La potenza del colpo fu tale da lasciare anche un altro agghiacciante e indelebile segno: le cosidette ombre di Hiroshima, delle ombre nucleari, si tratta di sagome stampate sulle superfici che tracciano la figura di ciò che si trovava lì al momento della catastrofica esplosione
Il fallout nucleare sulle spiagge di Hiroshima: l’eredità della bomba atomica su Hiroshima è stata trovata sulle spiagge della città: microparticelle vetrificate, residuo delle ceneri del bombardamento. Le spiagge giapponesi sono colme di minuscoli resti fusi della città di Hiroshima
Scoperti detriti della città distrutta dalla bomba
Un team di ricerca ha individuato particelle anomale nella sabbia delle spiagge vicino a Hiroshima. Queste particelle hanno una composizione che corrisponde a quella degli edifici di Hiroshima prima della bomba atomica
Oggi sia Hiroshima che Nagasaki, le città giapponesi distrutte dalla bomba atomica il 6 e il 9 agosto 1945, sono state ricostruite e sono abitate. Ma cosa ne è stato delle città che c’erano prima della bomba? Dov’è finita Hiroshima e dove sono finiti tutti gli edifici che costituivano le città al momento degli attacchi nucleari? A chiederselo è un gruppo di ricerca coordinato dal geologo statunitense Mario Wannier, che ha rintracciato particelle di materiale vetroso e di altri detriti fusi che probabilmente sono ciò che resta della città di Hiroshima.
Si tratta del primo studio, spiegano gli autori, che registra e descrive i resti di quello che si chiama un fallout nucleare, ovvero il materiale coinvolto nell’esplosione e lanciato in aria, che poi ricade a terra. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista Anthropocene.
Wannier, che è geologo ed ecologo marino, ha iniziato a analizzare la sabbia delle spiagge giapponesi nei pressi di Hiroshima nel 2015. Numerosi campioni, raccolti dal collega Marc de Urreiztieta, provengono dalla penisola Motoujina, a pochi chilometri da Hiroshima. L’obiettivo iniziale degli scienziati era quello di studiare organismi microscopici chiamati foraminiferi e presenti nei sedimenti. Ma l’indagine ha portato alla luce anche qualcosa di inaspettato, delle particelle dalla forma e dall’aspetto inusuale, soprattutto per essere contenute nella sabbia. “Non era possibile non rilevare queste particelle – commenta Wannier – aerodinamiche, vetrose e tondeggianti”. Qui alcuni esempi dei frammenti rintracciati.
Alcune particelle raccolte nella sabbia delle spiaggia della penisola di Motoujima (foto: Anthropocene, Volume 25, March 2019)
In tutti i campioni c’erano dai 12,6 ai 23,3 grammi di queste particelle sferiche per ogni chilogrammo di sabbia. Dunque, loro concentrazione è risultata elevata, dato che rappresenta fino al 2,5% del materiale totale. Wannier ha rintracciato circa 10mila particelle di questo tipo nelle sue indagini. L’abbondante presenza e le caratteristiche anomale, insieme alla vicinanza con Hiroshima, hanno suggerito agli autori che questi frammenti possano essere resti dell’esplosione atomica che ha colpito la città il 6 agosto 1945. “Insieme alla sorpresa di aver trovato queste particelle – aggiunge l’autore – la domanda centrale che mi sono posto è questa: c’è una città e un minuto dopo la città non c’è più. Dov’è finita e dov’è il materiale? Rintracciare queste particelle è come una scoperta di un tesoro. È una storia incredibile”. L’ipotesi è supportata da varie prove, chimiche e fisiche.
Una volta raccolto il materiale, gli scienziati lo hanno fatto analizzare con il microscopio elettronico e con tecniche basate sui raggi X (come la micro-diffrazione dei raggi X) che servono per studiare meglio la struttura del materiale. La microstruttura è unica, spiegano gli autori, e contiene un’ampia quantità di detriti fusi. “L’ipotesi che provengano dall’esplosione atomica”, sottolinea Nobumichi Tamura ricercatore dell’Advanced Light Source del Lawrence Berkeley National Laboratory. L’idea è che queste particelle possano essersi formate ad elevate altitudini, intorno al fungo atomico durante l’esplosione. I materiali spazzati via dal terreno si sono così mescolati e ricomposti e, quando le temperature si sono abbassate, si sono condensati per poi cadere a terra.
Un’ulteriore prova riguarda la composizione chimica, che corrisponde a quella delle costruzioni presenti a Hiroshima all’epoca del bombardamento: fra i materiali ci sono cemento, marmo, acciaio inossidabile e gomma. Per confrontare questi dati con quelli altri studi del genere, gli autori hanno considerato i risultati del Trinity, il primo test per un’arma nucleare, condotto dagli Stati Uniti il 16 luglio 1945 nell’ambito del progetto Manhattan. I campioni del Trinity avevano una composizione diversa, che riproduceva quella degli edifici presenti nelle località in cui sono stati effettuati. In particolare, i detriti del Trinity contenevano una sostanza che è stato denominato dagli scienziati trinitite mentre le particelle di oggi includono un materiale che è stato soprannominato hiroshimaite.
Ed ora gli autori mirano ad approfondire la ricerca per confermare i risultati. Wannier, inoltre, analizzerà campioni provenienti dal ground zero, il punto terrestre più vicino alla detonazione e possibilmente anche resti da sottoterra nell’area dell’esplosione atomica. “In ultimo, altre ricerche e modelli – si legge nelle conclusioni dello studio – potrebbero aumentare la nostra comprensione di queste esplosioni e dei loro effetti a lungo termine (dopo decenni o secoli) sull’ambiente”.https://www.wired.it/scienza/lab/2019/05/15/dove-finita-hiroshima-resti-citta/
Le spiagge giapponesi nella penisola di Motoujina sono colme di minuscole perle di vetro che racchiudono i resti fusi di Hiroshima, distrutta il 6 agosto 1945 dalla bomba nucleare “Little Boy”. L’ordigno, in grado di sprigionare un’energia di 16 chilotoni, fu sganciato dall’equipaggio americano dell’Enola Gay sul centro della città alle 8:15 del mattino. In pochissimi istanti persero la vita circa 70mila persone, mentre altre 200mila morirono in seguito per gli effetti delle radiazioni. Il 70 percento della città venne letteralmente spazzato via, scagliato nel cielo e fuso dalla devastante reazione atomica. Il metallo, il cemento, la gomma e gli altri materiali di edifici e infrastrutture si mescolarono fra loro nel turbine rovente, e ricaddero a terra col fallout nucleare, sotto forma di piccole perle vitree. Sono la “fotografia” di uno dei più atroci atti perpetrati dall’umanità.
IMPORTANTE!: Il materiale presente in questo sito (ove non ci siano avvisi particolari) può essere copiato e redistribuito, purché venga citata la fonte. NoGeoingegneria non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale ripubblicato.Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.