo di essere invulnerabile fisicamente, la ragazza è dedita all’azione. Avventata si lancia nella mischia senza rinforzi e lo si nota sia da subito, quando si lancia dal tetto di un grattacelo nella coloratissima Tokyo (la scena è ripresa dall’anime).
Una badass alla ricerca delle emozioni umane.
Chi dice che le emozioni nascono da cuore non si riferisce certo all’organo, e in questo caso neanche nella mente. L’insensibilità fisica del Maggiore le ha portato via anche gran parte delle emozioni. Mentre lei si interroga su cose di ordinaria quotidianità scopriamo che la ragazza ha solo frammenti di ricordi e che non ha alcun sentore del proprio passato. Le uniche relazioni umani a cui si interessa sono quelle con il boss Daisuke, la dottoressa Ouelet e il suo braccio destro Batou (Pilou Asbæk).
Particolarmente interessante è il suo affetto per la Dottoressa che in un modo impuro la tratta come una figlia. Un esperimento riuscito per Ouelet a cui si è particolarmente affezionata, mentre per Mira è la persona a cui parlare dei propri dubbi sulla sua umanità.
L’unico che riesce a farla sentire meno sola è Batou, eletto miglior personaggio del film che la tratta come essere umano in tutto e per tutto, con una cura che rasenta l’amore romantico. Lei reagisce a modo suo, distaccata ma piena di fiducia che lui arrivi a darle una mano.
In una perenne ricerca nel capire il confine tra cibernetico e umanità, il Maggiore porta a galla il grande dramma della dipendenza tecnologia e come questa cambi il nostro essere nella società. Nella sua situazione specifica, Mira cerca di colmare un vuoto sentimentale che non comprende a pieno e che la fa sentire incredibilmente sola.
IL VECCHIO MITO DEL VILLAIN DUALE – LA SIMILITUDINE CON V PER VENDETTA
Per un personaggio alla ricerca della propria identità e del proprio passato, abbiamo anche un villain solo nominale e uno reale, ben nascosto nella tessitura della trama. Peccato che sia tutto un già visto.
La buona vecchia strutture del cattivo-non-così-cattivo. Già visto in Star Trek Into Darkness, il villain urlato di questo film è Kuze (Michael Pitt).
Un personaggio i cui intenti sono mostrati sono mostrati troppo in fretta per non esserci un villain nascosto nell’ombra. Bene, Kuze uccide le persone collegate alla Hanka Robotics, come prima di lui fece V per Vendetta. Il personaggio di Pitt spunta la sua lista da persone da uccidere senza mai guardarsi indietro.
Il confronto tra Kuze e il Maggiore è affascinante e pieno di solitudine nella condivisione dello stato in cui i corpi in cui abitano non sono i loro.
GHOST IN THE SHELL È IL FILM IN CUI TUTTI SI POSSONO RIVEDERE
Solitudine, tecnologia, vendetta, i temi di Ghost in the Shell sono tutti condivisibili.
La trama non è originale, ma la storia originale è così complessa che spiegarla a chi non ne ha mai sentito parlare sarebbe stato difficile. La forza del film è il tenere tutta la spiegazione chiara e semplice. Un punto a favore per la chiarezza del film che in questo caso è indispensabile. Per i fan dell’anime ci sarà un po’ di delusione e uno shock nel vedere Major in carne e ossa. Forse la presenza di scene tratte dall’animepuò aver aiutato i fan a rientrare nell’atmosfera della serie originale.
La regia e gli effetti speciali sono ottimi, nel seguire le scene d’azione nella coloratissima Tokyo che qui si presenta completamente diversa da quella di oggi. Rupert Sanders si toglie di dosso quel flop epico che fu Biancaneve e il Cacciatore per un film decisamente più di spessore, dimostrando che il suo talento registico supera gli scandali con le attrici, per un buon uso la macchina da presa.
Il cast entra nella parte a perfezione. Scarlet Johansson fa l’eccellente lavoro a cui ci ha abituati, calcando un po’ troppo la postura da robot del Maggiore, ma che possiamo scusare quando la vediamo in azione. Grande rivelazione anche Pilou Asbæk, che interpreta un ottimo Batou.
Formalmente al film non troviamo grossi difetti se non quello di non coinvolgere troppo emotivamente. I compiti a casa sono stati fatti da 10 e lode. Lo sforzo di un coinvolgimento si vede ma non attecchisce, dimostrando che Ghost in the Shell è un ottimo film per avvicinare vecchi e nuovi fan della serie, senza però far innamorare nessuno al film.
Riassunto
Un film piacevole per gli appassionati del manga da cui è tratto, senza lasciare spaesati coloro che non hanno mai conosciuto la storia del Maggiore.
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Al momento queste tecnologie non esistono in forme davvero concrete”. Così puntualizza uno dei maggiori esperti italiani di intelligenza artificiale, Giorgio Metta, direttore della ricerca all’IIT commentando l’appello all’Onu di Musk e altri 116 ”big” contro l’uso dei robot nelle trincee. “Però i progressi nei sistemi robotici sono stati notevoli, anche se bisogna fare dei distinguo. Se si parla di un robot-soldato umanoide, allora oggi la tecnologia è davvero immatura”. ( vedi qui )
Cosa di concreto già esiste è difficile da valutare. Esperimenti come questi fanno pensare che la realtà oltrepassi le nostre fantasie.
Un film uscito quest’anno tratta l’argomento. Atteso e oggetto di tantissime polemiche, Ghost in The Shell è un film che ha diviso il pubblico. Lo abbiamo trovato interessante e scelto due recensioni.
Un mondo del futuro dove il confine tra uomo e macchina (e pensiero umano e AI) è sempre più sfumato, ed è possibile hackerare la mente delle persone per prenderne il controllo? Nel 1989, anno in cui Shirow Masamune ha iniziato a pubblicare in Giappone il suo manga di culto Ghost in the Shell, era un’idea inquietante, eccitante, inverosimile – e la versione animata del 1996 di Mamoru Oshii ha cementato anche in Occidente lo status di culto di questa saga. Ma nel 2017, con automobili che quasi si guidano da sole, protesi che quasi replicano gli arti umani, e intelligenze artificiali come Google DeepMind che quasi si avvicinano alla complessità del cervello umano, le visioni di Ghost in the Shell potrebbero sembrare roba superata.
Eppure questa versione live-action diretta da Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore), con protagonista Scarlett Johansson – larga parte dell’aspettativa rispetto al film sta in quella tuta aderente color carne in cui appare inguainata nei trailer – funziona nonostante tutto ciò che abbiamo visto nel frattempo. Molto potente a livello visivo, Ghost in the Shell è chiaramente indebitato a pietre miliari sci-fi come Blade Runner, Il quinto elemento o Matrix, aggiornati ai progressi della CGI e all’evoluzione delle metropoli – il film alterna skyline sovrastate da giganteschi ologrammi pubblicitari al neon, con scorci di urbanizzazioni ad alveare realmente esistenti girati a Hong Kong e Shanghai. È un mondo scintillante solo in apparenza, ma lercio e cadente sotto i grattacieli delle élite. Il film attira lo spettatore con caleidoscopici panorami digitali, ma sono i dettagli più crudi e realistici ad affascinare di più. Recensione integrale qui
Ghost In The Shell
By Lisa Nieri