Secondo James Overland, oceanografo del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), già nel 2020 – e non oltre il 2050 – l’Artico sarà quasi completamente senza ghiaccio e (sempre secondo lui ma non solo) vedremo un accentuarsi dei fenomeni meteorologici estremi. Da una parte sono evidenti i problemi ambientali e climatici connessi con lo scioglimento dei ghiacci, dall’altra notiamo grandi interessi economici e la corsa all’accaparramento delle riserve di petrolio e gas presenti nell’Artico con l’apertura di nuove rotte commerciali.

In questo video si vede chiaramente come l’estensione dei ghiacci stia calando rapidamente, soprattutto nella stagione estiva.

Secondo le fonti ufficiali la causa di questo processo è di origine antropica, ma non intenzionale. Sappiamo però di studi seri indirizzati a provocare il riscaldamento e la conseguente trasformazione del Polo Nord per ‘liberare’ le terre per lo sfruttamento delle risorse energetiche e minerarie.

L’Artico è una regione straordinariamente ricca. Secondo alcune stime, gli idrocarburi situati oltre il Circolo Polare Artico rappresentano un quarto delle riserve mondiali.

Che sia stata l’URSS ad aver voluto sciogliere l’Artico, lo spiega lo storico della scienza e tecnologia James Rodger Fleming nel suo articolo How the USSR Tried to Melt the Arctic, ma l’idea di fondere la calotta polare artica risale almeno al 1870, quando il geologo Nathaniel Shaler aveva suggerito la canalizzazione della corrente più calda Kuroshio attraverso lo stretto di Bering.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state avanzate proposte di fusione delle calotte polari da figure ben note, tra cui il primo direttore generale dell’UNESCO (Julian Huxley nel 1946) e un alto funzionario presso il US Weather Bureau, l’ingegnere petrolifero russo Petr Mikhailovich Borisov. Varie conferenze scientifiche hanno esaminato i vantaggi delle manipolazioni, mentre le società minerarie ed energetiche contemplavano l’uso di esplosioni nucleari per l’estrazione di carbone e petrolio. Borisov considerava utili gli effetti della fusione della calotta artica ed è stato preso sul serio dai climatologi sovietici. La  proposta di Borisov per fondere le  calotte polari dell’Artico e della Groenlandia era la diffusione di  polvere nera di carbone sul ghiaccio (Neve nera al polo nord).

E’ inaccettabile che l’ONU, l’IPCC, i governi, gli enti, i centri di ricerca ecc. non considerino come fattore rilevante nella valutazione dei cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi le interferenze delle tecnologie militari di questi decenni.

In realtà lo scioglimento dei ghiacci pare oggi una causa estremamente rilevante negli eventi meteo estremi di questi tempi.

Il vero problema è il riscaldamento dell’Artico 

Il brutale inverno dell’America nord-orientale è colpa dei cambiamenti climatici?

Altre prove del collegamento tra il jet stream e freddo e siccità estremi negli Usa.

[19 febbraio 2015]

Le prolungate ondate di freddo nell’East Coast, di siccità in California ed i mattini gelati nel sud degli Usa Sud hanno tutti qualcosa in comune: la corrente a getto atmosferica – jet stream – che trasporta i sistemi meteorologici che sembrano impazziti in tutto il Nord America. A dirlo è lo studio “Evidence for a wavier jet stream in response to rapid Arctic warming”, pubblicato su IOPScience da Jennifer Francis, dell’Institute of Marine and Coastal Sciences della Rutgers University, e Stephen Vavrus, del Center for Climatic Research dell’università del Wisconsin-Madison.

Secondo  Francis e Vavrus, le modifiche del jet stream ed il riscaldamento dell’Artico, dove il cambiamento climatico sta avvenendo in maniera più rapida che in tutto il resto del mondo,sono strettamente collegati e porteranno a fenomeni meteorologici sempre più estremi nel Nord America e negli Usa in particolare.

Agli ecoscettici che dicono che il freddo terribile che sta colpendo l’est degli Usa dimostra che il riscaldamento globale è una bufala, la Francis risponde: «La vera storia è la persistenza del modello. E’ in n questo modo quasi costantemente dal dicembre 2013… Caldo a ovest, freddo a est. Pensiamo che il riscaldamento dell’Artico provochi  questi tipi di modelli molto ondulati, e che, anche se probabilmente non nella stessa posizione, accadrà più spesso in futuro».

La ricerca è iniziata dopo il disastro dell’uragano Sandy, quando la corrente a getto provocò  una brusca svolta della tempesta mandandola a battere sul Jersey e New York City.  La Francis ed altri ricercatori dicono che la configurazione della corrente a getto è stato un ingrediente essenziale per creare la tempesta mostruosa.

«Dagli anni ’90, modelli di jet-stream molto “ondulati” si sono verificati più spesso dal 1990 – sottolinea la Francis – , ed ora stanno interessando il meteo attorno all’emisfero settentrionale. Questa ondata di freddo a metà febbraio, per esempio, che ha lasciato milioni di persone sveglie con temperature inferiori allo zero, potrebbe non essere così profonda come alcune saccature  verso sud, chiamate depressioni, della corrente a getto. Ma lo schema generale è stato in circolazione per settimane ed  anche responsabile delle nevicate record a Boston di questo inverno e del peggioramento della siccità negli Stati occidentali. Al contrario, un modello opposto nell’inverno 2012 portò a battere più di 3.000 record di temperature invernali negli Stati Uniti orientali. La California è ancora alle prese con l’attuale  record di siccità, e l’Alaska sta avendo uno dei suoi inverni più caldi mai registrati».

Ma in Florida gli aranceti fanno i conti con le temperature più rigide degli ultimi anni e con una malattia degli agrumi che sta decimando i raccolti e che sembra collegata ad altri focolai freddo intenso a sud.  Invece, sulla costa occidentale, le temperature dell’acqua dell’Oceano Pacifico al largo della California sono molto più calde del normale, fino a i 64 – 65 gradi Fahrenheit in pieno inverno, un fenomeno che sembra avere conseguenze sulla pesca del tonno rosso del Pacifico.

La Francis dice che «Queste condizioni hanno senso perché i trend della temperatura dell’acqua nel Pacifico orientale sono cambiati nel decennio passato e potrebbe contribuire al clima più caldo e secco della California, mentre la corrente a getto prende la forma di un’altalena insolitamente grande a nord».

 


Il fenomeno chiamato Amplificazione Artica – definito come la maggiore sensibilità della regione artica al  riscaldamento rispetto alle latitudini più basse – secondo lo studio, sta cambiando su vasta scala il livello dei flussi nell’atmosfera: «Guardando indietro ai dati risalenti ai tardi anni ‘40, è evidente che l’amplificazione artica del riscaldamento globale è ormai continua lungo tutte le quattro stagioni dell’anno», dicono Francis e  Vavrus.

Il nuovo studio ha cercato di misurare la portata e la forza di queste onde di flusso del getto e, durante l’utilizzo di una misura tradizionale delle variazioni della temperatura dell’aria in superfici, tra le regioni artiche e le basse latitudini, i due ricercatori hanno presentare una misurazione alternativa delle temperature degli strati superiori nell’atmosfera. Anche gli scienziati che sono scettici sui loro risultati dicono che si tratta di un buono sforzo per risolvere il problema di differenziare i cambiamenti reali nel comportamento del jet stream dal “rumore di fondo”, si tratta di un problema insito nella ricerca sul clima: prendere per reali cambiamenti climatici a lungo termine la sola variabilità del tempo di anno in anno.

Francis e Vavrus non respingono in toto le critiche al loro lavoro che guarda in particolare agli ultimi anni, da quando l’amplificazione artica è emersa chiaramente, ma dicono anche che «Non ci sono dubbi sul  trend dagli anni ‘90: l’Artico probabilmente non è mai stato così caldo dall’ultimo grande periodo inter-glaciale, 125.000 anni fa» e la Francis evidenzia che «Allora, la Terra era parecchi gradi più calda rispetto ad oggi e il livello dei mari era diversi metri più in alto. I recenti cambiamenti ai quali abbiamo assistito sono chiaramente collegati all’aumento dei gas serra e non c’è alcun segno di calo nel nostro utilizzo di combustibili fossili. Questo non fa ben sperare per le conseguenze di eventi meteorologici estremi e l’ecosistema nel suo complesso».

La scienziata statunitense conclude: «La sfida più grande nella nostra ricerca è il rapido riscaldamento dell’Artico iniziato molto di recente, quindi individuare una chiara risposta  atmosferica e collegarla ad una causa particolare potrebbe richiedere un altro decennio. Nel frattempo, madre natura sembra in azione lì fuori».FONTE

Ma davvero è in azione solo MADRE NATURA?

APPROFONDIMENTI

How the warming Arctic might be behind Boston’s deep freeze

http://wlrn.org/post/how-warming-arctic-might-be-behind-bostons-deep-freeze

Does Arctic Amplification Fuel Extreme Weather in Mid-Latitudes?

https://www.youtube.com/watch?v=4spEuh8vswE

Scie neri ?

https://www.youtube.com/watch?v=ZVwiMHEPH20

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