Ogni giorno più di centomila aerei si alzano in volo inquinando i cieli e l’impatto inquinante contribuisce attivamente al cambiamento climatico. Un altro tassello di un sistema che “non tiene più”.
Di Antonella Litta
Il trasporto aereo è la forma di mobilità che più incide sul cambiamento climatico ed ha un impatto negativo sull’ambiente, gli ecosistemi e la salute umana.
Negli ultimi decenni, il traffico aereo ha registrato infatti una fase di crescita pressoché costante soprattutto per quanto riguarda il settore del trasporto merci e quello dei voli low cost, solitamente legato al turismo definito anche “ mordi e fuggi” determinando così un incremento importante del suo impatto negativo sull’ambiente, soprattutto in termini di inquinamento atmosferico ed acustico.
Ogni giorno più di centomila aerei si alzano in volo inquinando i cieli.
Purtroppo, il trasporto aereo, colpevolmente e raramente, viene incluso tra i settori nei quali intervenire per ridurre l’inquinamento atmosferico e contrastare il cambiamento climatico,come purtroppo si è finora registrato nelle varie conferenze internazionali sul clima.
Sarebbe giusto e necessario invece includere azioni e interventi di riduzione e razionalizzazione del trasporto aereo nei piani di miglioramento della qualità dell’aria soprattutto nelle grandi città dove invece è solo il traffico su gomma che viene di tanto in tanto bloccato a seconda dei livelli di particolato-PM (Particulate Matter) rilevati nell’aria.
Solo una minima parte della popolazione mondiale viaggia in aereo, mentre le drammatiche conseguenze del surriscaldamento climatico, derivanti anche dal trasporto aereo, ricadono sull’intera umanità in termini di desertificazione, alluvioni, cicloni, sconvolgimenti climatici così gravi che determinano distruzioni e carestie in aree sempre più estese del pianeta e incrementano il fenomeno forzato delle migrazioni soprattutto dal continente africano ed asiatico.
Secondo la tesi dei maggiori studiosi e delle più prestigiose istituzioni internazionali entro il 2050 si raggiungeranno tra i 200 e i 250 milioni di profughi per cause ambientali.
Il problema in cifre
Già nel 1999 gli scienziati dell’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change- Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) raccomandavano: “Disincentivare l’uso disinvolto del trasporto aereo con tasse o prelievi ambientali e con il commercio dei diritti di emissione”.
Nel rapporto dell’European Aviation Environmental- EAE del 2016 si legge che in Europa il numero di voli è aumentato del 80% tra il 1990 e il 2014, ed è prevista la crescita di un ulteriore 45% tra il 2014 e il 2035 nella sola Europa. A livello mondiale, la International Air Transport Association-IATA prevede per il 2035 il raddoppio del numero dei passeggeri, da quest’ultimo dato si può quindi ragionevolmente prevedere che a livello mondiale nel 2035, rispetto al 2014, raddoppieranno anche i quantitativi di emissioni di CO2 e di NOx che sono proporzionali al combustibile bruciato e quindi all’incremento del traffico aereo.
Eurocontrol, un’organizzazione cui partecipano attualmente 41 Stati europei, stima che nel 2025 il settore aereo arriverà a produrre a livello mondiale tra gli 1,2 e gli 1,4 miliardi di tonnellate di CO2 (per ogni tonnellata di carburante combusto si producono circa 3,16 tonnellate di CO2).
Tutto questo mentre una ricerca dell’università inglese Warwick Business School ha mostrato che tra il 2007 e il 2014 nessuna delle più note ed importanti compagnie aeree mondiali, tranne qualche raro caso, ha provveduto a mettere in atto interventi e strategie volte ridurre le proprie emissioni.
Le emissioni ad alta e bassa quota
Le emissioni di inquinanti da trasporto aereo sono in dipendenza del numero di movimenti aerei giornalieri, del tipo di motori, del peso degli aeromobili e del tragitto, e la loro dispersione è dipendente da una serie di variabili meteorologiche a cominciare dalla presenza dei venti, dalla loro forza e direzione.
Queste emissioni, costituite da gas e polveri (PM – Particulate Matter), alterano la concentrazione dei gas serra naturali, a cominciare dall’anidride carbonica (CO2), l’ozono (O3) e il metano (CH4).
Le emissioni prodotte dai motori degli aerei, alimentati con il cherosene (una miscela composta da diversi tipi di idrocarburi), sono generalmente simili per composizione a quelle generate dalla combustione di altri carburanti fossili (produzione di gas e particolato-Particular Matter) ma contribuiscono fortemente all’effetto serra perché sono rilasciate direttamente nell’atmosfera nella parte più alta della troposfera e in quella più bassa della stratosfera, e per questo risultano ancora più dannose per il clima.
Ad alta quota sebbene la combustione avvenga con maggiore efficienza c’è da evidenziare che vengono emessi vapore acqueo, UHC (Idrocarburi incombusti – Unburned HydroCarbons) e Particolato-PM in aree dove solitamente non arriva l’inquinamento prodotto a livello terrestre.
La presenza di particolato favorisce poi, in determinate condizioni atmosferiche, la formazione di scie di condensazione e l’aumento degli addensamenti di nubi contribuendo anche in questa maniera, al surriscaldamento climatico.
Questo particolato, considerate le dimensioni dell’ordine del micron e submicron (particolato fine e iperfine), staziona in alta quota per lunghi periodi insieme all’aerosol costituito dagli idrocarburi incombusti.
Contrariamente a quanto avviene per l’inquinamento liquido e solido (PM e UHC) prodotto a bassa quota, che è periodicamente dilavato dalla pioggia, quello d’alta quota è solo soggetto alla forza di gravità; conseguentemente c’è un accumulo di particolato, costituito prevalentemente da particelle carboniose, che oltre a favorire la formazione di cirri, influenza fortemente, anche in questa maniera il clima e favorisce il surriscaldamento climatico.
A bassa quota in genere la combustione avviene con minore efficienza e le percentuali delle emissioni di CO e UHC sono più elevate.
Danni alla vegetazione e agli ecosistemi
Il particolato-PM rilasciato delle emissioni aeree ha anche un’azione climalterante contribuendo al surriscaldamento climatico e provoca danno agli ecosistemi.
Il PM non è un singolo inquinante ma una miscela di inquinanti eterogenei differenti per origine, misura e composizione chimica. Gli effetti della deposizione di PM sulla vegetazione e sui terreni dipendono dalla sua composizione chimica e possono produrre effetti sia diretti che indiretti sull’ecosistema coinvolto. La risposta dell’ecosistema agli inquinanti è in funzione diretta del livello della sua sensibilità e capacità di sfruttare al meglio il cambiamento provocato dalla presenza del PM. Il PM con più grande impatto sull’ambiente è quello che contiene soprattutto nitrati e solfati poiché depositandosi sul suolo altera la disponibilità e quindi l’assunzione di nutrienti e di fatto crea una condizione di squilibrio dell’ecosistema e quindi della biodiversità che si ripercuote anche sulla catena alimentare (processi di eutrofizzazione). I danni sulla crescita delle piante sono prodotti dall’acidificazione di cui sono responsabili i biossidi di zolfo (SO2), chiamati anche anidridi solforose, che reagendo con l’acqua si trasformano in acido solforico dando luogo al fenomeno delle piogge acide (arresto della crescita e defogliazione della vegetazione) come anche l’ossido di azoto (NO) che trasformandosi in acido nitrico e’ corresponsabile delle piogge acide.
Altri danni sono dovuti alla deposizione diretta del PM su foglie, ramoscelli e tronchi delle piante e della vegetazione che formano un ostacolo al passaggio della luce, riducendo così la fotosintesi del sistema vegetale e aumentandone la suscettibilità ad agenti patogeni.
Esemplificativa del danno prodotto dagli inquinanti presenti nelle emissioni degli aerei a vegetazione e fauna è la vicenda che nel 2014 ha visto la condanna, dopo 15 anni e tre gradi di giudizio in Cassazione, del Ministero delle Infrastrutture che è stato condannato al pagamento di circa 8 milioni di euro per la devastazione ambientale provocata dal decollo degli aerei in una area di circa 400 ettari denominata la Brughiera del Dosso, prossima al sedime aeroportuale di Malpensa-Milano sulla rotta di decollo degli aerei dalle due piste (35R e 35L).
Gli studi scientifici sulla salute umana
La letteratura scientifica e gli studi sul cambiamento climatico, sull’impatto ambientale e sui danni alla salute derivanti dal trasporto aereo sono disponibili ormai da diversi decenni e, in larga misura, evidenziano per la salute umana una stretta sinergia tra gli effetti generati dall’inquinamento dell’aria e dall’inquinamento acustico.
Questi effetti, determinati dal trasporto aereo e da altre fonti di inquinamento, incrementano le malattie cardiovascolari, respiratorie, cronico-degenerative, immunologiche, metaboliche, neuroendocrine e neoplastiche e i disturbi neurocomportamentali. Si deve tener presente inoltre che l’inquinamento prodotto dal traffico aereo si va a sommare a quello prodotto da altre fonti di inquinamento, esponendo in particolare i bambini, gli adolescenti, le donne in gravidanza, e così l’embrione e il feto, al cosiddetto “effetto cocktail” che consiste nell’amplificazione e nella sinergia dell’azione patogena dei singoli inquinanti.
Questi elementi, anche a causa delle loro dimensioni microscopiche, superano con facilità tutte le barriere biologiche dell’organismo umano e interagiscono negativamente con l’epigenoma (il software del DNA), favorendo così tutte quelle malattie che stiamo osservando in grande aumento, nell’infanzia e nell’età adulta, in tutto il mondo e che potrebbero anche essere trasmesse alle future generazioni, attraverso alterazioni epigenomiche dei gameti.
È chiaro quindi che è assolutamente necessario ridurre l’esposizione a tutti gli inquinanti e quindi anche a quelli prodotti dal trasporto aereo.
Silenzio e rumore da trasporto aereo
Il trasporto aereo è un fattore rilevante anche di inquinamento acustico. Questa particolare forma di inquinamento, in sinergia anche con l’inquinamento dell’aria, è associata con sempre maggiori evidenze soprattutto a malattie cardiovascolari, respiratorie e disturbi della sfera psichica e cognitiva.
Gli studi scientifici rilevano anche, nelle comunità che vivono vicino agli aeroporti, disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione nei bambini, e una netta riduzione della qualità della vita per compromissione del riposo notturno a causa delle operazioni aeroportuali svolte anche durante la notte.
L’esperienza del silenzio interiore e di quello dei luoghi è una esperienza di grande importanza nella formazione culturale e spirituale di ogni persona oltre che il substrato per il loro benessere psico-fisico.
Per i credenti poi, di molte tradizioni spirituali, è anche il luogo nel quale Dio parla (“Il silenzio prepara ed accompagna l’incontro con Dio”, Papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì 15 novembre 2017).
Le nostre città, i nostri ambienti, i nostri modi di vita sono diventati invece sempre più rumorosi e fonte di continua distrazione.
Soprattutto nelle grandi città e in quelle vicine ad autostrade ed aeroporti, si vive immersi costantemente nel rumore e ancor prima di nascere.
Nel 2015, la review Health Effects of Noise Exposure in Children ( Curr Environ Health Rep. 2015 Jun;2(2):171-8.) sugli effetti sulla salute generati dell’esposizione al rumore nei bambini ha confermato quanto già riportato in precedenza e in linea con i risultati della letteratura internazionale ovvero una relazione tra l’esposizione al rumore e l’iperattività nei bambini e la correlazione, in altri, tra l’esposizione materno-fetale al rumore e il basso peso alla nascita e le nascite pretermine.
I bambini, i ragazzi che vivono e studiano nei pressi di aeroporti hanno disturbi dell’apprendimento e difficoltà di concentrazione, e questo rappresenta uno svantaggio difficilmente poi recuperabile per la loro formazione scolastica.
Nello studio Ranch “Exposure-Effect Relations between Aircraft and Road Traffic Noise Exposure at School and Reading Comprehension The RANCH (Road Traffic & Aircraft Noise & Children’s Cognition & Health) Project”, pubblicato nel 2006 sull’American Journal of Epimemiology, sono stati analizzati gli effetti del rumore prodotto dal traffico automobilistico e dal traffico aereo sullo sviluppo cognitivo dei bambini.
Oltre 2.800 bambini dai 9 ai 10 anni di età frequentanti 89 scuole situate in prossimità di tre importanti aeroporti europei (Schiphol in Olanda, Barajas in Spagna e Heathrow in Inghilterra) sono stati coinvolti nello studio.
I ricercatori hanno misurato i livelli di inquinamento acustico e li hanno rapportati ai risultati di una serie di test cognitivi sottoposti ai bambini. Analizzando i dati, si è rilevato che l’esposizione all’inquinamento acustico pregiudica la capacità di leggere correttamente. L’esposizione al rumore da traffico automobilistico non sembra avere un effetto altrettanto significativo sulla capacità di leggere ma è risultato dannoso nei confronti della memoria. Un’esposizione a livelli elevati di entrambi i tipi di inquinamento acustico è stata associata ad una peggiore qualità della vita per i bambini e ad un netto aumento dello stress.
Gli autori dello studio concludono il loro lavoro affermando che le scuole situate nei pressi di aeroporti non sono ambienti salutari ne’ adatti all’educazione e alla crescita dei bambini.
Ulteriori e successivi studi su questa particolare classe di età di popolazione confermano i risultati dello studio Ranch.
Dobbiamo poi ricordare che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che scuole ed asili siano costruiti lontano dagli aeroporti.
Il Parlamento europeo richiama costantemente i Paesi membri circa la necessità di ridurre l’inquinamento acustico per le popolazioni e di definire limiti di esposizione al rumore che siano gli stessi a livello comunitario.
Nel 2014 in Europa 140 organizzazioni di cittadini hanno firmato e sostenuto la petizione “ Taming aviation” al Parlamento europeo perché siano vietati i voli aerei notturni come misura minima a protezione della salute ( http://www.tamingaviation.eu/index.php?id=1&L=4).
Conclusioni
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità ogni anno sono circa 12,6 milioni le morti attribuibili all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e all’inquinamento del suolo, alle esposizioni chimiche, ai cambiamenti climatici e alle radiazioni ultraviolette.
Sempre secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità il 92% della popolazione nel mondo respira aria inquinata.
Il traffico aereo contribuisce in maniera sempre più veloce e rilevante all’inquinamento dell’aria e quindi al cambiamento climatico, ed è ascrivibile tra le più importanti fonti di inquinamento ambientale e danno alla salute.
Avere la consapevolezza che il traffico aereo rappresenta un fattore di rischio innegabile e un danno per la salute e l’ambiente, ci deve far assumere la responsabilità di studiarne e monitorarne costantemente gli effetti.
Se vogliamo contrastare realmente i cambiamenti climatici dobbiamo confrontarci quindi con forza e chiarezza con le Istituzioni preposte perché siano adottati il prima possibile programmi e politiche di controllo e riduzione anche di questo tipo di mobilità così fortemente inquinante.
Antonella Litta
Medico di medicina generale, specialista in Reumatologia. Referente nazionale e coordinatrice del gruppo di studio sul tema : “ Il traffico aereo come fattore d’inquinamento ambientale e danno alla salute” per l’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde
FONTE http://www.ilcambiamento.it/articoli/gli-aerei-ci-soffocheranno
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