A Monchique stanno attivamente combattendo contro la proposta di esplorazione di petrolio e gas onshore e offshore nella regione dell’Algarve, compresa la lotta al rischio di fracking nell’area di Monchique. E adesso brucia la zona , naturalmente casualmente.
Le foreste dell’Algarve in fiamme
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Si chiama Algarve, ed è la regione piu a sud del Portogallo. Ci sono qui spiagge e villaggi di pescatori dipinti di bianco, ci sono scogliere, ci sono ville, ci sono pescatori, ci sono surfisti. E’ una delle zone piu’ belle del turismo di Portogallo.
Ed è anche una delle ultime mire dell’ENI. Partiamo dall’inizio. Le ditte che vogliono qui trivellare sono la benefattrice dell’umanita’ ENI e la sua collega portoghese GALP.
Hanno firmato degli accordi per l’assegnazione delle concessioni circa dieci anni fa. A quel tempo, nel 2007, le concessioni furono date dal governo di Lisbona alla Petrogal, una sussidiaria della GALP.
Nel 2014 arriva l’ENI, che firma un accordo con la Petrogal/GALP per sfruttare il giacimento sulla terraferma il parco naturale detto Costa Vicentina.
Finalmente, nel Marzo del 2016 il consorzio ENI e GALP annunciano il loro intento di trivellare, con tutti i dettagli del caso, il mare offshore nei pressi della località Aljezur. Nel concreto si trattava di un pozzo esplorativo in acque profonde, e dunque di più difficile accesso, a 80 chilometri dalla città di Sines.
L’obiettivo era di trivellare i mari atlantici di Algarve entro Maggio 2018, cioè … cioè adesso, (ndr articolo di maggio – aggiornato a luglio) con un investimento del costo di 100 milioni di dollari. La nave di appoggio dovrebbe essere la SAIPEM 12000.
A suo tempo, il portavoce dell’ENI, tale Franco Conticini, disse che le trivelle esplorative sarebbero durate per 45 giorni durante i quali recuperare campioni di petrolio da analizzare. Se il petrolio fosse stato buono e commercializzabile, sarebbe potuto arrivare il pozzo vero.
O i pozzi veri, perché i di estrazione potrebbero essere molteplici, senza considerare anche i pozzi di re-iniezione, dove appunto seppellire tutto il materiale di scarto ad alta pressione.
Sono poi subentrati ritardi, come spesso accade nel petrol-mondo, dove non si possono prevedere sempre andamento dei prezzi, venti politici ed altri accadimenti geo-politici-economici mondiali, e le trivelle non sono ancora veramente arrivate questo Maggio.
Non ancora.
L’area come detto sopra è meta di pellegrinaggi di surfisti e di amanti del mare, nonché di pescatori.
Ma le cose non sono cosi lineari.
A dicembre 2017 al consorzio ENI- GULP era stato richiesto di presentare uno studio di impatto ambientale, ma l’ENI mise in discussione tale necessità, come anche la garanzia di 20 milioni di euro, per la precisione 20,375,500 euro, e una speciale polizza assicurativa, in caso le cose andassero storto.
Ohhh, nooo. Giammai.
Le cose non vanno mai storte, no? Mai a nessuno, e men che meno all’ ENI!
Perché presentare studi, assicurazioni, garanzie?
Ovviamente le associazioni ambientaliste del Portogallo gia’ in subbuglio, lo sono state ancora di piu’. Hanno raccolto 42,000 firme contro le trivelle ENI, e sono arrivati veti e divieti da varie località di Algarve.
Ma niente, il governo centrale non ci sente e le concessioni sono ancora li.
E non solo le concessioni sono ancora li, all’ENI e alla GULP sono state concesse pure delle estensioni per Lavagante, Santola e Gamba, a causa di “esigenze legali ed amministrative” e di “pubblico interesse” come ha detto il segretario dell’energia del Portogallo, Jorge Seguro Sanches.
Perché c’è il pubblico interesse? Non si sa, ma forse è bene ricordare che il governo di Portogallo ha tirato su 76 milioni di euro con le concessioni petrolifere dell’Algarve nel corso di questi 10 anni e che quindi è bene tenersi buoni i trivellatori. Alla fine, l’oceano non parla e non paga, i petrolieri si.
La vicenda e’ del tutto simile a quelle italiche: con l’ENI che fa comunella con i politici, i ministri dell’energia, dell’ambiente, del mare, con la GALP e con varie agenzie governative, che rassicura sul tuttapposto, e che in fine dei conti si prende gioco della democrazia.
Esempio? Come racconta il gruppo ASMAA, associazione di attivisti contro i mostri ENI, c’e’ stata una fase di consultazione pubblica gestita dall’ENI e durata per un mese e mezzo, dal 5 Marzo al 16 Aprile 2018, e che e’ stata definita una “farsa” dall’ASMAA. Mmh.
Mi ricorda tanto le nostre consultazioni pubbliche, se e quando si siano mai fatte! Dove si parla, parla, si promette, si rassicura ma poi alla fine ENI e compari fanno quel che vogliono e ignorano le richieste di buonsenso dei residenti e degli amanti di mare e natura.
La cosa interessante è che in Portogallo come in Italia del resto, i politici fanno proclami a destra e a manca contro i cambiamenti climatici, ma poi quando si tratta di trivelle e di agire e di fermarle, non ci vedono e non ci sentono.
Il profumo dei soldi che rende profumate anche le trivelle, eh?
E infatti anche qui il primo ministro António Costa nel 2016 annuncio’ alla conferenza del clima a Marrakesh che il Portogallo sarebbe diventato carbon neutral entro il 2050. E poi due anni dopo …. estendono le concessioni petrolifere. Un controsenso no?
All’ENI non posso che ribadire tutto il mio schifo verso di loro, schifo che non è diminuito di un milligrammo in questi dieci anni del mio avere a che fare con loro. Ho voglia di dirlo a tutto il mondo in Portogallo e a chiunque voglia sentire e leggere, che non sono che una ditta di morte, di bugie, di scarsa trasparenza, di persone piccole piccole di vedute, di responsabilità, di amore, e che dovrebbero solo vergognarsi.
Come vorrei avere il potere di fermarli.
Un tribunale della citta’ di Loule, del distretto Faro di Portogallo
ha accolto le richieste degli attivisti del gruppo PALP(Plataforma Algarve Livre de Petróleo) ed ha concesso un fermo momentaneo alle trivelle finche’ non vengono risolte questioni legate alla valutazione di impatto ambientale. L’ENI dice che non serve. Volevano trivellare alla fine del 2018.
Vediamo come va a finire…
Maria Rita d’Orsogna
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