Neve nera al polo nord
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Articolo NoGeoingegneria
Se da una parte oggi ci si preoccupa per il cambiamento climatico e in particolar modo per lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico, dall’altra si sta realizzando il sogno covato da molti per lungo tempo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state avanzate proposte di fusione delle calotte polari da figure ben note, tra cui il primo direttore generale dell’UNESCO Julian Huxley nel 1946 oppure di un alto funzionario presso il US Weather Bureau, l’ingegnere petrolifero russo Petr Mikhailovich Borisov.
Varie conferenze scientifiche hanno esaminato i vantaggi delle manipolazioni, mentre le società minerarie ed energetiche contemplavano l’uso di esplosioni nucleari per l’estrazione di carbone e petrolio. Borisov considerava utili gli effetti della fusione della calotta artica ed è stato preso sul serio dai climatologi sovietici. Una proposta di Borisov per fondere le calotte polari dell’Artico e della Groenlandia era la diffusione di polvere di carbone sul ghiaccio (1).
L’idea di sciogliere la calotta polare artica risale al 1877 quando il geologo Nathaniel Shaler di Harvard propose di incanalare la corrente calda Kuroshio nello stretto di Bering.
Nel 1912 fu Carroll Livingston Riker ad immaginare di cambiare il clima di tutta la costa atlantica del Nord America, riscaldando il cuore artico.
Nel 1929 fu Hermann Oberth, tedesco-ungherese fisico e ingegnere, a sognare specchi giganti da installare su una stazione spaziale per intensificare le radiazioni del Sole sulla superficie terrestre e liberare il mare del Nord dai ghiacci, per renderlo navigabile.
Nel 1946 fu Julian Huxley, capo dell’UNESCO, a proporre di usare armi nucleari per spezzare la calotta polare artica.
Nel 1958 fantasticavano l’ingegnere sovietico e matematico M. Gorodsky e Valentin Cherenkov, meteorologo sovietico, di immettere un anello di particelle metalliche di potassio nell’orbita polare della Terra per diffondere luce che raggiungendo la Terra aumenti la radiazione solare e scongeli il suolo permanentemente ghiacciato di Russia, Canada e Alaska.
Pyotr M. Borisov elencò nella sua pubblicazione del 1968 “Can we control the Artic Climate?” varie proposte per la fusione della calotta polare artica.
Copertura di grandi aree dell’Artico con polveri scuri come la polvere di carbone (G. Veksler, 1959)
Creazione di una copertura nuvolosa sopra il bacino artico centrale (D. Fletcher, 1958)
Coprire la superficie dell’acqua con una pellicola monomolecolare (M. Budyko, 1962)
Installazioni per dirigere l’acqua più calda dell’Atlantico nel Mare di Kara (VP P’yankov, 1965)
Pompando acqua fredda artica nel Pacifico ad attingere acqua calda dell’Atlantico nella regione artica Basin (PM Borisov, c. 1968)
Pyotr Borisov suggerì di costruire una diga sullo Stretto di Bering per pompare acqua calda in direzione nord e inviarla a riscaldare Siberia e Canada (e quindi la calotta polare si sarebbe sciolta). VEDI ARTICOLO
Immagine: Jack Cook, Woods Hole Oceanographic Institute (*)
Petr Mikhailovich Borisov non era considerato uno scienziato pazzo. Il suo lavoro è stato di grande interesse per il governo sovietico, che stava già finanziando una vasta gamma di ricerche con l’intento di riscaldare l’Artico e tutto questo per un motivo semplice: la Russia ha larghe aree molto fredde. Circa il 63 per cento della Russia è coperta da permafrost, considerato un ostacolo significativo per lo sviluppo della Siberia.
L’Unione Sovietica ha dovuto spendere una quantità enorme di denaro nella lotta contro il ghiaccio. Sfruttare le vaste riserve di petrolio dell’Artico e della Siberia è stato fondamentale per la sua economia e lo è oggi per la Russia
Verso la fine degli anni ’50, nel periodo in cui Borisov ha proposto la sua diga, l’Unione Sovietica ha lanciato la NS Lenin, il primo rompighiaccio a propulsione nucleare e la prima nave civile a propulsione nucleare, seguì un balzo in avanti che portò alla creazione della più grande flotta di rompighiaccio nucleari.
L’uso dell’energia atomica di per sé fertilizzò le menti di molti e non solo dei russi.
Nella regione artica ebbero luogo numerose esplosioni nucleari. Uno dei più grandi impianti militari per test nucleari era sull’isola di Novaja Zemlja, dove dal 1955 al 1990 l’Unione Sovietica ha fatto esplodere 88 bombe in atmosfera, 29 sottoterra, e 3 sott’acqua. Nell’Artico russo , dove le bombe nucleari sono state utilizzate alla fine del 1980 per studi sismici, minerali, e nel tentativo di spegnere incendi di qualche giacimento di petrolio, si sono verificate decine di esplosioni nucleari civili e pacifiche (Fonte).
Ricordiamo anche il progetto Plowshare che prevedeva di usare bombe atomiche per scavare porti e canali in Alaska.
Per tornare a Borisov e le sue idee, il ghiaccio artico, una volta sciolto, doveva riflettere molto meno la radiazione solare nello spazio e quindi la calotta glaciale artica non si sarebbe riformata. Un oceano artico libero dai ghiacci sarebbe diventato un grande vantaggio per il trasporto oceanico, in particolare tra l’Europa e l’Asia orientale. Molte terre nel nord del Canada e la Siberia sarebbero liberate dal permafrost e quindi adatte per l’agricoltura.
Borisov pensò che un ‘Oceano Artico libero dai ghiacci poteva portare ad una maggiore evaporazione dell’acqua e quindi aumentare le precipitazioni in tutto il mondo, compresa la regione del deserto del Sahara e quindi rinverdirlo.
Borisov considerò gli impatti della fusione della calotta polare artica utili per tutti e tutto.
Egli affermò che lo scioglimento della calotta di ghiaccio della Groenlandia aumenterebbe il livello del mare ad una velocità di solo 1,5 a 2 mm all’anno.
Negli anni ‘50 e ’60 i climatologi sovietici impegnarono una quantità notevole di pensieri a come potrebbe essere raggiunto lo scioglimento della calotta polare artica. Nel 1960 si sono tenute due conferenze sul tema a Leningrado, dopo una prima conferenza sul tema convocata nel 1959 a Mosca dal Presidium dell’Accademia delle Scienze dell’URSS .
HARRY WEXLER laureato del MIT e scienziato di spicco in meteorologia ha aggiunto proposte piuttosto dettagliate.
Nel 1962, anno della sua morte, fu invitato a tenere una conferenza intitolata “IL CLIMA DELLA TERRA E LA SUA MODIFICA” allo Space Research and Technology Institute dell’Università del Maryland. Aveva lavorato alle correlazioni fra composti del cloro e del bromo e la DISTRUZIONE DEI LIVELLI STRATOSFERICI DI OZONO.
Quella di Wexler fu l’ultima di una lunga serie di proposte ambiziose per il riscaldamento dell’Artico. Per coincidenza, le sue proposte avvenivano nello stesso momento in cui la National Academy of Sciences stava lavorando al NATIONAL WEATHER MODIFICATION PROGRAM (programma nazionale per la modifica del clima), un ambito nel quale i militari si erano già avventurati fin dal 1958.
Le proposte di Wexler erano le seguenti :
– AUMENTARE LA TEMPERATURA DELLA TERRA DI 1.7°C iniettando una nube di cristalli di ghiaccio nell’atmosfera polare facendo esplodere 10 BOMBE NUCLEARI NELL’OCEANO ARTICO (scritto nel suo articolo “Modifying Weather on a Large Scale”, Science, n.s. 128 Oct. 31, 1958) in Science Magazine. http://www.sciencemag.org/content/128/3331/1059.extract
– DIMINUIRE LA TEMPERATURA DELLA TERRA DI 1.2 C, “lanciando un anello di particelle di polvere intorno all’orbita equatoriale”, una modifica rispetto ad una precedente proposta russa per riscaldare l’Artico (VEDI QUI) .
– DISTRUGGERE LO STRATO DI OZONO E QUINDI AUMENTARE NETTAMENTE LA TEMPERATURA SUPERFICIALE DELLA TERRA, irrorando diverse centinaia di migliaia di tonnellate di cloro e bromo con aerei stratosferici (1). Articolo integrale
Nel 1966 il professore Gordon Mac Donald , allora direttore associato dell’Istituto di Geofisica e Fisica Planetaria della University of California di Los Angeles ipotizzò una possibile modificazione intenzionale delle condizioni climatiche del pianeta attraverso lo scioglimento di enormi superfici di ghiaccio.
Aveva scritto nel suo libro “Unless Peace Comes”: …un meccanismo esiste per modificare catastroficamente il clima della Terra. Il rilascio di energia termica, forse attraverso esplosioni nucleari lungo la base di uno strato di ghiaccio, potrebbe avviare uno scorrimento verso l’esterno della coltre di ghiaccio che sarebbe poi sostenuta dall’energia gravitazionale. Un megaton di energia è sufficiente per fondere circa 100 milioni di tonnellate di ghiaccio. 100 megatoni di energia convertirebbero 0,1 centimetri di ghiaccio in uno strato sottile di acqua esteso a tutta la calotta antartica. Quantità più trascurabili di energia opportunamente posizionate potrebbe indubbiamente avviare il flusso verso l’esterno del ghiaccio. TESTO DEL DOCUMENTO
Nel 1974 Rosalie Bertell scriveva: “Nell’ambito degli Accordi di Vladivostock, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica presero la decisione congiunta di sciogliere la calotta polare artica. Non si tratta di un accordo bilaterale registrato dell’ONU, perciò non divenne mai accessibile a coloro i quali – più tardi – furono messi in allarme dal rapido scioglimento dei ghiacci e delle nevi polari, e dalla situazione degli orsi polari che ne è risultata. Per il pubblico, lo scioglimento della calotta polare artica è diventato un segnale forte e inquietante del cambiamento climatico, talmente forte che negli Stati Uniti ai media è stato richiesto di non parlare mai di orsi polari! A causa del segreto militare la gente è stata indotta a pensare che il controllo industriale delle emissioni di CO2 riporterebbe tutto a posto nell’Artico!” VEDI QUI
RIASSUMENDO
Nel primo decennio del XXI secolo le voci dominanti in ambito climatologia, e non solo, annunciavano che, nel giro di pochi decenni, la calotta polare artica si scioglierà a causa del riscaldamento globale generale. Secondo uno scenario del World Energy Outlook 2014, la domanda di energia primaria mondiale crescerà del 37% nel 2040. Le risorse dell’Artico potrebbero svolgere un ruolo importante nel soddisfare la domanda di risorse energetiche e tale problematica non tocca un solo Stato, ma tutti gli attori globali. VEDI QUI
Che fine ha fatto il buco nell’ozono, il problema ambientale più di moda negli anni ’80 e ’90?
L’opinione pubblica probabilmente se n’è quasi dimenticata. D’altra parte sono passati quasi 30 anni da quando, nel 1987, con il Protocollo di Montreal il mondo decise di fare qualcosa di concreto per limitare i danni allo strato di ozono.
Un recentissimo studio del MIT ci rassicura, il buco nello ozono si sta riducendo. Dal 2000 al 2015 abbiamo “riconquistato” 4 milioni di chilometri quadrati di ozono (circa metà degli Stati Uniti, ci fanno notare).
Niente male se pensiamo che negli anni settanta, quando la comunità scientifica cominciò a prestare attenzione al problema, si ipotizzava addirittura la scomparsa dello strato di ozono intorno al 2050 (3). Oggi si ipotizzano scenari non meno catastrofici.
Come stanno realmente le cose?
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IL MUOS PER IPERMILITARIZZARE E DEPREDARE L’ARTICO
ECCO PER QUALE MOTIVO VOGLIONO FAR SCIOGLIERE I GHIACCI DELL’ARTIDE. IL DIO DENARO AL DI SOPRA DEL PIANETA
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