Immagine: Eliofanografo – strumento utilizzato in meteorologia per misurare la durata dell’illuminazione solare (soleggiamento reale)
Articolo di NoGeoingegneria
In Italia non ci saranno più meteorologi. Insieme a Stefano Tibaldi (*), docente universitario che va in pensione,sta scomparendo la meteorologia dalle nostre università. Suona come un’assurdità e sembra impossibile, ma un disinteresse totale per la formazione accademica di meteorologi caratterizza l’Italia. Un gap con gli standard europei, come lo è la mancanza di un Servizio Nazionale Civile. Potrebbe trarre in inganno la presenza dei numerosi siti meteo. L’anomalia italiana è accompagnata da una presenza divulgativa massiccia in rete che sembra voler compensare il vuoto altrove, ma secondo Tibaldi si tratta di un genere di informazione che si presta ad essere strumento a favore di audience e pubblicità (denaro).I titoli sono molte volte scandalistici, l’informazione è confezionata da addetti ai lavori privi di una reale qualifica in materia. C’è da osservare una tendenza a battezzare gli eventi atmosferici con neologismi a effetto senza rispondenza con la terminologia scientifica.
Stefano Tibaldi
https://www.youtube.com/watch?v=zHndlNOi0j0
Stefano Tibaldi chiede: “…perché all’attuale governo, ma anche a tutti quelli che si sono succeduti da (almeno) quarant’anni a questa parte e quindi alla politica in generale, la meteorologia, assieme a tutte le discipline sorelle che ruotano attorno alla difesa del suolo (idrologia, idrografia, geologia), non interessa e non ha mai interessato? La lista delle catastrofi …dovrebbe suggerire l’atteggiamento opposto. Questa è un’area nella quale per ogni euro investito se ne possono risparmiare almeno dieci, o forse più, in interventi post-emergenza. E allora perché?” (1).
Questo è un interrogativo reale, non retorico riprende Tibaldi in un’intervista e aggiunge: “non ho una risposta a questa domanda…la Protezione Civile potrebbe non essere gradita alla Difesa, che potrebbe temere di dover cedere una parte della propria sovranità sul servizio meteorologico dell’aeronautica militare, che dovrebbe necessariamente essere uno dei pilastri del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito. Non lo so, ipotizzo, tiro a indovinare” (2).
L’ipotesi di Tibaldi ha buone probabilità di essere azzeccata.
I servizi METEO in ITALIA sono di competenza militare. Il sito del Ministero della Difesa riassume le sue funzioni: …gli impegni del Servizio Meteo dell’Aeronautica Militare nel Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine, C.E.P.M.M.T. e in altre organizzazioni europee di cooperazione in meteorologia. Si sono consolidati, infine, i compiti a favore della comunità civile, in particolare nel settore della protezione civile e della salvaguardia delle vite umane in mare e in altri campi importanti della vita del Paese, quali la ricerca, l’informazione, l’ambiente, i trasporti, l’agricoltura e lo sfruttamento dell’energia. FONTE
Chi vuole avviare una carriera di meteorologo nel nostro Paese deve entrare nell’Aeronautica. Chi invece non ha intenzione di indossare la divisa, e vuol fare il meteorologo, può tentare l’ingresso nel mondo della meteorologia professionale conseguendo una laurea in fisica, matematica, scienze ambientali, scienze nautiche o ingegneria.
Cenni storici
Nel 1930 il Servizio Meteorologico fu inserito nel Ministero della Guerra e nel 1931 fu trasferito nel nuovo complesso edilizio di Palazzo Aeronautica. Il personale già in attività era civile, ma quello neoassunto era arruolato mediante concorso per la carriera militare. Dopo varie vicissitudini, tra il 1934 ed il 1938, il Servizio assunse una connotazione unitaria nell’ambito della Regia Aeronautica e inserito nell’Ufficio Centrale Telecomunicazioni Assistenza al Volo. Fino alla fine del 1938 il personale facente parte del Servizio Meteorologico era completamente non militare; la legge n°900 del 19 maggio 1939 diede il via alla militarizzazione. I primi ad indossare l’uniforme furono i Geofisici e gli Assistenti civili che ne fecero espressamente richiesta….(3)
Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa
L’Italia ossessionata dal meteo perde anche l’ultimo meteorologo
«Caro Prefetto Gabrielli, il nostro Paese presenta una peculiarità che è l’assenza di università che rilasciano lauree triennali o magistrali in Meteorologia e/o Fisica dell’atmosfera. Questo è dovuto all’assenza di Dipartimenti specifici come avviene nella maggior parte dei Paesi». Comincia così la lettera inviata dagli esperti della Commissione Grandi Rischi al capo della Protezione Civile, che l’ha girata riservatamente al Ministro dell’Università Stefania Giannini, sollecitando un intervento.
Gli scienziati ricordano che recentemente hanno cessato di lavorare i tre professori universitari rimasti a occuparsi specificamente di meteorologia (su 250 del raggruppamento Fisica). Ora non ci sono più docenti ordinari, né ce ne saranno in futuro perché in Italia solo i professori ordinari di una materia possono crearne altri. Il circuito è chiuso, a meno di un deciso cambio di rotta politico, che Gabrielli invoca con gli scienziati.
Il paradosso
Nel Paese in cui il meteo è diventato argomento di conversazione di massa e proliferano siti internet, apps e programmi televisivi tematici, la meteorologia nelle università sta scomparendo. Non è solo una questione da senati accademici. Una moderna gestione del rischio idrogeologico, che serve a ridurre perdite umane e danni da frane e alluvioni, si fonda su una catena con tre anelli: meteorologia (previsioni atmosferiche); idrologia (previsioni degli effetti al suolo) e protezione civile (piani operativi sulla base delle prime due informazioni). In Italia, il terzo anello è ancora efficiente. Quanto al secondo, gli scienziati che l’hanno irrobustito stanno andando in pensione, ma lasciano allievi adeguati. L’emergenza riguarda il primo anello, senza il quale tutta la filiera funziona male.
Fuori tutti
Dopo Guido Visconti a L’Aquila e Antonio Speranza a Camerino, anche Stefano Tibaldi, l’ultimo meteorologo italiano di fama internazionale, è andato in pensione ieri. Ha lavorato al Centro europeo di ricerca meteo, ha insegnato all’università di Bologna, ha diretto l’Agenzia regionale emiliana, tra le più avanzate con quelle piemontese e veneta. «In Italia – racconta – la meteorologia è sempre stata cenerentola, ospite della fisica o della geofisica. Il motivo è semplice: sono gli utenti qualificati a chiedere all’università meteorologi qualificati, e qui l’utenza è di bassa qualità»
Anche lo Stato ha contribuito a «deprimere la meteorologia italiana». Negli altri Paesi europei, anche più piccoli, esiste un Servizio meteo nazionale. È un’istituzione che raccoglie, organizza e diffonde le informazioni, anche alle organizzazioni internazionali. Sono i dati di base su cui a diversi livelli di professionalità tutti – agenzie pubbliche, siti web, televisioni – costruiscono le previsioni.
In Italia un Servizio Nazionale non esiste. Previsto finalmente dal decreto Bassanini nel 1998, l’anno della tragedia di Sarno, a 17 anni di distanza non è ancora operativo. Ci si arrangia con l’Aeronautica Militare, che fa del suo meglio ma è nata per l’assistenza al volo e ha risorse scarse.
Il fallimento
L’approssimazione pubblica ha abituato male il mercato. Poi è arrivata la rivoluzione del web. I siti privati hanno stimolato il sistema. «Ma questa scossa non si è trasmessa all’università, che non ha speranza – sospira Tibaldi -. Se c’è spazio per una disciplina, in altri paesi il sistema accademico investe autonomamente prima di essere costretto a farlo; qui è governato dai professori in modo autoreferenziale, ogni disciplina bada a sé. L’accademia è sorda, cieca e muta».
Dunque per la meteorologia non c’è posto. «Le decisioni le prende il ministero, totalmente dominato dall’accademia attuale che pensa a sé. Ci pensi: i professori di fisica allo stato solido dovrebbero farsi carico di rinunciare a una parte delle proprie risorse per creare una cattedra di meteorologia. Improbabile, no?». L’utenza di bassa qualità dilaga, quella qualificata (grandi aziende agricole, industrie, piattaforme petrolifere, trasporti marittimi), si rivolge alle società di consulenza internazionali.
Tibaldi lascia con amarezza. «Dopo tredici anni in Inghilterra, ero tornato nel 1987 per fare qualcosa per la meteorologia italiana. A malapena sono riuscito a fare qualcosa per me stesso. Un fallimento totale».
Antonio Sanò (fondatore del sito ilmeteo.it) risponde alla seguente domanda:
Un sito privato come si procura ed utilizza le previsioni? (ndr articolo del 2012)
Fino a 2-3 anni fa usavamo i dati americani, che sono liberi e a disposizione di tutti ma hanno un grado di dettaglio piuttosto basso. Poichè la qualità delle previsioni dipende direttamente dalla qualità dei dati immessi nel modello, abbiamo deciso di acquistare una licenza d’uso dallo European center for medium range weather forecast (Ecmwf), il Centro europeo per le previsioni meteo a 7 giorni. Da loro, oggi, riceviamo dati ad altissima risoluzione sulle condizioni di temperatura, pressione, umidità e vento, al suolo e in quota, in tutto il pianeta. Quando abbiamo deciso di acquistare la licenza ci siamo rivolti all’Aeronautica Militare, che però ci ha chiesto un prezzo di sette volte più alto rispetto a quello applicato dall’Ecmwf; una cifra altissima che di certo all’epoca non ci saremmo potuti permettere. Poi abbiamo chiesto direttamente al Centro Europeo, che ci ha permesso di acquistare i dati alla fonte e al prezzo normale.
Cosa pensa del binomio italiano tra Aeronautica Militare e meteorologia?
Sono fortemente contrario:ritengo che limiti le possibilità di accesso alla professione e lo sviluppo di un comparto libero, limitando l’innovazione e la ricerca nel settore. FONTE
Il controllo del cielo ha conseguenze che vanno oltre i timori di Sanò. La militarizzazione dello spazio e del tempo permette il posizionamento e lo sviluppo di tecnologia bellica sotto copertura civile. Un aspetto fondamentale sta nell’intrinseco dual-use degli strumenti adoperati e dell’impossibilità di separare gli usi civili dagli usi militari. E non dimentichiamo che la manipolazione del tempo atmosferico è un’arma per eccellenza.
Chi controlla i controllori?
FONTI e APPROFONDIMENTI
(*) Prof. Stefano Tibaldi, docente all’Università di Bologna, meteorologo di fama internazionale con un’esperienza di 10 anni presso il dipartimento di Ricerca del Centro Meteorologico Europeo di Reading, direttore, sino a pochi giorni fa, dell’ARPA Emilia-Romagna.
(1) PROFESSIONE METEOROLOGO La certificazione della qualifica professionale e il valore della previsione
(3)http://www.meteoam.it/?q=node/56
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Interrogazione parlamentare sul Servizio Meteorologico Nazionale
Il 23 Aprile 2014 è stata depositata alla Camera dei deputati un’interrogazione parlamentare sull’iter legislativo del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito che, a quasi due anni dalla sua presunta attuazione stabilita con la legge 100 del Luglio 2012, non è ancora stato formalmente istituito. L’interrogazione è stata presentata dal deputato di SEL (Sinistra, Ecologia e Libertà) Giovanni Paglia, coadiuvato dal Forum Ambiente di SEL Bologna.
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