Così il meteo è un’arma

Di Umberto Rapetto

Molti i progetti che vedono l’ambiente come alleato o anche come bersaglio

1958: Project Argus. 1962: Project Starfish. 1968: SPS, ovvero Solar Power Satellite Project.1975: il razzo Saturn e il suo buco nella ionosfera. L’elenco potrebbe continuare sino ai nostri giorni in uno stillicidio di spaventosi disegni dell’uomo a caccia dell’ambiente come alleato o bersaglio, della meteorologia a guisa di arsenale, del clima quale ingrediente strategico di ogni futuro campo di battaglia.

Estate del 1961, il 21 agosto a voler esser precisi: la gente dell’isola Hispaniola nei Carabi vede una nuvola bianca espandersi all’infinito, formare cerchi concentrici e dissolversi inspiegabilmente. È il panico e molti pensano alla fine del mondo: è solo l’effetto del progetto “Storm-fury” mirato a contrastare gli uragani mediante l’immissione nell’aria di ioduro d’argento.

Una simile “inseminazione” in prossimità di un tornado ne modifica la traiettoria. Improvvisamente paesi mai fino ad allora colpiti da micidiali tifoni diventano bersaglio abituale degli “hurricane”: Panama, Nicaragua, Honduras, Costa Rica…

Gli scienziati della guerra la chiamano “weather warfare”. Dalle nostre parti c’è chi – come Andrea Aparo, tecnologo con un passato di fisico sperimentale e di ricercatore al Mit – precisa che alla parola guerra si può abbinare l’aggettivo “meteorologica” e non “climatica” e ricorda i perenni sforzi a utilizzare i processi naturali per danneggiare il nemico.

Poco distante – nel tempo e nello spazio – c’è l’utilizzazione di composti chimici a scopi meteorologici nei cieli della ex-Jugoslavia. I professori Stefanovic e Purenovic dell’Università di Nis fanno puntuali riferimenti partendo dai fatti avvenuti nella località di Tuzla nel 1994 per arrivare alla drammatica serata del 5 aprile 1999 a Nis in cui “le nuvole cominciarono a contorcersi e sparirono dopo poco”. È la storia delle bombe illuminanti, utilizzate per agevolare i raid aerei e capaci di esplodere a oltre 2.500 metri di quota, rilasciare calore di oltre 3.000 gradi centigradi, modificare la stratificazione dell’atmosfera, creare forti venti, far salire le nuvole cariche d’acqua fino ad altezze dove la temperatura di decine di gradi sottozero trasforma la potenziale pioggia in ciclopica grandine…

Oleg Kalugin, alto funzionario del Kgb, nel 1994 racconta a un quotidiano londinese che l’ex Unione Sovietica stava approfondendo la possibilità di realizzare ordigni geofisici in grado di provocare terremoti e onde anomale oceaniche allo scopo di devastare il territorio statunitense. Mitologia di una Guerra fredda che non vuole esser dimenticata? Leggende metropolitane da abbinarsi a quelle dei mangiatori di bambini? E allora che dire delle attività sismiche anomale – rilevate addirittura in Iran – al verificarsi delle esplosioni sperimentali nei test nucleari sotterranei sovietici nel poligono di Semipalatinsk in Kazakhistan?

Nell’agosto 1996 alla Scuola di Guerra Aerea statunitense è stato presentato il libro bianco “Owning the weather in 2025”, ovvero essere padroni del clima entro il 2025.

Il documento parla di applicazioni militari riguardanti modifiche del tempo che creano “fenomeni atmosferici di piccola e media scala” che migliorano la posizione tattica delle proprie truppe degradando quella dell’avversario, innesco di violenti temporali inseminando le nubi per via aerea, generazione/dissipazione di nebbia con tecniche di energia diretta…

Undici anni dopo, a diciotto dal traguardo dell’US Air Force, potrebbe essere interessante conoscere quel che nel frattempo è stato combinato…

Umberto Rapetto

FONTE

Leggendo la bibliografia di Umberto_Rapetto si scopre, che ha tenuto corsi alla Scuola di Guerra di Civitavecchia, all’Accademia Militare Americana di West Point, al Pentagono, al Quartier Generale Regionale delle Forze Alleate del Sud Europa della NATO a Napoli, al Centro Studi Europei della Gendarmerie Nazionale di Strasburgo, ad incontri ristretti di alto livello ancora al Pentagono. Rapetto vanta un curriculum di tutto rispetto: proviene dalla Accademia Militare della Nunziatella. Umberto Rapetto è anche giornalista nonché docente universitario di “Tecniche di investigazione digitale”.

Il primo  tentativo di guerra meteorologica, scrive l’Osservatorio Meteorologico dell’ Università di Napoli Federico II, fu messo in opera dagli americani, nella seconda guerra mondiale, durante il bombardamento delle città tedesche di Amburgo e Dresda: in seguito agli incendi provocati dalle bombe al fosforo, le intense correnti ascendenti di aria rovente determinarono un fortissimo  richiamo di venti dalle zone circostanti che raggiunsero la velocità di 200 km/h causando effetti rovinosi.  Durante il conflitto  vietnamita, gli americani con  il progetto “Popeye” tentarono con  oltre 2500 missioni aeree di inseminare le nubi con ioduro d’argento al fine di incrementare le piogge nelle zone dove passavano i rifornimenti ai vietcong.

Secondo Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologica di Zurigo, la guerra meteorologica potrebbe articolarsi con scenari di volta in volta differenti:

  • deflagrazioni nella stratosfera di ordigni contenente biossido di carbonio e metano in grado di produrre una coltre di particelle finissime  che riesce  ad oscurare il Sole e ad indurre la morte per congelamento del nemico a terra;  
  • impieghi di armi laser indirizzate sul deserto per surriscaldare  l’aria e provocare devastanti tempeste di sabbia;
  • esplosioni di miscele speciali sotto la superficie del mare per  causare   un maremoto  con  onde alte trenta metri in grado di  annientare qualsiasi unità navale e  porti nemici, per centinaia di chilometri; armi a microonde per creare  un fittissimo pulviscolo e  una cortina  per  mettere  fuori uso le apparecchiature radar.

FONTE

VEDI ANCHE:

Dallo spazio riusciremo a controllare il clima sulla terra, provocare alluvioni e carestie”

LA NATO E LA GUERRA AMBIENTALE

UMBERTO RAPETTO IN WAROLOGY

 

 

 

 

 

 

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