Una notizia di questi giorni che intensifica le paure coltivate ormai da tempo:
Covid, “non solo polmonite: il virus attacca anche il cervello”
E scrivono – e questo dopo mesi e mesi di obbligo di mascherine e ‘stato di paura’ senza fine: Il coronavirus Sars-CoV-2 ‘toglie fiato’ non solo per l’infezione che provoca nei polmoni, ma anche attaccando direttamente i centri nervosi che nel cervello controllano il respiro. Lo dimostra uno studio del Dipartimento di Scienze della salute dell’università Statale di Milano, Polo dell’ospedale San Paolo, pubblicato sul ‘Journal of Neurology’. La ricerca dimostra che “nei pazienti Covid-19 gravi, ricoverati in rianimazione e sottoposti a ventilazione meccanica, sono alterati i circuiti nervosi proprio nel tronco cerebrale dove si trovano anche i centri di controllo della respirazione”.
Sappiamo bene, le misure anticovid hanno degli effetti importanti sulla psiche e sulla fisicità degli esseri umani, ma nessuna commissione ufficiale ne indaga le conseguenze.
Un annuncio eclatante della cancelliera tedesca proprio in questo momento: le mascherine devono essere indossate anche nelle auto private.
Le compagnie di assicurazione e le autorità tedesche (leggi sulla salute e la sicurezza sul lavoro) indicano un tempo di indossamento di mascherine di due ore con un successivo tempo di recupero di 30 minuti. Recuperare cosa?
I nostri figli, gli studenti, i cassieri, i commessi, i lavoratori dei vari settori eccetera. seguono queste linee guida? Cosa significa una condizione prolungata indossando barriere respiratorie? Le mascherine non riguardano ‘solo’ una riduzione anche minima dell’apporto di ossigeno al cervello, molti altri fattori influenzano l’organismo.
Dalla dichiarazione della pandemia Sars cv2, indossare le maschere è considerato non problematico e ogni dubbio è liquidato come infondato. Prima di questa INFODEMIA era un po’ diverso.
Ecco un esempio dell’anno 2014.
COMUNICATO STAMPA
Ipossia: il cervello è meno vigile
28/11/2014
Basta una blanda riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello per compromettere lo stato di vigilanza e la risposta comportamentale. Lo rivela uno studio condotto dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca
La riduzione anche minima dell’apporto di ossigeno al cervello, la cosiddetta ipossia, compromette risposte comportamentali e livelli di allerta, restano invece inalterate l’attenzione e il controllo sulle azioni. È quanto emerge da uno studio condotto da Alberto Zani dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Segrate (Milano), in collaborazione con Alice Mado Proverbio del NeuroMI – Milan Center for Neuroscience e docente di Neuroscienze cognitive presso l’Università di Milano-Bicocca. L’indagine – presentata al “Society for Neuroscience 2014”, il Congresso mondiale di neuroscienze svoltosi a Washington (Usa).
“L’ipossia caratterizza diversi disturbi clinici, quali asma o lesioni cerebrali, ma anche individui sani che soggiornano ad alte quote montane”, spiega Zani. “Mentre sappiamo che l’ipossia, specie se grave, può avere effetti sulla memoria o sulla capacità di calcolo, lo studio sui sistemi di vigilanza è del tutto inedito. Per indagare l’influenza sui network cerebrali che regolano l’attenzione visuo-spaziale, un campione è stato sottoposto a due sessioni sperimentali in cui i 16 partecipanti respiravano aria impoverita di ossigeno, che simula la condizione atmosferica a circa 4.200 m di altezza. Dopo due ore ogni partecipante è stato sottoposto ad alcuni compiti: rispondere il più velocemente possibile premendo un tasto alla vista di stimoli target che comparivano in diverse zone dello spazio visivo (preceduti o meno da segnali indicatori), oppure scegliere quale tra due dita usare per la risposta a seconda dello stimolo percepito”.
Durante l’esecuzione, l’attività bioelettrica cerebrale (Erp) è stata registrata utilizzando 128 sensori, monitorando così il variare della funzionalità in relazione ai compiti e alla stimolazione visiva. “In condizione di ipossia, la velocità di risposta era rallentata in tutti i compiti, tranne in quello in cui gli stimoli non erano preceduti da un preavviso; inoltre l’entità della risposta bioelettrica cerebrale agli stimoli visivi era ridotta di alcuni microvolt rispetto alla condizione di aria ossigenata”, spiega Alice Mado Proverbio. “In generale, le differenze rilevate indicano come anche una lieve ipossia agisca sul sistema cerebrale di regolazione dello stato di allerta, compromettendo la velocità di risposta agli stimoli. Il dato è particolarmente rilevante data la riduzione moderata di ossigeno praticata: il 12,5% in meno della quantità normale”.
“Grazie alla tecnica di risonanza magnetica tridimensionale Loreta (Low resolution electromagnetic tomography) è stato possibile inoltre evidenziare un’attivazione della corteccia cingolata anteriore mediale e del giro para-ippocampale dell’emisfero sinistro che suggeriscono uno stato di sforzo o sofferenza indotta dall’ipossia”, conclude Zani. “I dati emersi hanno importanti implicazioni per gli individui che operano in ambienti estremi, per lo studio dei processi nervosi implicati negli stati di coscienza e nei pazienti in stato di sofferenza cerebrale. Rilevanti risultano inoltre gli effetti dello stress da esposizione prolungata ad ambiente pressurizzato, qual è quello degli aerei (ipossiemia da volo) o all’aria condizionata al livello del mare (ipossia normobarica), dove manca il ricambio di aria naturale”.
La scheda
Chi: Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (di Segrate (Milano) e Università di Milano-Bicocca
Che cosa: effetti dell’ipossia sulle funzioni neuro cognitive; “Electrofunctional and behavioral indexes of the influence of hypoxia on the activation of neural networks of visuospatial attention”,
Alberto Zani, Giulia Marsili, Ezia Rizzi, Annapaola Senerchia, Alice M. Proverbio, Society for Neuroscience 2014 Annual Meeeting, Washington DC, November 16th 2014
Per informazioni: Alberto Zani, Ibfm-Cnr, tel. Uff. 02/66173340, Lab: -369, e-mail: [email protected]
Ufficio stampa Cnr: Rita Bugliosi. Tel. 06/49932021, -3383, e-mail: [email protected]
Capo ufficio stampa:
Marco Ferrazzoli
[email protected]
[email protected]
06 4993 3383
FONTE https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/5940/ipossia-il-cervello-e-meno-vigile
Come i bassi livelli di ossigeno danneggiano il cervello?
Il cervello è l’organo il più metabolicamente richiedente nell’organismo ed è pensato per utilizzare 20% dell’ossigeno dell’organismo. Di conseguenza, è non sorprendente che il cervello è uno degli organi che sono i più suscettibili di ossigeno limitato… In questa intervista, il professor Paul Tesar e Kevin Allan parla aNotizia-Medico di come l’ossigeno basso livella il danno il cervello e di come, con ulteriore ricerca, potremmo contribuire a sviluppare le efficaci terapie per il trattamento delle malattie neurologiche causate dai bassi livelli dell’ossigeno. ...Prima di tutto non creando un danno deliberatamente. LEGGI QUI
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