Traduzione: NoGeoingegneria

Il movimento ambientalista ha sviluppato un’ossessione a senso unico per i presunti effetti dell’anidride carbonica sul clima globale. Tuttavia, piuttosto che il gas CO2, pare che siano proprio le tecnologie proposte per mitigare il problema, la vera causa della nostra imminente calamità ambientale. Di questo si occupa oggi il “Background” GRTV” sulla Global Research TV.

di James Corbett GRTV.ca



Da decenni ci dicono che dobbiamo avere paura a lungo termine degli effetti del biossido di carbonio prodotto dall’uomo. A quanto pare, non passa giorno senza che una qualche nuova tempesta, siccità, ondata di caldo o freddo, venga menzionata nei notiziari, accompagnata dall’intervento di scienziati finanziati dal governo che ci avvertono come questo sia collegato alla mancata riduzione della produzione di CO2 nel mondo.

Naturalmente il problema è che questa bufala scientifica di bassa qualità, si diffonde grazie all’ignoranza pubblica sulle conoscenze scientifiche di base. Nonostante che i modelli e  le previsioni, utilizzati per spaventare il pubblico nel credere che la CO2 stia condizionando il clima e continuerà a farlo in modo sempre più pericoloso, abbiano in comune la particolarità di essere completamente sbagliati (1) nelle previsioni delle tendenze di andamento degli ultimi 15 anni, ci viene tuttavia ancora chiesto di credere nella validità a lungo termine di questi stessi modelli falsificati.
Come Robinson ed altri  hanno osservato nel loro studio del 2007 “Environmental Effects of Increased Atmospheric Carbon Dioxide- (Effetti ambientali dell’aumento di biossido di carbonio nell’atmosfera), pubblicato dall’Istituto dell’Oregon di Scienze e Medicina: “le previsioni di effetti climatici dannosi dovuti a futuri incrementi dell’uso di idrocarburi, e di gas serra minori come la CO2, non sono conformi alle attuali conoscenze sperimentali.”
Sempre nel 2007, J. Scott Armstrong, ricercatore presso l’Università della Pennsylvania e autore di “Previsioni a lungo termine”, un libro di testo standard sui principi della previsione, è stato co-autore (2) di una verifica delle procedure utilizzate  dall’IPCC  per le sue proiezioni sul riscaldamento globale, trovando che tali procedure hanno violato 72 degli 89 principi in materia di previsione scientifica.
L’anno scorso il giornale “Geophysical Research-Atmospheres” ha pubblicato uno studio che mostra come i modelli di previsione del clima che esaminano periodi di meno di 30 anni su scala geografica dei continenti, siano pieni di inesattezze.

All’inizio di quest’anno, l’ufficio meteo del Regno Unito è stato costretto a  rivedere al ribasso le proprie previsioni sull’aumento della temperatura nel corso dei prossimi quattro anni, a seguito di una battuta d’arresto di 15 anni delle temperature globali annuali. Ironia della sorte, questa divergenza sui continui aumenti della temperatura predetti dagli allarmisti della CO2, viene ora attribuita ad una “variabilità naturale”, tra cui “i cicli delle variazioni di attività solare”. Questo quanto è trapelato dalle bozze del rapporto IPCC AR5 in uscita per il prossimo anno, che indica ora come questo fattore sia stato ampiamente sottovalutato.
Purtroppo, le previsioni allarmiste, pubblicitarie, e fuorvianti su questo tema sono state così interiorizzate che una parte della popolazione è indotta a collegare ogni evento che accade nella galassia all’aumento dell’anidride carbonica, compreso il passaggio degli asteroidi  vicini alla Terra.
Di questo passo c’è solo da aspettarsi che tanti altri si aggiungano a questa parte di popolazione, nel focalizzare la loro attenzione esclusivamente sulla questione del biossido di carbonio, un gas presente in tracce nell’atmosfera, e solo in parte artificiale. Scienziati, esperti, scrittori e uomini d’affari stanno solo in fondo rispondendo agli incentivi del mercato sul piatto. I governi e le università di tutto il mondo stanno sprecando miliardi di dollari ogni anno in fondi per finanziare la ricerca relativa alla presunta minaccia della CO2, e intere industrie come quelle del commercio del carbonio e del sequestro del carbonio, si stanno sviluppando in risposta a questa spinta. Molto semplicemente, sul tema del riscaldamento globale, sono in gioco, così tanti soldi e un potenziale di potere  politico così importante, da impedire che sia rivelato come un falso allarme.
Una delle conseguenze più preoccupanti che derivano da questa tendenza, tuttavia, è la legittimazione politica di un concetto che, ironia della sorte, rischia di diventare una vera e propria minaccia per il nostro ambiente: la geoingegneria.

La pratica della geoingegneria ha ormai ben più di mezzo secolo di vita. Già alla fine del 1940, il matematico americano John von Neumann per conto del  Dipartimento della Difesa statunitense portava avanti delle ricerche sulla modificazione del clima e sui suoi   potenziali usi per la guerra climatica. Nei primi anni ‘50 esperimenti di  cloudbursting sono stati eseguiti da Wilhelm Reich e nel 1956 il Dr. Walter Russell ha scritto sulla possibilità di un controllo completo del meteo.

Negli anni ‘60, il Dr. Bernard Vonnegut, fratello del famoso scrittore, ha ampiamente  migliorato le tecniche allora in uso con l’impiego di cristalli di ioduro d’argento nell’inseminazione delle nuvole. Le qualità igroscopiche dello ioduro d’argento assicurano un veloce legame delle particelle di acqua con la sua struttura cristallina. Come il recente documento di  Skywatcher fa notare, il processo di inseminazione delle nuvole è ormai così ampiamente e regolarmente impiegato che sta avendo effetti profondi sul nostro clima.
Dato che la CO2 non è il problema, ma lo è stato fatto diventare, con l’inserimento delle moderne tecnologie di modificazione del clima nei  programmi di ricerca del Dipartimento della Difesa, non si può non indagare sul possibile collegamento tra l’attuale spinta verso la geoingegneria e il complesso militare-industriale. L’anno scorso ho avuto la possibilità di parlare con il Professor Michel Chossudovsky del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione riguardo al passato, presente e futuro della tecnologia della guerra del clima.
In tempo di guerra i potenziali benefici militari dovuti al dispiegamento delle tecnologie di modificazione del clima sono evidenti. In realtà, sono così evidenti che, come osserva il professor Chossudovsky, l’ONU è stato costretto a introdurre una convenzione nel 1977, che vieta l’uso di tecniche di modifica dell’ambiente a scopo bellico. Gli Stati Uniti hanno ratificato tale convenzione nel 1980.

Altri potenziali benefici che possono derivare dallo sviluppo di questa tecnologia riguardano la sfera economica. Così tanti eventi nel corso delle attività umane si basano sul meteo a breve termine e su fenomeni climatici a lungo termine e quindi la capacità di determinare (o anche influenzare) entrambi potrebbe essere estremamente utile. Le compagnie di assicurazione, per esempio, rischiano di perdere miliardi (e le industrie di ricostruzione connesse rischiano di fare quegli stessi miliardi) ogni volta che un forte temporale genera frane e smottamenti in zone popolate.
Quindi non dovrebbe sorprendere che il mercato si sia evoluto in modo efficace verso i “derivati climatici”, consentendo ai grandi istituti finanziari di fare soldi scommettendo sul meteo. E non dovrebbe neanche sorprendere che questo  mercato sia stato ampiamente sperimentato da quella famigerata società ben addentro alla cricca globalista, che risponde al nome di Enron. L’anno scorso ho avuto la possibilità di parlare con il ricercatore Peter Kirby  sul coinvolgimento della Enron sui derivati del meteo e sulle enormi somme per i progetti di geoingegneria che continuano ad essere impiegate all’insaputa dell’opinione pubblica.
Anche se supponessimo che le tecnologie di modificazione del clima non sono attualmente utilizzate ai fini di guerra climatica o di manipolazione del mercato, il solo potenziale di tali abusi dovrebbe essere più che sufficiente per dissuaderci dal perseguire queste tecnologie. Ancora più preoccupanti, forse, sono le sconosciute ramificazioni ambientali degli effetti a lungo termine di queste tecnologie sul nostro ambiente.
Ironia della sorte, proprio quelli che ci avvertono delle conseguenze potenzialmente disastrose dei cambiamenti climatici causati dall’uomo potrebbero aver ragione  nella loro valutazione. Ma alla fine, non sarà la CO2 antropica, di cui si preoccupano, il vero colpevole di questa catastrofe in arrivo, ma le tecnologie di geoingegneria che vengono proposte come la “soluzione” a questo problema.

Fonti:
http://www.corbettreport.com/geoengineering-the-real-climate-change-threat/

http://tv.globalresearch.ca/2013/02/our-environmental-catastrophe-geoengineering-and-weather-warfare

Vedi anche:

http://www.globalresearch.ca/weather-war/1061

http://www.globalresearch.ca/the-ultimate-weapon-of-mass-destruction-owning-the-weather-for-military-use/319

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