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Nel 2018 ‘ l’ opzione geoingegneria’ potrebbe essere  sulla bocca di tutti … (vedi Video The Economist) 

Il pianeta nuovo, lectio magistralis con Oliver Morton

Come la tecnologia salverà il mondo

Oliver Morton al Festival della Scienza 2017 a Genova.

Genova –Macchine giganti che risucchiano l’anidride carbonica fuori dall’atmosfera e, ancora, particelle nella stratosfera che riflettono la luce del Sole: queste sono solo alcune delle tecnologie di geoingegneria, che offrono modi per raffreddare il Pianeta e ridurre l’impatto del riscaldamento globale. Se per certi versi sono fonte di speranza, per altri – forse per la maggior parte – queste tecnologie sono motivo di paura. I possibili effetti collaterali geofisici, le sfide politiche del loro utilizzo e le ripercussioni che potrebbero avere sulla nostra disponibilità a ridurre le emissioni di gas serra le fanno apparire un’opzione molto rischiosa.

Genova –Tuttavia, anche il cambiamento climatico prospetta rischi terribili e i tentativi attuali di ridurli con il taglio delle emissioni si stanno rivelando inadeguati. Qual è la scelta più giusta? Oliver Morton, autore del volume Il pianeta nuovo (The Planet Remade), illustrerà le questioni in gioco, inquadrandole nel loro contesto specifico, non solo in termini di tecnologia e politica ma anche di immaginazione. Sollevando la possibilità di interferire tecnologicamente con le attività del Pianeta nel suo complesso, le forze della geoingegneria ci impongono di guardare con occhi nuovi al rapporto tra l’uomo e la natura. Grazie all’arte, oltre che alla scienza, scopriremo come questo rapporto è cambiato e in che modo possa evolversi nel futuro prossimo, quando le azioni umane, deliberate e inconsapevoli, si avvicineranno ai poteri della natura.

FONTE http://www.mentelocale.it/genova/eventi/62636-il-pianeta-nuovo-lectio-magistralis-con-oliver-morton-festival-della-scienza-2017.htm

La geoingegneria come un’opzione complementare!

Hi-tech per salvare il pianeta

Chiudete gli occhi. Immaginate di camminare in un fitto bosco di alberi, altissimi, centenari. Ascoltate il fruscio dell’aria che muove leggermente le fronde più alte. Apriteli adesso: davanti a voi ci sono alberi che non sono alberi, piuttosto gigantesche racchette da tennis alte quanto pale eoliche. All’improvviso un boato: con lo sguardo all’insù, vedete solcare il cielo da navi spaziali che spargono solfati nella stratosfera. Nuvole cariche di pioggia si formano dal nulla. Il rumore del mare, in lontananza, vi attira: ma quello che vi trovate davanti a perdita d’occhio è una distesa verde di alghe che copre tutta la superficie. D’un tratto anche il sole sopra di voi si eclissa: un grosso scudo compare sopra la vostra testa, riflettendo la luce. Cala il buio. Presto, ciò che oggi ci sembra degno del miglior film di fantascienza, potrebbe essere realtà.
Attraverso l’ingegneria climatica, o geoingegneria, l’uomo sta cercando di studiare risposte adeguate per combattere il riscaldamento globale, e in particolare l’aumento della CO2.
Bruciando carbone, petrolio e metano, l’uomo ha aumentato di un terzo, in poco più di cento anni, la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera: ciò ha causato temperature medie più alte, lo scioglimento dei ghiacciai, brusche escursioni termiche tra estati torride ed inverni sempre più rigidi. Rischi accertati e potenzialmente catastrofici.

È qui che entra in campo l’ingegneria climatica con i suoi avvenieristici strumenti, pensati per assorbire e ridurre l’anidride carbonica nell’aria e negli oceani, o per diminuire la radiazione e il riscaldamento del sole sul nostro pianeta.

Come? Attraverso aerosol stellari a base di solfuri da spruzzare direttamente in cielo per replicare l’effetto climatico delle eruzioni vulcaniche. Foreste di alberi dalla forma di enormi racchette per imprigionare la CO2. Coperte termiche in grado di coprire estensioni di terreno grandi come deserti o ghiacciai, per bloccare il surriscaldamento schermando i raggi solari. Fertilizzanti a base di ferro da spargere nel mare così da aumentare la presenza di alghe che assorbono anidride carbonica e riducono l’acidità degli oceani.

L’ingegneria climatica può essere considerata come la terza e ultima strategia di emergenza per affrontare i cambiamenti climatici a livello globale. Soluzioni hi-tech che però non possono e non devono sostituirsi agli sforzi, ancora considerati prioritari dagli esperti di settore, di mitigazione e riduzione degli inquinanti. La geoingegneria come un’opzione complementare in sintesi, non come una strategia salvifica. Anche perché intervenire in modo così deliberato, diretto e su larga scala sul clima, è una questione che tocca aspetti molto vari tra loro: etici innanzitutto, ma anche politici ed economici. Un’ipotesi che, per adesso, spaventa molti e solleva dubbi sull’effettivo rapporto costi/benefici.

Articolo integrale http://www.valdichianaoggi.it/blogs/ambientiamoci-46/

Geoingegneria, manipolare il clima è una buona idea?

Gli obiettivi di Parigi non sono sufficienti. E così la scienza sperimenta tecnologie per abbassare la temperatura modificando l’atmosfera. Ma i rischi sono imprevedibili

Il clima sembra impazzito: ondate di calore e siccità in Europa e Oceania, cicloni tropicali in America, piogge torrenziali in Asia e in Africa. E tutto ciò incomincia a farci davvero paura. Intanto, l’inerzia – economica, politica e sociale – impedisce un adeguato abbattimento delle emissioni di gas serra che concorrono a determinare i cambiamenti climatici per evitarne ulteriori, più pericolosi impatti.

Purtroppo, neppure gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi nel 2015, benché testimonino uno sforzo globale che non ha precedenti, sono sufficienti per limitare le temperature globali a un livello di sicurezza nel prossimo futuro. Che fare? Per esempio, l’ultimo disaster movie hollywoodiano Geostorm, in uscita da noi a giorni, immagina di fronteggiare la catastrofe climatica con una potente tecnologia satellitare che controlla il clima.

Fantascienza, certo, e anche un po’ goffa. Però le sconfortanti prospettive sui futuri impatti climatici hanno destato nuovo interesse per qualcosa di simile alla fantascienza, la geoingegneria, cioè per tecniche di manipolazione di larga scala dei sistemi ambientali che hanno l’obiettivo di contenere gli impatti dei cambiamenti climatici. Una sorta di piano B, rifiutato dalla comunità scientifica fino a qualche anno fa perché ritenuto pericolosamente prometeico e sinistramente vicino alla infausta guerra meteorologica sperimentata dagli Stati Uniti in Vietnam…

FONTE http://www.pagina99.it/2017/11/02/geoingegneria-zolfo-atmosfera-clima-cambiamento-climatico/

EVIDENZE E INCONGRUENZE 

Scienziati di spicco nell’ambito geoingegneria  hanno elaborato i dettagli per questo tipo di operazioni di modificazione climatica, come David Keith o Alan  Robock. Robock aveva poi elencato 20 ragioni che spiegano perché non dovrebbe essere fatto. 

1. Danni ai climi regionali... può causare gravi siccità localizzate.
2. Danni all’ecosistema marino. L’acidificazione degli oceani
3. Riduzione dell’ozono
4. Danni al mondo vegetale
5. Piogge acide.
6. Formazione di cirri.
7. Cieli bianchi, tramonti rossi.
8. Meno sole per i pannelli
9. Inquinamento dall’industria geoingegneristica. Le migliaia di aerei o di cannoni navali utilizzati per spruzzare aerosol avrebbero un enorme impatto ambientale…

Gli effetti descritti da Robock sono già realtà. Non è fantascienza. 

 

 

 

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