Guardate nel profondo della natura, e allora capirete meglio tutto.
(Albert Einstein)

Vent’ anni fa in Cina c’erano 50mila corsi d’acqua, ognuno che copriva un’area di circa 100 mila kmq. Oggi, secondo il primo censimento nazionale delle acque  il numero dei fiumi si è pressoché dimezzato. I funzionari imputano questo risultato ai cambiamenti climatici, senza però metterlo in relazione all’ azione umana. Un colossale progetto ecologico fu lanciato nel 1978 che prevede la riforestazione del 15 per cento del territorio cinese entro il 2050 .

 

Muraglia verde blocca le tempeste di sabbia (1994)

“Il grande muro verde ” formato da 300 milioni di piante limita i danni della sabbia portata dal vento

Nella Cina settentrionale un grande intervento ai limiti del deserto di Gobi sta dando i risultati sperati TITOLO: Muraglia verde blocca le tempeste di sabbia Formata da 300 milioni di piante limita i danni portati dal vento – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – Sono molti i tentativi che l’ uomo ha fatto per indirizzare il corso della natura secondo le proprie esigenze, ma quasi sempre i risultati sono stati negativi. Tuttavia c’ e’ un mastodontico programma in corso denominato “Il Grande Muro Verde”, perche’ prevede l’ insediamento di milioni e milioni di piante d’ alto fusto, che sta apportando modifiche ambientali con risultati positivi. Si tratta del progetto cinese, partito negli anni Cinquanta e ancora in fase di realizzazione, che ha lo scopo di ridurre le tempeste di sabbia provenienti dal deserto di Gobi; tempeste che riducevano di molto o addirittura annientavano la fertilita’ dei campi di vasti territori della Cina. Il deserto di Gobi e’ uno dei territori piu’ aridi del mondo. Le precipitazioni annuali sono notevolmente inferiori ai 200 millimetri e in inverno le temperature scendono di molto sotto zero. Quando le correnti d’ aria artiche provenienti della Siberia passano al di sopra di esso il vento alza nuvole di polvere alte fino a 6 chilometri che vengono trasportate per migliaia di chilometri sino a raggiungere l’ Oceano Pacifico o addirittura le isole Hawaii e l’ Alaska. Va ricordato che la principale sorgente di polvere dispersa nell’ atmosfera terrestre proviene dalle regioni aride o semiaride che ricoprono circa il 36 per cento della superficie solida della Terra e che sono in aumento anche per cause antropiche. La crescita della polvere puo’ avere un effetto negativo sulla salute degli animali, sulla trasparenza dell’ aria e sulla qualita’ dei suoli utilizzati per l’ agricoltura. Ora, per far fronte ad un incremento preoccupante della quantita’ di polvere che giungeva su vasti territori agricoli della Cina proprio dal deserto di Gobi, il governo fece partire una massiccia forestazione gia’ dal 1950 nel territorio compreso tra il nord della Cina e la parte meridionale del deserto stesso. A tutt’ oggi sono stati oltre 300 milioni gli alberi piantati, di cui l’ 80 per cento e’ sopravvissuto e cresce rigogliosamente. Dal 1955 ad oggi le principali stazioni meteorologiche del Paese hanno tenuto sotto controllo sia la quantita’ di sabbia che giungeva dal deserto, sia il numero di tempeste di sabbia che si originavano annualmente. I dati danno ragione allo sforzo sinora fatto. A Beijing, 550 chilometri a sud di Gobi, nel 1950 si avevano dalle dieci alle venti tempeste all’ anno per una durata di trenta novanta ore. Negli anni Settanta erano scese a cinque, per un totale di nove dieci ore, nel 1990 le tempeste erano un fenomeno raro. Dati altrettanto confortanti provengono anche da altre stazioni meteo. Vi e’ tuttavia un dato che deve essere ancora valutato approfonditamente. Le particelle di polvere permettevano una piu’ facile aggregazione del vapore acqueo nell’ atmosfera, che dava origine a gran parte delle piogge asiatiche. Una diminuzione della quantita’ di polvere dispersa nell’ atmosfera avrebbe potuto far diminuire tale piovosita’ , ma secondo i ricercatori cinesi un aumento del vapore acqueo, come conseguenza della traspirazione delle piante, avrebbe potuto pareggiare i conti. Per il momento i dati delle precipitazioni danno ragione a quest’ ultima ipotesi.

Bignami Luigi

Pagina 34 (18 settembre 1994) – Corriere della Sera

FONTE 

 

VENT’ANNI DOPO

CLIMA: a Pechino continua la battaglia contro il deserto (2015)

Miliardi di Euro per fermare l’avanzata del deserto dei Gobi su Pechino: il progetto si concluderà nel 2050 ma i risultati non sono confortanti.


Le dune avanzano ogni anno di 15-20 metri verso sud e la loro progressione è aumentata
, così Pechino è minacciata dal deserto, e il governo ha progettato un puzzle di aiuole verdi, composte da zolle d’erba come quelle che si vedono negli stadi.

Insieme ad ogni zolla ci ha piantato un alberello, per contrastare l’avanzata del deserto dei Gobi; il progetto è di arrivare a piantare milioni di alberi, forse 200-300 mila, con il sindaco che ha invitato ad acquistare un albero per ogni abitante.
Si tratta del più colossale progetto di rimboschimento nella storia, un progetto partito nel 1978 per fermare l’avanzata del deserto dei Gobi.

Anni di siccità e la cementificazione selvaggia hanno strizzato l’occhio al deserto. La grande muraglia verde, così come è stata ribattezzata, resisterebbe grazie alla deviazione del corso di molti fiumi. Il rimboschimento è partito dall’area nord-ovest della città, poco distante dal confine mongolo.  

Una foresta di oltre 200kmq dovrà proteggere la città dall’intrusione della sabbia durante le fasi di vento da nord, situazioni ventose che negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente sulla città, determinando anche pesanti danni al patrimonio agricolo, che si è ridotto considerevolmente, mandando in rovina i contadini.
L’esperimento è nobile, ma bisognerebbe riflettere sull’incidenza della cementificazione sul problema siccità, che comunque ha radici nel naturale cambiamento del clima.

Il progetto coinvolge 13 province: Heilongjiang, Jilin, Liaoning, Hebei, Shanxi, Shaanxi, Gansu, Qinghai; le regioni autonome della Mongolia Interna, del Ningxia e dello Xinjiang più le municipalità di Tianjin e Pechino. Il tutto per un’area pari al 42,39% del Paese.

In Cina le aree aride e semi-aride costituiscono oltre il 40% del suo territorio. Ogni anno il deserto dei Gobi con le sue tempeste di sabbia si fa via via più aggressivo. Del resto il disboscamento selvaggio verificatosi negli anni 60 e 70, l’inquinamento, lo sfruttamento esasperato dei terreni ha portato a queste conseguenze.
Dal 1978 a oggi ben 66 miliardi di alberi sono stati piantati e il bosco è aumentato del 12%.Il progetto terminerà nel 2050, con la big forest pronta ad occupare ben il 42% del territorio nazionale, un grande beneficio non solo per la Cina ma anche per il mondo intero.
Bisogna accelerare però, perchè 
il tasso di desertificazione è aumentato dalle 602 miglia quadrate del periodo del 79 alle 1327 del 2000 e solo negli ultimissimi anni ha cominciato a rallentare.

L’area forestale artificiale è già diventata la più grande al mondo, però circa 15.000 alberi su 60.000 piantati sono morti e le tempeste ricorrenti continuano a mietere vittime tra le piante.

Nella contea di Minqin, nel nord-ovest, si registra la situazione più grave, con il 95% del suolo che si è desertificato. Anche qui ha pesato per l’impianto degli alberi c’è stato il classico business e non è mancata la solita corruzione.

In ogni caso la vera preoccupazione è la sterilità dei terreni sui quali si vanno innestando gli alberi, un problema che potrebbe far fallire tutto il progetto, anche perchè bisogna sapere che un albero nato da una talea ha in media una sopravvivenza di non oltre 10 anni.

Anche Stalin in Russia, nel 1948, avviò un progetto simile per rinverdire le steppe: fu un totale fallimento.  FONTE 

Il famoso Piano di Stalin per la ‘Trasformazione della natura’ (1948) prevedeva tra l’altro di trasformare in foresta zone semidesertlche.

 

Nonostante questo mostruoso sforzo, secondo uno studio dell Chinese Academy of Forestry, il ‘muro’ è destinato a fallire. L’aspettativa di vita di un albero è di 40 anni e la monocultura indebolisce il suolo rendendo gli alberi vulnerabili alle malattie. Nel 2000, nella regione autonoma dello Nigxia, un miliardo di pioppi sono stati spazzati via da un parassita dopo due decenni di inutili sforzi di prevenzione. Per Jiang Hog della University of Hawaii si tratta di un abbinamento ecologico sbagliato. Gli alberi sembrano non avere successo nel terreno arido.  

Le piante non sono stupide. Un edera non va ad avvinghiarsi a un cactus. 

Nel 2012 la Banca Mondiale presta 80 milioni di dollari alla Cina per piantare flora del luogo, piuttosto che foresta d’ alto fusto. 

Anche altrove avanzano i ‘muri verdi’.  

VEDI

La sfida al deserto del Gobi

 

 

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