Secondo gli scienziati della Iowa State University la minaccia di impatto di un asteroide potrebbe essere mitigata usando una bomba nucleare, anche con un preavviso di una settimana oppure meno. Gli studiosi hanno presentato la loro ipotesi durante il meeting 2014 Nasa Innovative Advanced Concepts (NIAC)
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Salviamo la Terra dall’asteroide. La missione “Aida” parte nel 2022
Dalla fantascienza apocalittica alla realtà della pianificazione scientifica e della politica internazionale: la minaccia degli asteroidi si avvia a diventare un’eventualità concreta da gestire attraverso piani, commissioni e riunioni governative. Arrivando a comprendere anche le esercitazioni tra la popolazione. Un po’ come si fa per terremoti, alluvioni e altre calamità naturali. Tutto meno «romantico» degli scenari immaginati da Hollywood, ma più efficiente e – di certo – più realistico.
Il pericolo è stato sottolineato mettendo in piedi una complessa simulazione di ciò che avverrebbe dopo l’ipotetica scoperta, oggi, di un asteroide di 400 metri destinato a colpire la Terra nel 2022. Opzioni e contromisure sono state discusse passo passo, con i partecipanti nel ruolo non solo di scienziati e tecnici, ma anche di politici e rappresentati della pubblica opinione. Ciò che è emerso è che non ci saranno solo intrepide missioni spaziali, ma si dovrà creare una robusta organizzazione, ancora tutta da inventare, per valutare le minacce e gli interventi. «Prevedendo un’interazione continua tra i servizi di protezione civile dei vari Paesi – ha spiegato William Aylor della Aerospace corporation e co-presidente della conferenza -. E comprendendo esercitazioni a livello politico e di popolazione».
Tutte le decisioni dovranno infatti essere prese a livello sovranazionale, visto che gli asteroidi non andranno tanto per il sottile con le frontiere. «Due gruppi sono nati da poco su raccomandazione dell’Onu – ha sottolineato Lindley Johnson, capo del programma “Neo” della Nasa -: il Network internazionale per l’allarme asteroidi («Iawn») e il Gruppo di pianificazione missioni spaziali («SmPag»). Diverse nazioni hanno già aderito e altre lo stanno per fare». Così gli aspetti politici e legislativi potrebbero finire per pesare anche più delle stesse sfide scientifico-tecnologiche. A cominciare dal possibile uso di testate nucleari.
Se installare o far esplodere ordigni nucleari in orbita o su altri corpi celesti è vietato dal Trattato Onu sullo spazio esterno e da quelli per il controllo degli armamenti, secondo Hannes Mayer dell’Istituto di diritto pubblico dell’Università di Graz, in Austria, gli accordi, in realtà, non impedirebbero questa opzione. «Una testata per contrastare un asteroide non sarebbe necessariamente “installata” nello spazio – ha spiegato -. E non sarebbe neanche un test, ma un impegno operativo». Insomma, la scappatoia legale c’è.
D’altra parte, proprio le bombe atomiche sono tornate «di moda», dopo alcuni anni in cui venivano snobbate in favore di tecniche più «dolci», come inviare una sonda-proiettile per modificare la traiettoria dell’asteroide o usarne una più grande, capace di attirare gravitazionalmente il corpo celeste quanto basta per deviarlo. «L’opzione dell’impattore – ha commentato David Dearborn del Lawrence Livermore National Laboratory, negli Usa – è realistica, ma diventa difficile per asteroidi più grandi di 300 metri o per corpi più piccoli che venissero scoperti con un anticipo inferiore a 10 anni dall’arrivo sulla Terra. In quei casi gli effetti non sarebbero sufficienti. Ed è qui che entra in scena la scelta nucleare».
Per ora, comunque, sarà uno scenario non nucleare quello a essere sperimentato dalla missione Esa-Nasa «Aida» («Asteroid impact&deflection assessment»), analizzata durante la conferenza e che avrà per obiettivo l’asteroide Didymos, o meglio il suo satellite di 170 metri. Nel 2022 avverrà il lancio della sonda europea «Aim», che raggiungerà l’asteroide per compiere una serie di osservazioni. Poi arriverà l’americana «Dart», l’impattore, che lo colpirà alla velocità di 6 km al secondo. Sarà così possibile analizzare le modificazioni della traiettoria dell’asteroide in modo da realizzare un modello utile per il futuro.
Intanto, a Frascati, l’esercitazione ha avuto successo solo a metà: una serie di impattori è stata scagliata contro l’asteroide di 400 metri e, secondo la simulazione, il risultato è stato di spaccarlo in due: se la parte più grande ha mancato la Terra, quella più piccola, di 80 metri, ha continuato a puntarci addosso. «C’è stato il tentativo estremo di usare un ordigno nucleare – ha raccontato Dearborn -. Ma, a causa della scarsità di tempo per prepararlo, non ha funzionato e l’asteroide ha colpito una zona densamente popolata: la simulazione dimostra come i Paesi con capacità nucleare dovrebbero considerare il problema adesso. Finché abbiamo tempo».
È uno degli aspetti della quarta Conferenza di difesa planetaria («Pdc»), organizzata dall’Accademia internazionale di astronautica. Per cinque giorni gli esperti mondiali del settore si sono riuniti all’Esrin di Frascati – il centro dell’Agenzia spaziale europea per l’osservazione della Terra – con l’obiettivo di affrontare una questione che due anni fa è uscita di colpo dalla teoria, entrando nella drammatica realtà delle 1491 persone ferite dall’onda d’urto del meteorite esploso sui cieli di Chelyabinsk, in Russia.
Il pericolo è stato sottolineato mettendo in piedi una complessa simulazione di ciò che avverrebbe dopo l’ipotetica scoperta, oggi, di un asteroide di 400 metri destinato a colpire la Terra nel 2022. Opzioni e contromisure sono state discusse passo passo, con i partecipanti nel ruolo non solo di scienziati e tecnici, ma anche di politici e rappresentati della pubblica opinione. Ciò che è emerso è che non ci saranno solo intrepide missioni spaziali, ma si dovrà creare una robusta organizzazione, ancora tutta da inventare, per valutare le minacce e gli interventi. «Prevedendo un’interazione continua tra i servizi di protezione civile dei vari Paesi – ha spiegato William Aylor della Aerospace corporation e co-presidente della conferenza -. E comprendendo esercitazioni a livello politico e di popolazione».
Tutte le decisioni dovranno infatti essere prese a livello sovranazionale, visto che gli asteroidi non andranno tanto per il sottile con le frontiere. «Due gruppi sono nati da poco su raccomandazione dell’Onu – ha sottolineato Lindley Johnson, capo del programma “Neo” della Nasa -: il Network internazionale per l’allarme asteroidi («Iawn») e il Gruppo di pianificazione missioni spaziali («SmPag»). Diverse nazioni hanno già aderito e altre lo stanno per fare». Così gli aspetti politici e legislativi potrebbero finire per pesare anche più delle stesse sfide scientifico-tecnologiche. A cominciare dal possibile uso di testate nucleari.
Se installare o far esplodere ordigni nucleari in orbita o su altri corpi celesti è vietato dal Trattato Onu sullo spazio esterno e da quelli per il controllo degli armamenti, secondo Hannes Mayer dell’Istituto di diritto pubblico dell’Università di Graz, in Austria, gli accordi, in realtà, non impedirebbero questa opzione. «Una testata per contrastare un asteroide non sarebbe necessariamente “installata” nello spazio – ha spiegato -. E non sarebbe neanche un test, ma un impegno operativo». Insomma, la scappatoia legale c’è.
D’altra parte, proprio le bombe atomiche sono tornate «di moda», dopo alcuni anni in cui venivano snobbate in favore di tecniche più «dolci», come inviare una sonda-proiettile per modificare la traiettoria dell’asteroide o usarne una più grande, capace di attirare gravitazionalmente il corpo celeste quanto basta per deviarlo. «L’opzione dell’impattore – ha commentato David Dearborn del Lawrence Livermore National Laboratory, negli Usa – è realistica, ma diventa difficile per asteroidi più grandi di 300 metri o per corpi più piccoli che venissero scoperti con un anticipo inferiore a 10 anni dall’arrivo sulla Terra. In quei casi gli effetti non sarebbero sufficienti. Ed è qui che entra in scena la scelta nucleare».
Per ora, comunque, sarà uno scenario non nucleare quello a essere sperimentato dalla missione Esa-Nasa «Aida» («Asteroid impact&deflection assessment»), analizzata durante la conferenza e che avrà per obiettivo l’asteroide Didymos, o meglio il suo satellite di 170 metri. Nel 2022 avverrà il lancio della sonda europea «Aim», che raggiungerà l’asteroide per compiere una serie di osservazioni. Poi arriverà l’americana «Dart», l’impattore, che lo colpirà alla velocità di 6 km al secondo. Sarà così possibile analizzare le modificazioni della traiettoria dell’asteroide in modo da realizzare un modello utile per il futuro.
Intanto, a Frascati, l’esercitazione ha avuto successo solo a metà: una serie di impattori è stata scagliata contro l’asteroide di 400 metri e, secondo la simulazione, il risultato è stato di spaccarlo in due: se la parte più grande ha mancato la Terra, quella più piccola, di 80 metri, ha continuato a puntarci addosso. «C’è stato il tentativo estremo di usare un ordigno nucleare – ha raccontato Dearborn -. Ma, a causa della scarsità di tempo per prepararlo, non ha funzionato e l’asteroide ha colpito una zona densamente popolata: la simulazione dimostra come i Paesi con capacità nucleare dovrebbero considerare il problema adesso. Finché abbiamo tempo». FONTE http://www.lastampa.it/2015/05/06/scienza/tuttoscienze/salviamo-la-terra-dallasteroide-la-missione-aida-parte-nel-3DB6kGFiHi1h1XCJXWFhNI/pagina.html
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