La “terza bomba”

di ENZO PENNETTA

Il tabù dell’impiego di armi nucleari è svanito senza che ce ne accorgessimo. La tecnologia ha permesso di miniaturizzare le potenze e l’esplosione di una terza bomba, dopo quella di Hiroshima e Nagasaki, sarebbe molto diversa.

 Quando tra il 1944 e il 1945 nei laboratori di Los Alamos si lavorava alla prima bomba atomica il progetto Manhattan era coperto da un eccezionale livello di segretezza, la stessa ubicazione dei laboratori nel Nuovo Messico era stata studiata per permettere di sfuggire il più possibile ad occhi indiscreti. Al contrario l’impiego effettivo in Guerra con la scelta di obiettivi come Hiroshima e Nagasaki ebbe tragicamente la massima visibilità, il Giappone doveva sapere della nuova arma e delle sue reali potenzialità, ma certamente era importante che lo sapesse anche L’Unione Sovietica. Oggi dal punto di vista della ricerca le cose non sono cambiate molto, non è facile sapere quali siano gli attuali sviluppi delle tecnologie nucleari in campo bellico, un cambiamento drastico sembra esserci invece sulla pubblicizzazione degli impieghi di armi all’uranio sui campi di battaglia.

Oltre alla fabbricazione delle bombe all’epoca del progetto Manhattan si iniziarono da subito a studiare altri modi per impiegare le nuove tecnologie, ad esempio l’utilizzo di uranio come mezzo per “avvelenare” una parte di territorio era stato già ipotizzato in un memorandum del 30 ottobre 1943 di Conant, Compton, e Urey al Generale L. R. Groves, responsabile de programma nucleare USA, e declassificato nel giugno 1974:

Una disseminazione del territorio nemico con polvere di uranio è stata poi di fatto realizzata nel 1991 quando nel corso della prima guerra del golfo furono impiegati per la prima volta i proiettili all’uranio impoverito (U238) che per via delle sue caratteristiche possiede un’elevata capacità di perforare i mezzi corazzati. Un proiettile all’uranio impoverito da 30 mm ne contiene circa 300 grammi e poiché un aereo come l’A10 può esplodere raffiche di 50 colpi in mezzo secondo, può disseminare ad ogni raffica 15 Kg di uranio sul terreno. Per via delle pressioni elevatissime a cui i proiettili di uranio vengono sottoposti durante l’impatto, questo viene però liberato in un’esplosione della materia compressa che si vaporizza in una nube di particelle microscopiche che vanno a contaminare in modo diffuso e pervasivo l’ambiente in accordo a quanto descritto negli studi sugli effetti delle altissime pressioni dal Nobel per la fisica del 1946 Percy W. Bridgman. Un impiego massiccio di questo tipo di munizionamento si è avuto anche davanti alle coste italiane nel corso delle azioni sulla Libia dove nel 2011 tonnellate di polvere di uranio, potenzialmente trasportabile dal vento i luoghi molto lontani, sono state prodotte.

Nonostante le rassicurazioni che si tratti di uranio non radioattivo i rilevamenti sul campo e soprattutto gli effetti tra i reduci e tra la popolazione hanno dimostrato il contrario e le patologie di tipo canceroso sono aumentate in modo rilevante nelle zone interessate. Ma questo tipo di contaminazione potrebbe servire anche a nascondere la radioattività prodotta dall’impiego di altre armi come ad esempio piccole bombe “tattiche” della potenza di pochi kiloton.

La terza bomba” era il titolo di un servizio giornalistico di Rainews24 dell’ottobre 2008 nel quale i giornalista Maurizio Torrealta ha raccolto una serie di informazioni sia riguardo gli effetti della radioattività in zone di guerra dove è stato impiegato l’uranio impoverito, ma anche riguardo un presunto impiego di una testata di 5 kiloton nel corso proprio della prima guerra del golfo. Un servizio che vale la pena guardare per intero e che mostra, raro caso di giornalismo, anche immagini davvero crude riguardo gli effetti dell’uranio impoverito sulle popolazioni civili dell’Irak: 

https://www.youtube.com/watch?v=EfQpAfJ3LMU

L’informazione su questa presunta esplosione è giunta a Rainews24 da un veterano, Jim Brown, il quale ha denunciato che l’impiego di tale arma  sarebbe avvenuto il giorno 27 febbraio 1991 a Bassora, appena prima della resa dell’Irak, vicino al confine con l’Iran. Non avendo altre possibilità per verificare l’informazione Torrealta effettuò un’indagine sulla inevitabile onda sismica che un evento di questo tipo avrebbe dovuto lasciare nelle stazioni di rilevamento di vari paesi. La ricerca portò all’individuazione di un evento sismico del grado 4.2 della scala Richter nel giorno indicato, il 27 febbraio 1991 nella zona di Bassora. Se l’esplosione fosse stata quella di una delle più grandi bombe a disposizione dell’esercito USA si sarebbe registrato un grado 3.0, molto inferiore al 4.2 se si tiene conto del fatto che la scala Richter è logaritmica. Dal servizio di Rainews24:

Abbiamo trovato che l’unico evento sismico avvenuto durante i 43 giorni di Desert Storm è stato un evento di magnitudo : 4.2 scala Richther ed è stato registrato proprio nella zona descritta da Jim Brown tra la città di Basra e il confine con l’Iran . E’ catalogato con il numero 342793 è avvenuto il 27 di Febbraio del 1991 , proprio l’ultimo giorno del conflitto, alle ore 13:39. Il fenomeno è stato registrato da 9 centri sismici, 2 in Iran, 4 in Nepal , uno in Canada ,uno in Svezia ed uno in Norvegia , questi due ultimi hanno anche misurato l’intensità dell esplosione di circa Magnitudo 4,2. La sua profondità viene collocata nel primo livello superficiale che fa da 0 a 33 km,

Ulteriori informazioni possono essere fornite dall’analisi delle onde sismiche registrate dalle stazioni nei diversi Paesi ma data la vastità del lavoro chiediamo agli organismi internazionali che svolgono il monitoraggio antinucleare ed ai centri sismici nazionali coinvolti , di aiutarci nella raccolta di elementi certi e dirimenti per capire se sia trattato di una esplosione o di un terremoto.

Nonostante l’invito rivolto da Rainews24, a chiunque ne fosse in grado, di fornire ulteriori elementi di verifica su tale possibilità, e la segnalazione di una richiesta da parte del governo iraniano di chiarimenti, sembra che nessuno abbia più indagato su quella denuncia.

Adesso sembrerebbe che la storia si ripeta, ancora una volta secondo le dichiarazioni di un’associazione di veterani dell’esercito USA, sarebbe stato fatto uso di un’arma nucleare tattica, stavolta il teatro di guerra sarebbe lo Yemen dove l’aviazione Saudita è impegnata in una intensa operazione di contrasto nei confronti della fazione sciita protagonista della guerra civile in quel paese. Secondo quanto riferito da Veterans Today l’analisi del video dalla quale risulterebbe l’impiego di una bomba al neutrone proverrebbe da una fonte competente trattandosi di un ex ispettore IAEA, Jeffrey Smith, sul quale però non è possibile trovare molto.(*)

https://www.youtube.com/watch?t=12&v=x7UHl3CxP-A

I video disponibili mostrano certamente un’esplosione di grandi dimensioni che potrebbe però essere anche dovuta a super bombe convenzionali quali la BLU 82 e la MOAB, ma come spiega l’esperto di Veterans Today si tratta di armi non trasportabili dai mezzi a disposizione dell’aviazione saudita e, soprattutto, a differenza di queste nei video si verifica un fatto significativo, uno scintillamento sull’immagine catturata dagli obiettivi elettronici che, secondo l’esperto, sarebbe dovuto all’effetto prodotto dall’impatto dei neutroni sulla parte sensibile della fotocamera. Qui di seguito il filmato più nitido che è stato diffuso:

 Dalla dinamica della doppia esplosione si potrebbe trattare di un’arma “bunker buster ad azione combinata consistente in un esplosivo tradizionale che apre un tratto di strada nel terreno seguito subito dopo da una carica di tipo non convenzionale che andrebbe ad agire con maggiore efficacia su un punto già scavato per una profondità di diversi metri.

Un evento di questo tipo aprirebbe una serie di domande a cui sarebbe difficilissimo dare una risposta, a partire da quella sulla provenienza di una tecnologia avanzata e che certamente non sarebbe di provenienza saudita. E che l’Arabia Sudita stesse cercando di procacciarsi armi nucleari era già noto da un paio di anni, cosa testimoniata da un servizio della BBC.

In conclusione quello che si può affermare è che esattamente come ai tempi del progetto Manhattan che portò alla prima bomba testata nel deserto del New Mexico e poi meno di un mese dopo su Hiroshima, anche oggi la segretezza sull’argomento è massima e quindi le uniche possibili informazioni possono provenire dalle eventuali tracce lasciate dalle nuove armi sui campi di battaglia.

Ma i risultati sono sconfortanti, come dichiarato dall’ex ministro per le politiche comunitarie Gianni Mattioli che svolse il suo incarico nel 2000-2001, le direttive NATO non consentono questo tipo di indagine, come riferito nel servizio di Rainews 24:

E’ nel gennaio del 2001 che chiede di incontrarmi il Ministro della sanità iracheno Mubarak, nel corso dell’incontro Mubarak mi presenta gli elementi per una situazione davvero grave per zone che erano state bombardate con proiettili all uranio impoverito, la richiesta da parte del ministro Mubarak è che l’Italia collabori ad una ricerca epidemiologica per mettere in evidenza la dimensione della problematica, la individuazione delle zone ma anche possibilità in qualche modo di innescare salvaguardia.

Io venni a sapere che c’era una precisa obiezione, un vero e proprio divieto da parte dell’Amministrazione atlantica, del Patto Atlantico

Se neanche sugli effetti cancerogeni dell’uranio impoverito è consentita un’indagine epidemiologica, a maggiori ragione non è possibile aspettarsi indagini su aspetti ancor più sensibili da un punto di vista politico e militare. E allora non resta che affidarsi allo stesso appello che fece la redazione di Rainews24 in occasione dell’inchiesta sulla “terza bomba” di Bassora:

Invitiamo i nostri colleghi giornalisti di tutto il mondo e le organizzazioni internazionali preposte al monitoraggio dell’attività nucleare nel pianeta a collaborare nella verifica di queste notizie.”

Secondo video (aggiunto l’8 giugno)

FONTE  htttp://www.enzopennetta.it/2015/06/la-terza-bomba/

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