Di Maurizio Blondet
Nei giorni della colossale Conferenza sul Clima che si apre a Parigi, prova generale di governo globale della finanza – sotto specie di allarmismo climatico – esce il volume IL CLIMATISMO: UNA NUOVA IDEOLOGIA di Mario Giaccio, per le edizioni 21 Secolo. Una lettura necessaria per contrastare l’alluvione di falsificazioni che ci verranno ammannite a palate sui media. Ne dò qui la prefazione di Umberto Crescenti (Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. d’Annunzio Chieti-Pescara).
La Francia è stata ufficialmente nominata paese ospitante della ventunesima Conferenza Parigi 2015 sul Clima (COP21); questa si terrà al Bourget dal 30 novembre all’11 dicembre 2015. In quanto paese che presiede la COP, dovrà facilitare il dialogo tra tutte le parti partecipanti al negoziato, al fine di stabilire un clima di fiducia reciproca, di far convergere i diversi punti di vista e di permettere l’adozione di un accordo all’unanimità.
In primo luogo si cercherà un accordo ambizioso e vincolante per la sfida del cambiamento climatico, che si applicherebbe a tutti i paesi. Infatti è dato per scontato che è in atto un cambiamento climatico dovuto per la massima parte alle attività umane e che per evitare pericolose interferenze delle attività umane sul clima, un aumento accettabile della temperatura media superficiale del pianeta non deve superare i due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Prima si interviene, minori saranno i costi. Il 2015 rappresenta il termine ultimo per raggiungere un nuovo accordo globale legalmente vincolante che possa subentrare alla piattaforma di Kyoto dal 2020.
Una componente fondamentale sarà anche il finanziamento della lotta al cambiamento climatico; una tappa è stata raggiunta con la prima capitalizzazione del Fondo verde con una somma di 9,3 miliardi dollari, di cui quasi un miliardo proveniente dalla Francia.
Nel programma si ritrovano le tradizionali indicazioni: la messa a punto di un accordo internazionale entro il 2015, dotato di una efficacia giuridica costrittiva, che contenga impegni e obiettivi per le parti a partire dal 2020; ciò in accordo con la limitazione progressiva delle sovranità nazionali per aprire la strada al governo mondiale. Si ritrova l’urgenza degli accordi e dei provvedimenti da prendere. Si dice che un aumento accettabile della temperatura media superficiale del pianeta non deve superare i due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Se si fa un confronto con il Periodo Caldo Medioevale, in cui le temperature erano di circa 2-3 gradi superiori a quelle attuali, si propone, in pratica, che il riscaldamento debba essere limitato tanto che la temperatura risulti inferiore a quella già verificatasi nel Medioevo (e in molte epoche precedenti) quando non sono avvenute tutte le catastrofi che puntualmente ci vengono preannunciate.
Storicamente si può dire che nel 1980, l’IPCC (Intergovernmental Panel On Climate Change), gestito da un piccolo gruppo di sostenitori del riscaldamento globale, forzando alcuni elementi di prova, ha fatto credere che l’umanità deve affrontare una catastrofe dovuta ad un riscaldamento globale causato dalle emissioni antropiche di anidride carbonica. Tutto questo promette di essere il più costoso errore scientifico della storia. È stato inoltre propagandato il mito che la teoria del riscaldamento globale sia supportata dal consenso quasi unanime dei climatologi.
Ma le variazioni climatiche, insieme alle conoscenze che si hanno sulla storia del clima, mostrano che i fattori fisici che influenzano il clima sono molteplici e complessi. Quelli di origine naturale sono conosciuti e legati a cause astronomiche come per esempio l’attività del Sole con la variazione delle macchie solari, le irregolarità dell’orbita terrestre che producono effetti ciclici e ripetitivi nel corso di migliaia di anni o di decine o di centinaia di migliaia di anni, ed inoltre al fatto stesso che la Terra gira su se stessa ed ha un mare, un’atmosfera ed una copertura nuvolosa e quindi il clima deve necessariamente variare. Tutti aspetti noti qualitativamente ma difficili da correlare quantitativamente.
Le cause di origine antropica vengono ricondotte quasi esclusivamente alle emissioni di anidride carbonica conseguente l’utilizzo dei combustibili fossili, ma questa rappresenta soltanto il 5% dell’anidride carbonica presente in atmosfera (ed è una frazione irrilevante in rapporto a quella sciolta negli oceani ed a quella presente nei sedimenti sotto forma di carbonati o di bicarbonati).
L’enorme quantità di fattori rende difficile qualunque proiezione futura. Di fronte a questi fatti e ad osservazioni e misure non sempre affidabili ed omogenee vengono proposti scenari e proiezioni, che non sono previsioni, sulla base di modelli e di simulazioni al computer. Ma è noto che ogni modello ha caratteristiche proprie che dipendono dai parametri che vengono usati nel modello e dal peso relativo che a ciascuno di essi viene dato. Se un modello viene proposto, ad esempio, in una discussione scientifica, in contrapposizione ad altri in una “gara” di “bravura” dei modelli, è una cosa encomiabile, ma se da un modello deterministico si vogliono far scaturire politiche mondiali che vogliono condizionare pesantemente la vita dell’umanità, allora si scantona in un processo politico, o in scelte politiche, che non dovrebbero essere ammantate da una pretesa di scientificità.
Oltre all’ipocrisia della veste scientifica, la politica che è scaturita dal protocollo di Kyoto ha prodotto dei riflessi economici notevolissimi, sia incidendo fortemente sulle produzioni industriali, sia dando vita a degli strumenti finanziari che si sono aggiunti alla miriade di strumenti finanziari già presenti sullo scenario mondiale, dando adito a speculazioni e a truffe. Vi sono stati dei vantaggi economici notevoli anche per tutti i soggetti che hanno partecipato ai mercati che, direttamente o indirettamente, ruotano intorno alle emissioni di anidride carbonica: banche, compra-vendita di titoli di credito di carbonio, produzioni cosiddette sostenibili, energie rinnovabili, ecc..
Richard Lindzen, che è considerato attualmente il maggior fisico dell’atmosfera ed è stato proclamato “climate scientist” nel 2007 ha dichiarato: “Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stupore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è caduto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di modelli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze, è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era preindustriale”.
Il libro di Mario Giaccio, oltre a documentare la non validità delle tesi dei catastrofisti, ha il pregio di approfondire con assoluto rigore scientifico (non politico) il mercato delle quote di anidride carbonica, la carbon tax in particolare, documentando gli affari che si nascondono dietro le scelte derivate dal Protocollo di Kyoto. Sono in merito di assoluta importanza i capitoli 4 e 5.
L’autore approfondisce inoltre le analogie, davvero impressionanti, dell’ideologia che fu del “Club di Roma” del 1972 con quella dell’odierno IPCC. Quello che si può dire dell’uno è facilmente trasferibile all’altro. L’aspetto generalissimo è che vi sono, in ambedue i casi, dei modelli matematici finalizzati a mettere a punto una visione catastrofica del futuro, ma nello stesso tempo capaci di proporre le modifiche che dovrebbero permettere all’umanità di sfuggire ai pericoli che la minacciano.
Racchiudere in un solo parametro (l’anidride carbonica emessa dalle attività umane) tutte le possibilità di condanna o di salvezza dell’umanità, sembra un antropocentrismo spropositato, sembra che tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in grado di far variare questo stato idilliaco del pianeta. Guardando obbiettivamente alla politica di Kyoto si ha l’impressione che essa non sia stata proposta per ridurre le immissioni di anidride carbonica, ma che sia una facciata di comodo dietro cui si nasconda il conseguimento di qualche altra finalità.
Con il pretesto della “sostenibilità”, ogni aspetto della nostra vita sarà regolato e controllato da esponenti della finanza e tecnocrati. Il protocollo di Kyoto propone la creazione di mostri burocratici nazionali e sovranazionali, che dovrebbero razionare le emissioni e di conseguenza l’attività economica mondiale, con restrizioni obbligatorie e sanzioni, in modo tale che il destino dei paesi, delle industrie, delle aziende e, infine, delle persone di tutto il mondo, dipenderà da loro. Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussidiario.
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Dalla quarta di copertina:
Non vi sono dati che provino una correlazione statisticamente significativa fra l’aumento della produzione di anidride carbonica di origine antropica (meno del 5% di quella naturalmente presente nell’atmosfera) e il riscaldamento globale. L’aumento di temperatura, stimato in 0,8 °C negli ultimi 170 anni, è probabilmente legato all’attuale fase geologica di deglaciazione e quindi è di origine naturale. Se si esaminano le procedure con le quali vengono prodotti i report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), si comprende facilmente che tali report non sono documenti scientifici ma “istruzioni politiche”. Una delle conseguenze dell’applicazione del protocollo di Kyoto, basato su una non provata responsabilità umana, è stata la creazione di un mercato finanziario (quello legato ai certificati dei crediti di carbonio) che ha assunto tutte le forme tipiche di detto mercato ed ha fornito agli speculatori ed ai truffatori un aggiuntivo strumento di speculazione e di truffa. Le analogie fra l’attuale sistema dell’IPCC e quello che fu il Club di Roma del 1971 sono impressionanti. Hanno in comune, fra l’altro, l’attribuzione all’uomo di una catastrofe incombente ma non ineluttabile, in quanto l’uomo è ancora in tempo per riprendere il controllo del suo destino modificando i suoi comportamenti. Hanno in comune l’idea che tutta la Terra sia un organismo stazionario e soltanto l’uomo sia in grado di far mutare questo stato idilliaco del pianeta. Probabilmente il climatismo è uno strumento per effettuare prove generali per un governo globale, ovviamente monocratico e non sussidiario.
L’Autore
Mario Giaccio è Professore Ordinario di “Tecnologia e innovazione” e di “Tecnologia ed economia delle fonti di energia” nel Dipartimento di Scienze dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha insegnato nelle Università di Bari, Modena, Bologna, Ancona e Milano Bicocca. È stato Preside della Facoltà di Economia di Pescara per nove anni e Preside della Facoltà di Scienze Manageriali per cinque anni. Ha diretto la rivista scientifica Journal of Commodity Science, Technology and Quality, con comitato scientifico e referee internazionali. È responsabile scientifico del Research Centre for Evaluation and Socio-Economic Development, membro dell’United Nation Academic Impact. Ha pubblicato oltre 100 lavori scientifici su riviste sia italiane che internazionali. FONTE
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