“E’ innegabile che tutto lo sforzo propagandistico sia incentrato sul frammentare il pensiero delle persone e confondendo le idee il più possibile. Ed ecco che arriva la coercizione del caffè al bar. Forse il più abituale dei gesti della nostra Italia. Penso che ci sia qualcosa di estremamente malvagio nell’aver deciso di puntare tantissimo su questo punto, con la finalità di disabituare le persone a certi gesti della quotidianità che danno delle certezze. Certezze alle quali ci si abitua e ci si aggrappa. Sono dei pattern mentali che devono essere abbattuti.”

UMANI NON FATE SCHIFO

L’omo-logazione e il caffè

ANDREA CECCHI

In questi giorni riflettevo sulle modalità di gestione attuate riguardo a bar e ristoranti. Una delle cose apparentemente più sciocche è l’accanimento riguardante la modalità con cui si debba prendere il caffè. Perché , dopo aver ordinato il caffè al banco del bar, bisogna berlo fuori? Non è possibile rispondere a questa domanda con un criterio logico se non quello di andare a cercare le vere ragioni che potrebbero essere di natura psicologica.

Parlando ieri al telefono con un mio amico scrittore di Edimburgo John Wight, che conobbi a Los Angeles nel 1991, abbiamo riflettuto molto su quanto stia accadendo. Le conclusioni che abbiamo tratto, confrontandoci su schemi che sono ripetuti nello stesso modo in tutto il mondo, sono del tutto concordi nel affermare che il piano di riprogrammazione mentale affidato ai media sia quello di dividere le persone sotto qualsiasi tipo di linea possibile: razza, identità, “gender”,censo, dualismo politico, età anagrafica, sesso, religione, tifoserie, vaccino si e vaccino no, eccetera. Una specie di mantra: “umani, litigate e dividetevi. Noi metteremo zizzania in qualche modo e voi ci cascherete. Tutte le volte”!

Questo è ultra evidente. Quindi è innegabile che tutto lo sforzo propagandistico sia incentrato sul frammentare il pensiero delle persone e confondendo le idee il più possibile. Ed ecco che arriva la coercizione del caffè al bar. Forse il più abituale dei gesti della nostra Italia. Penso che ci sia qualcosa di estremamente malvagio nell’aver deciso di puntare tantissimo su questo punto, con la finalità di disabituare le persone a certi gesti della quotidianità che danno delle certezze. Certezze alle quali ci si abitua e ci si aggrappa. Sono dei pattern mentali che devono essere abbattuti. La certezza di un gesto quotidiano, piacevole, e con una radicata valenza sociale: “prendiamo un caffè insieme”, “ti offro un caffè”, “hai il caffè pagato”! Prendere un caffè ha un significato profondo. Distruggere queste radicate certezze, contribuisce a spezzare l’anima delle persone, togliendogli ogni punto d’appoggio. Le abitudini, i cosiddetti “usi e costumi” sono importantissimi elementi della cultura di un popolo. Anche la mascherina è una diabolica trovata. Abituarsi alla non identità rinunciando al volto. Il perfetto sinonimo di “mutismo e rassegnazione, come si dice in gergo militare, dove non a caso si indossa l’uniforme, per essere “uniformi”. La mascherina ci costringe a essere senza faccia e quindi emotivamente ed esteticamente ininfluenti e irrilevanti. Il piano di dominio psicologico pare proprio essere incentrato sul meccanismo di omologazione delle masse che si attua con:

1. La privazione dell’identità tramite la mascherina.

2. Con l’eterna paura dell’uno verso l’altro tramite la divisione e il conflitto su ogni tipo di linea possibile e immaginabile.

3. Con la distruzione delle certezze eliminando ciò che poteva dare un senso di sicurezza e di appartenenza.

4. Con la paura diffusa 24/7 – 365 giorni all’anno.

5. Il costante ribaltamento del significato di tutto. Non è difficile capire cosa si nasconda dietro l’inversione: il simbolo capovolto.

6. Il progressivo distacco dall’utilizzo dei soldi contanti che una volta dematerializzati faranno più dolcemente accettare il non averne più.

7. Le persone ormai diffidenti del prossimo, distaccate dalla famiglia e senza amici, potranno contare solo sullo Stato, che avrà il controllo totale e il potere dispotico di vita e di morte.

L’omologazione serve principalmente al potere perché una massa informe di unità diffidenti e tra di sé non più assimilabili è molto più facile da gestire.  Stiamo notando il lavoro sul campo necessario alla creazione di una massa culturalmente omogenea che viene progressivamente scollegata dei propri gesti abitudinari. Il caffè al banco è un’abitudine tipicamente italiana. Dalle altre parti, si prende il caffè “alla Starbucks”: bicchiere di carta con coperchio di plastica, rigorosamente da asporto.

Ho scelto di usare il caffè come esempio, ma ci sono moltissime altre abitudini che stanno progressivamente sparendo: darsi la mano, un bacino, abbracciarsi, andare al mare liberamente, uscire di casa quando si vuole, giocare insieme, pagare con i soldi e mille altre.

Lo scopo finale, dopo l’annientamento dell’identità, della dignità, del contatto con gli altri e di tutte le certezze è quello di aver creato proprio una massa omogenea, informe e inerme di sudditi-bestiame il cui numero è così più facilmente gestibile dall’intelligenza artificiale che regolerà tutto. Una volta omologato il bestiame, sarà compito degli algoritmi affidati ai super computer calcolare con estrema esattezza il perimetro di spostamento lineare del bestiame, il suo fabbisogno alimentare, energetico e farmacologico, e intervenire prontamente nel caso di anomalie, sopprimendo con cura gli elementi non conformi agli standard desiderati. Un mondo in cui la produzione e lo sfruttamento delle risorse del pianeta deve seguire una programmazione centralizzata, eliminando ogni spreco e ogni possibilità di errore. Un po’ come avviene nella produzione delle borse di alta moda, dove la griffe fornisce al pellettiere l’esatto quantitativo di pelle per cucire un numero prestabilito di borse, così che non possa sfuggire neanche un ritaglio di pellame al planning commerciale industriale.

Tutta questa progressiva privazione della libertà sarà imposta con sempre più terrorismo sanitario, sventolando la bandiera ecologica che ricorderà a tutti, in ogni momento, che la vita umana è sinonimo di infezione sia reciproca che per l’ambiente.

La pianificazione economica, tolte le variabili di un’umanità variegata, sarà quindi molto più semplice da affidare alle programmazioni dell’intelligenza artificiale. Sono calcoli di convenienza. Le nostre passionalità danno fastidio ai computer gestionali che ancora non le hanno capite.

Ebbene, se questo è il piano, a me non piace. A me non piace un’umanità omologata, A me piacciono le differenze. Le razze umane sono bellissime, così come le lingue, i dialetti (cosa sarebbe il mondo senza la canzone napoletana?), le usanze e le capacità individuali che ci distinguono l’uno dall’altro. L’umanità ha raggiunto adesso dei livelli eccezionali di perfezione in tantissimi campi. Basta guardare i video degli sport estremi. Gente che fa capriole con le motociclette, che si tuffa da altezze vertiginose, atleti audaci che si lanciano dalle montagne con gli sci compiendo salti incredibili. Alessia Zecchini, che è scesa in apnea a 112 metri.  L’ingegno umano ha creato cose inimmaginabili, e continua a sfornare opere d’arte, di ingegneria, di architettura di una bellezza e di un genio incalcolabile.

E allora lo dico forte: UMANI NON FATE SCHIFO!

Non facciamo schifo, non facciamocelo dire e non facciamoci mai convincere di questo! La nostra vita ha valore! Non facciamoci privare delle nostre abitudini. Bisogna resistere e mantenere in alto il nostro valore e le nostre differenze iniziando proprio dai gesti quotidiani, come se fossero dei rituali per lottare contro l’omologazione di un sistema che ci vuole tutti uguali come oggetti e non come soggetti. Resistere all’invasione degli ultracorpi? Forse basta un caffè!

FONTE https://andreacecchi.substack.com/p/umani-non-fate-schifo

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