L’articolo del Dr. Peter Kalmus, scienziato dell’atmosfera presso il Jet Propulsion Laboratory, si rivolge a tutti, ma soprattutto a chi promuove misure contro il surriscaldamento del pianeta. Peter Kalmus ha smesso di viaggiare in aereo. Durante la lettura dell’articolo bisogna ricordare che il testo definitivo dell’accordo scaturito dalla Conferenza sul clima di Parigi COP21 esclude dalle misure di contenimento della CO2 (Ndr: IL CO2 E UN NECESSARIO CHIARIMENTO ) il trasporto marittimo e aereo, una misura in linea con enti ed istituzioni pubbliche che non tengono conto dell’inquinamento atmosferico causato dal traffico di aerei e navi civili e militari. Tutti a far finta di niente.
Ancora nel 1999 nel rapporto dell’IPPC leggiamo preoccupazioni sulle emissioni degli aerei. L’invito a spostare il traffico dall’aria ai binari è chiaro.
Da quell’anno cala un velo. Le emissioni in troposfera non risultano più un problema. Dal 2002 in poi gli aeroporti militari aprono al traffico civile e ospitano le compagnie dei voli a basso costo. Esplodono i voli low cost, aumenta il traffico in cielo, perché costa meno spostarsi con l’aereo che con i mezzi di terra. I cieli cambiano, mostrando sempre più intense velature artificiali.
Su questi nuovi fenomeni i meteorologi ci rassicurano con un vocabolario aggiornato.
Kalmus può sembrare una mente ingenua, un uomo che sogna. Invece è senza ombra di dubbio uno scienziato sincero e coerente, qualità piuttosto rara e non soltanto in ambito scientifico.
Kalmus in questo suo racconto traccia un cambiamento rivoluzionario per i nostri tempi e scopre lungo la strada una nuova qualità della vita, grazie alla decisione di non prendere più aerei per viaggiare.
Pubblicazioni e dati del Dr. Peter Kalmus qui: https://science.jpl.nasa.gov/people/Kalmus/kalmus_cv.pdf
Lo scienziato dell’atmosfera che non vola. Ecco perché.
Traduzione a cura di Marina Mazzoli per NoGeoingegneria
By Dr. Peter Kalmus
Sono uno scienziato del clima che non vola. Cerco di evitare di bruciare combustibili fossili, perché è chiaro che così facendo si provoca un danno reale agli esseri umani e non umani, nel presente e anche in futuro.
Non mi piace danneggiare gli altri, e così non volo. Nel 2010, però, ero sballottato da una dissonanza cognitiva. La mia consapevolezza del riscaldamento globale era giunta a un punto critico, ma non avevo ancora compiuto cambiamenti reali nella mia vita quotidiana. Questa disconnessione mi ha fatto sentire in preda al panico e impotente.
Una sera del 2011, raccolsi le mie bollette e feci qualche ricerca su Internet. Guardai la quantità di anidride carbonica emessa dalla combustione di un gallone di benzina e di un therm (circa 30,5 metri cubi) di gas naturale, ho trovato una stima per le emissioni prodotte dalla produzione di cibo per una tipica dieta americana e una stima riguardante la produzione di un kilowatt-ora di energia elettrica in California, e calcolai la media delle stime delle emissioni di CO2 per miglio di volo del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici e dell’Agenzia per la Protezione Ambientale. Con questi dati, ho fatto un essenziale grafico a torta delle mie personali emissioni di gas serra durante il 2010.
Il quadro che usciva è stato una sorpresa. Avevo pensato che l’elettricità e il guidare fossero stati le mie più grandi fonti di emissione. Invece, ho scoperto che le 50.000 miglia che avevo volato quell’anno (due voli internazionali e una mezza dozzina di voli domestici, situazione tipica per i ricercatori nel campo delle scienze che sono tenuti a partecipare a conferenze e riunioni) dominavano del tutto le mie emissioni.
Ora come ora, non c’è modo migliore per riscaldare il pianeta che volare in aereo.
Se voliamo in classe turistica da Los Angeles a Parigi e ritorno, abbiamo appena emesso tre tonnellate di CO2 in atmosfera, 10 volte quello che è l’emissione media del Kenya in un anno intero. Volare in prima classe raddoppia questi numeri.
Tuttavia, l’impatto totale degli aerei sul clima è probabilmente da due a tre volte superiore all’impatto delle sole emissioni di CO2. Questo perché gli aerei emettono monossidi di azoto nella troposfera superiore, formano scie e inseminano i cirri con aerosol provenienti dalla combustione del carburante. Questi tre effetti aumentano il riscaldamento a breve termine (si noti che i grafici, in questo articolo, escludono tali effetti).
Dato l’alto impatto sul clima, perché così tanti ambientalisti scelgono ancora di volare così tanto? Conosco attivisti del clima che volano centomila miglia all’anno. So di scienziati che volano altrettanto, ma “semplicemente non ci pensano.” Ho anche un’amica che ha bloggato sull’importanza di portare bottiglie di acqua riutilizzabili sui voli in modo da evitare le mini-bottiglie usa e getta di acqua che gli assistenti di volo distribuiscono. Anche se lei ha risparmiato circa 0,04 kg di CO2, rifiutando la bottiglia usa e getta, il suo volo verso l’Asia ha emesso più di 4.000 chilogrammi, pari a circa 100.000 bottiglie.
Ho il sospetto che la maggior parte delle persone semplicemente non conoscono l’enorme impatto del loro volare – ma ho anche il sospetto che molti di noi sono dipendenti da esso. Siamo giunti a considerare il volare come un diritto inalienabile, un vantaggio della vita del 21° secolo che diamo per scontato.
Le stime quantitative delle mie emissioni mi hanno guidato nell’impostare la risoluzione della dissonanza tra i miei principi e le mie azioni. Ho cominciato a cambiare la mia vita quotidiana. Ho cominciato a cambiare me stesso.
Il mio primo cambiamento è stato quello di iniziare ad andare in bicicletta. Ho iniziato facendo in bicicletta le sei miglia per andare al lavoro, che si è rivelato molto più divertente rispetto a guidare (e anche più veloce). Sembrava di volare. Quei pochi chili in più che avevo si sono dissolti. Statisticamente parlando, posso aspettarmi che andare in bici abbia aggiunto un anno alla mia vita, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari.
Altri spostamenti via dai combustibili fossili si rivelavano fonte di soddisfazione. Ho cominciato a coltivare il cibo, prima nel cortile di casa e poi davanti, e ho scoperto che il cibo cresciuto da me ha un sapore migliore di qualsiasi cosa che si può comprare. Ho iniziato il compostaggio, una pratica onesta e filosofica.
Ho provato il vegetarianismo e ho scoperto che lo preferisco al mangiare carne; ho più energia, e in qualche modo il cibo ha un sapore più buono. Ho cominciato ad allevare api e polli, piantare alberi da frutto, ho recuperato cibo scartato, riutilizzato le acque grigie e aiutato altri nella mia comunità a fare lo stesso.
Ho smesso di dare per scontato cibo, acqua, aria, carburante, elettricità, abbigliamento, la comunità e la biodiversità. Provo gratitudine in ogni momento e sono più consapevole di come i miei pensieri e le mie azioni in questo momento si collegano ad altri momenti e ad altri esseri. Ho cominciato a sperimentare che le cose di tutti i giorni sono dei miracoli: un avocado, una struttura di favi affollata di api, una conversazione con mio figlio.
Ora, mi sento più connesso con il mondo intorno a me, e vedo che i combustibili fossili in realtà contraddistinguevano il modo di realizzare quelle connessioni. Se volete prendere anche una sola idea da questo articolo, che sia questo: la vita senza combustibili fossili è divertente e soddisfacente, e questo è il motivo migliore per cambiare.
Ma nessuno di questi cambiamenti ha avuto l’impatto quantitativo del far smettere di volare. Nel 2013, le mie emissioni annuali erano scese ben al di sotto della media globale.
Ho sperimentato un sacco di pressione sociale riguardo al volare, e così mi ci sono voluti ben tre anni per uscirne. Non volare per le vacanze era relativamente facile. Io vivo in California, e mia moglie ed io amiamo viaggiare con lo zaino in spalla. Guidiamo usando come carburante l’olio vegetale di scarto, ma perfino le auto normali sono meglio di volare. Quattro persone su un aereo hanno da 10 a 20 volte più impatto climatico di quelle stesse persone che guidano una macchina lungo la stessa distanza, da 25 a 50 mpg.
Io e mia moglie abbiamo guidato per 2.000 miglia con olio vegetale, fino all’Illinois ogni anno, per andare a visitare i nostri genitori. Lungo la strada, dormiamo sotto le stelle nel deserto dello Utah. Si tratta di viaggi avventura, l’opposto della marcia veloce, ed ha approfondito il mio rapporto con i miei genitori. Dopo un tale viaggio, vedo con più facilità quanto sia prezioso il mio tempo con loro.
Non volare è una sfida continua, quanto il progredire nella mia carriera scientifica, ma sto scoprendo che posso crescere e fare un buon lavoro e partecipare alla maggior parte delle conferenze regionali e in teleconferenza. Non volare trattiene in una certa misura la mia carriera, ma accetto questo, e mi aspetto che il clima sociale cambi e che più scienziati smettano di volare.
Nel mondo di oggi, siamo ancora socialmente ricompensati per la combustione dei carburanti fossili. Equipariamo il volare di frequente con il successo; accumuliamo le nostre “miglia”. Questo è il rovescio della medaglia: bruciare combustibili fossili fa un danno reale alla biosfera, ai nostri figli, e per innumerevoli generazioni – e dovrebbe, pertanto, essere considerato socialmente inaccettabile.
In un futuro post-carbonio, è improbabile che ci saranno i viaggi aerei commerciali secondo la scala odierna. Il biocarburante è attualmente l’unico sostituto del petrolio adatto al volo commerciale. In pratica, questo significa olio vegetale di recupero, ma non ce n’è abbastanza per tutti. Nel 2010, il mondo ha prodotto 216 milioni di galloni di carburante per jet al giorno, ma solo circa la metà di olio vegetale, e molto di questo quantitativo è per l’alimentazione; c’è già una forte domanda per l’olio residuo dalle friggitrici. Questo suggerisce che, anche se dovessimo sperperare il nostro limitato biocarburante sugli aerei, solo gli ultra-ricchi sarebbero in grado di pagarli.
Invece, è probabile che vivremo più vicini ai nostri amici e alle persone care, e non saremo tenuti a viaggiare così lontano per lavoro. Mi sembra che siano entrambe buone cose.
Con la popolazione mondiale che si sta avvicinando agli 8 miliardi, la mia riduzione ovviamente non può risolvere il riscaldamento globale. Ma cambiando noi stessi in modi più che meramente incrementali, credo che contribuiremo ad aprire uno spazio sociale e politico per il cambiamento su vasta scala. Raccontiamo una storia nuova, cambiando il modo in cui viviamo.
Il Dr. Peter Kalmus è uno scienziato dell’atmosfera presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA e redattore (a titolo personale) per YES! Magazine. Questo articolo si basa su materiale tratto da un libro di prossima pubblicazione sulla nostra interconnessa e difficile situazione ecologica. E’ possibile leggere QUI un progetto di lavoro.
Questa storia è stata originariamente pubblicata da YES! Magazine, una pubblicazione senza scopo di lucro che supporta l’impegno attivo delle persone per risolvere le sfide sociali, politiche e ambientali di oggi. FONTE
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