Nel tentativo di smaltire i rifiuti plastici, da diversi anni vengono condotti studi sulle larve di alcuni insetti che sono in grado di digerire la plastica grazie al loro microbioma intestinale unico, e il verme da farina, che ci viene presentato anche come pasto alternativo, è particolarmente promettente.
Nell’articolo pubblicato sulla rivista Microbial Genomics, un gruppo di scienziati dell’Università del Queensland, in Australia, ha presentato gli esiti di una serie di esperimenti riguardanti il polistirene, una tra le materie plastiche più resistenti alla degradazione, anche chiamato comunemente polistirolo. Protagonista della ricerca è la larva di un coleottero il cui nome scientifico è Zophobas morio, conosciuto in italiano con il nome comune di caimano (o kaimano) e appartenente alla famiglia Tenebrionidae. Le larve di questo insetto, note con il soprannome di “supervermi”, sono piuttosto simili nell’aspetto a quelle che è possibile trovare negli alimenti, ma di dimensioni molto più grandi (5-6 cm), e vengono commercializzate come mangimi per animali o anche come esche per la pesca.
Non è la prima volta che le ricerche indagano il possibile ruolo degli insetti nel contenimento del problema dei rifiuti plastici.
Studi precedenti avevano mostrato la capacità delle larve di caimano di nutrirsi di materie plastiche, polistirolo compreso.
In tutto il mondo certi enzimi stanno sviluppando strategie di degradazione della plastica. Dopo i primi enzimi scoperti nel 2016 in una discarica giapponese, altri enzimi si sono aggiunti alla lista e hanno iniziato a contribuire attivamente ai processi di decomposizione e smaltimento della plastica. VEDI QUI
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Scoperto in Africa, un insetto che mangia la plastica
Le larve di un coleottero nativo dell’Africa riescono a digerire il polistirene. Saranno le tarme della farina a liberare l’Africa dalla plastica?
Tra i tanti tentativi di combattere la proliferazione della plastica c’è anche, ormai da qualche anno, la ricerca di alleati nel mondo animale. Ora dall’Africa arriva una buona notizia: come raccontato in uno studio pubblicato su Scientific Reports, le larve di un coleottero nativo del continente (ma diffuso ormai in tutto il mondo) sono in grado di degradare e digerire il polistirene, uno dei tipi di plastica più diffusa, usato per esempio nel packaging del cibo.
Loro mangiano la plastica, noi mangiamo loro. (ndr: già non si sa fino a che punto ci fanno bene queste larve, nutirl di polisterolo saranno digeribili per noi ). Le larve in questione appartengono al genere Alphitobius e alla famiglia dei Tenebrionidi, che comprende coleotteri noti comunemente come tarme della farina e che nel 2023 sono stati inclusi dall’Unione Europea nella lista degli insetti approvati per il consumo umano. Nutrite a plastica, hanno dimostrato di riuscire a digerirne circa il 50%; la loro efficienza è migliorata quando al polistirene sono stati aggiunti pezzi di crusca o grano. ( ndr: speriamo di non dover mangiare i vermi che si sono nutriti di polisterolo, anche se non sarebbe sorprendente che ciò avvenisse)
L’esercito degli insetti mangiaplastica. Responsabili della digestione sono i batteri che vivono negli intestini del coleottero: il progetto prevede ora di identificarli con precisione, così da poter “arricchire” il sistema digerente di Alphitobius creando delle larve in grado di processare e digerire grosse quantità di plastica.
Il fatto che questo genere sia nativo dell’Africa è una buona notizia: il continente il secondo al mondo per inquinamento da plastica, nonostante contribuisca solo per il 5% alla sua produzione. (ndr molte domanda da farsi – L’Africa sommersa dalla plastica ) Nel tentativo di liberare l’Africa dalla plastica, quindi, una mano (o una zampa) potrebbe arrivare da un coleottero locale. Più in generale, i tenebrionidi sono una delle soluzioni più interessanti per la lotta all‘inquinamento da plastica: diffusi in tutto il mondo, comprendono altre specie che hanno le stesse capacità digerenti, come dimostrato da diversi studi condotti negli ultimi anni. ARTICOLO INTEGRALE
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UN NUOVO STUDIO SULLE MICROPLASTICHE NELL’ATMOSFERA E IL LORO IMPATTO SUL TEMPO E SUL CLIMA
È tempo di creare una forma di plastica che non danneggi l’ambiente, e questo sembra essere possibile.
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