Ricordate il disastro di Chernobyl? Ma certamente. Ricordate anche il fatto che aerei manipolarono la nube radioattiva dovuta all’esplosione?
Non di certo, non ve l’avevano detto.
Piloti militari russi avevano descritto come generarono le nubi di pioggia per proteggere Mosca dalla precipitazione radioattiva dopo il disastro nucleare di Chernobyl nel 1986. Il Maggiore Aleksei Grushin sorvolò ripetutamente i cieli sopra Chernobyl e la Belarussia, sparando proiettili di ioduro di argento nelle nuvole, in modo tale che queste si svuotassero, facendo precipitare le particelle radioattive sulle citta’ piu’ popolate della zona. LEGGI QUI
Un indagine da ‘Sherlock Holmes’ della Dottoressa Antonietta Gatti rivela un evento analogo ai tempi della guerra dei Balcani. Anche di questo non si è saputo niente. Se andate a ricercare in rete non ne trovate traccia.
Il 24 marzo 1999, la NATO, senza mandato dell’ONU e con la partecipazione dell’Italia, scatenava una criminale guerra contro la Jugoslavia, provocando morte e distruzione. Fu una campagna condotta unicamente dal cielo attraverso massicci bombardamenti di strutture civili,come case, ospedali, scuole, ponti, fabbriche, centrali. Dopo il bombardamento dell’impianto petrolchimico a Pancevo nel 1999 (41 bombe e 7 attacchi missilistici) si alzarono in volo piloti americani bombardando la nube tossica con agenti chimici per evitare che la pioggia di veleni cadesse sulle teste dei militari USA.
Commento di Fulvio Grimaldi: Dopo i bombardamenti dei vari stabilimenti chimici concentrati a Pancevo ci furono piogge eccezionali che provocarono anche la fuoruscita del Danubio e l’inondazione di varie zone che, così, sparsero i veleni diffusi sul suolo. I chimici dell’università di Belgrado mi dissero che quelle piogge così forti erano state causate da bombardamenti delle nuvole con joduro d’argento e con arsenico.
La testimonianza della dottoressa Gatti
COS’ ERA SUCCESSO?
Con questa sua relazione, pubblicata per la prima volta nel 2000, Michael Chossudovsky ha fornito un documento definitivo e la prova fotografica che, contrariamente a quanto dichiarato da vari osservatori internazionali, la catastrofe ambientale del petrolchimico di Pancevo non fu un “danno collaterale” (ovvero un incidente di guerra), tantomeno un caso di negligenza criminale (intesa come il risultato di un’indifferenza criminale per le conseguenze).
La prova è schiacciante. La NATO fece saltare in aria, intenzionalmente e meticolosamente, container di sostanze chimiche tossiche con l’obiettivo di creare un inferno ecologico.
La NATO ha volutamente causato una catastrofe ambientale in Jugoslavia
Di Michel Chossudowsky
All’inizio della guerra, la NATO aveva dato rassicurazioni all’opinione pubblica mondiale riguardo alla “precisione nel colpire gli obiettivi” e all’uso di armi sofisticate, allo scopo di evitare “danni collaterali”, rischi ambientali inclusi:
“Facciamo tutto il possibile per evitare inutili danni collaterali. Abbiamo preso la cosa molto sul serio, lavorato sodo, investito molto tempo per pianificare le missioni.” (1)
Nel complesso petrolchimico di Pancevo, alla periferia di Belgrado, invece, è successo proprio il contrario. La sorveglianza aerea e l’utilizzo di immagini termiche satellitari non sono state utilizzate soltanto per bloccare l’industria petrolchimica jugoslava, ma anche, appositamente, per generare un disastro ambientale.
I raid aerei sul complesso di Pancevo iniziarono il 4 aprile 1999 e continuarono inesorabilmente fino al 7 giugno. Del complesso di Pancevo faveva parte anche una raffineria petrolifera (costruita con supporto tecnico della Texaco) e un impianto per produrre un fertilizzante agricolo chimico. L’impianto petrolchimico venne completamente bombardato (41 bombe e 7 attacchi missilistici). Le aree bombardate si trovavano a meno di 200 metri da abitazioni civili. All’inizio del conflitto, gli operai dell’impianto furono coinvolti nella rimozione dei materiali tossici, svuotando molti grandi serbatoi e container di sostanze chimiche, soprattutto proprio al fine di evitare i rischi di “danni collaterali”. Poco a poco capirono che la Nato li stava osservando attraverso i sistemi di sorveglianza aerea e da satellite. Le immagini termiche permisero agli strateghi militari della NATO di sapere quali container erano stati svuotati e quali rimasti pieni. Tutti i manufatti nell’impianto di Pancevo, compresi i container pieni di sostanze chimiche, emettono raggi infrarossi. I misuratori termici possono captare, da una spia satellitare o da un aereo, i raggi infrarossi emessi da qualsiasi oggetto collocato situato all’interno dell’impianto petrolchimico e trasformare le letture in un video ad alta risoluzione o in una foto.
I misuratori termici possono captare differenze di temperatura di 0,1 gradi, consentendo agli strateghi della NATO di “classificare” e distinguere facilmente i container pieni da quelli vuoti. Gli aerei da guerra NATO possedevano diversi sistemi avanzati come sensori infrarossi e elettro–ottici. Le immagini satellitari termiche furono trasmesse dal Centro aereo di operazioni combinate (CAOC) di Vicenza, Italia, dove furono decisi gli attacchi dei bombardieri. Vennero anche utilizzati altri sistemi di sorveglianza avanzata compresi i piccoli aerei senza pilota (UAV), e aerei spia d’alta quota U2. Secondo quanto riferito da un portavoce del Pentagono, l’U2 “scatta la foto da un’ altitudine molto elevata, la rinvia in America dove viene analizzata”. Da là “le coordinate esatte dell’obiettivo” vengono passate al CAOC di Vicenza che poi le “trasmette ai piloti“. (2)
Gli strateghi NATO possedevano inoltre informazioni dettagliate sulla disposizione dell’impianto, pensato e realizzato da una multinazionale edile americana, la Foster Wheeler (un’impresa specializzata nella costruzione di impianti petrolchimici). La NATO sapeva benissimo dove stavano le cose. Con crudele ironia, un investimento statunitense in Jugoslavia (finanziato con denaro prestato dalla World Bank) è stato bombardato dallo zio Sam. I piloti in cabina sapevano di distruggere un impianto “made in America”? Molti container erano stati svuotati. Usando i rilevatori termici la NATO era in grado di identificare quali serbatoi erano ancora pieni di sostanze chimiche tossiche. Tra questi liquidi nocivi c’erano serbatoi di etilene-dicloride (EDC), etilene, cloro, cloro-idrogeno, propilene, e cloruro di vinile monomero (VCM). Come ben dimostrato dagli ambientalisti, il cloruro di vinile monomero (CVM) usato per produrre materie plastiche (es. resina PVC) è una pericolosa sostanza inquinante e cancerogena. Può anche provocare danni al cervello e al fegato, oltre che ai feti con gravi deficienze alla nascita.
Se l’unico intento della NATO fosse stato quello di chiudere l’impianto, senza rischi ambientali “collaterali”, essa avrebbe potuto farlo bombardando le attrezzature e i macchinari. Perché colpire con tanta precisione anche i serbatoi con i liquidi tossici?
Le “bombe intelligenti” non erano stupide: andavano dove gli era stato comandato. La NATO ha selezionato scrupolosamente i container, le cisterne e i serbatoi cha contenevano ancora sostanze tossiche. Secondo il direttore dell’impianto petrolchimico, la NATO non ha colpito nemmeno un solo container vuoto: “Non è stato un caso, ha scelto di colpire quelli pieni e le sostanze chimiche si sono riversate nel canale che sfocia nel Danubio”. Inoltre, secondo il direttore dell’impianto, le fuoriuscite di etilene–dicloride (EDC) hanno contaminato 10 ettari di terreno nelle vicinanze dell’impianto (3) Quando le bombe intelligenti colpirono i loro venefici obiettivi a Pancevo, liquidi e vapori tossici si diffusero nell’aria, nell’acqua e nel terreno. I container furono fatti esplodere o perforati intenzionalmente. Nel complesso petrolchimico il terreno è ancora imbevuto di etilene-dicloride tossico.
Secondo una relazione del Centro Ambientale Regionale per l’Europa Centrale e Orientale (REC):
“Nel Danubio sono state riversate più di mille tonnellate di etilene-dicloride provenienti dal complesso petrolchimico di Pancevo (attraverso il canale che collega l’impianto al fiume). Più di mille tonnellate di natrium idrossido fuoriuscirono dal complesso petrolchimico di Pancevo . Circa 1.000 tonnellate di idrogeno-cloro confluirono nel Danubio”. (4)
Otto tonnellate di mercurio si riversarono nel terreno. Anche l’impianto per il trattamento delle acque venne bombardato, contribuendo così ad aggravare l’impatto ecologico. (5)
Gli strateghi militari NATO sapevano con precisione cosa stavano facendo e quali ne sarebbero state le conseguenze. Il 4 aprile, nella raffineria vicina, due missili NATO colpirono le stanze di controllo uccidendo tre membri dello staff. L’impianto si incendiò riducendosi a un ammasso di macerie tossiche. Lo scopo era provocare un disastro ambientale. La NATO si aspettava che, bombardando senza pietà Pancevo e altre zone abitate da civili, il risultato sarebbe stato di intimidire Belgrado forzandola ad accettare l’Accordo di Rambouillet, compresa la famigerata Military Appendix [l’”Allegato B” del testo proposto dalla delegazione statunitense] che, essenzialmente, garantiva alla NATO il diritto di occupare tutta la Jugoslavia.
A seguito dei bombardamenti, i Verdi tedeschi e gli esperti del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), oltre ad altri gruppi, visitarono l’impianto di Pancevo. La relazione dell’UNEP tralascia gli effetti ambientali causati dai bombardamenti, mentre sottolinea, nelle
sue conclusioni principali, che Pancevo e altri impianti petrolchimici del paese erano già a rischio ecologico, ancor prima dei bombardamenti, a causa del basso livello degli standard ambientali. (6)
La relazione UNEP usa attentamente le parole per fungere da copertura. Copre la NATO, minimizza la serietà della catastrofe ambientale, mentre biasima (senza fornire prove) le autorità jugoslave. Il sostegno tacito dell’UNEP alla legittimità dell’alleanza militare occidentale arriva a fargli formulare risultati che contraddicono quelli di altri studi scientifici, compresi quelli del Regional Environment Center per l’Europa Centro-orientale (REC), realizzati per la Commissione Europea. (4).
La complicità dell’UNEP, un’agenzia specializzata dell’ONU che ancora si ritiene mantenga un minimo di integrità, è un ennesimo sintomo del deterioramento del sistema delle Nazioni Unite che sta svolgendo un fondamentale ruolo nel fornire copertura ai crimini di guerra della NATO.
NOTE
(1) Dichiarazione del Generale Chrles Wald del Pentagono, Dipartimento
Difesa, Conferenza Stampa, Washington, 12 Aprile 1999.
(2) Dipartimento Difesa, Conferenza Stampa, Washington, 14 maggio 1999.
(3) Intervista realizzata dall’autore a Pancevo, Marzo 2000
(4) Si veda la relazione del REC intitolata “Valutazione dell’impatto
ambientale delle attività militari durante il conflitto in Jugoslavia”:
http://www.rec.org/REC/Announcements/yugo/background.html
(5) Intervista realizzata dall’autore a Pancevo, Marzo 2000
(6) Relazione UNEP dal titolo “Conflitto in Kosovo: Conseguenze per
l’ambiente e la popolazione”, realizzata per la Commissione Europea:
http://www.grid.unep.ch/btf/final/index.html
Il container sulla destra e’ stato bersagliato dalla NATO perche’ era pieno di VCM, altamente cancerogeno.
FONTE http://www.cnj.it/24MARZO99/criminale.htm#choss
VEDI ANCHE
La guerra meteorologica usata dalla NATO in Serbia
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