La ruggine del grano continua a diffondersi, una minaccia per le coltivazioni del Pianeta

La ruggine del grano, una famiglia di malattie fungine che può causare fino a l 100% della perdita di raccolti di grano se le colture non sono trattate, continua ad avanzare in Europa, in Africa e in Asia, secondo due nuovi studi scientifici fatti in collaborazione con la FAO. I rapporti, evidenziati nella rivista Nature dopo essere stati pubblicati oggi dalla Aarhus University e dal Centro internazionale per il miglioramento del grano (International Maize and Wheat Improvement) (CIMMYT), mostrano l’emergere nel 2016, in varie regioni del mondo, di nuove varietà sia di ruggine gialla che di ruggine dello stelo.

La ruggine del grano si diffonde rapidamente su grandi distanze trasportata dal vento. Se non individuata e curata in tempo, può trasformare una coltivazione florida, anche a solo poche settimane dal raccolto, in un groviglio di foglie gialle, steli neri e chicchi striminziti.

I Paesi del Mediterraneo i più colpiti – In Sicilia, nel 2016, una nuova specie di ruggine dello stelo chiamata TTTTF – ha colpito diverse migliaia di ettari di grano duro, provocando la più grande epidemia di ruggine dello stelo che l’Europa abbia visto da decenni. L’esperienza con ceppi simili suggerisce che anche altre varietà di grano possono essere sensibili ai nuovi ceppi patogeni. TTTTF è la varietà di ruggine dello stelo più recentemente identificata. Senza un adeguato controllo, i ricercatori avvertono che potrebbe presto diffondersi su grandi distanze lungo il bacino del Mediterraneo e la costa adriatica.

L’Italia, il Marocco e quattro paesi scandinavi hanno visto la nascita di una varietà completamente nuova di ruggine gialla, a cui deve ancora essere dato un nome. Questo nuovo ceppo si è in particolare diffuso in Marocco e Sicilia, dove la ruggine gialla fino a poco tempo era considerata irrilevante. Analisi preliminari suggeriscono che questa nuova insorgenza è legata a una famiglia di ceppi aggressivi e più adattabili ad alte temperature rispetto a molti altri. Contemporaneamente, gli studi confermano la diffusione in nuovi paesi di ceppi di ruggine già esistenti e ben noti, e sottolineano la necessità di una diagnosi e di un’azione precoce per limitare danni maggiori alla produzione di grano, in particolare nei paesi del bacino del Mediterraneo.

Il grano è fonte di cibo e sussistenza per oltre un miliardo di persone nei paesi in via di sviluppo. L’ Africa settentrionale e orientale, in Vicino Oriente e l’ Asia occidentale, centrale e meridionale – tutte zone minacciate dalla ruggine – rappresentano circa il 37 per cento della produzione di grano mondiale. “Queste nuove, aggressive, varietà di ruggine sono emerse mentre stiamo lavorando con partner internazionali per aiutare i paesi a combattere quelle esistenti. Dobbiamo quindi essere rapidi e accurati nel modo in cui le affrontiamo”, ha dichiarato il Patologo delle piante della FAO, Fazil Dusunceli”. “Adesso è più importante che mai che specialisti delle istituzioni internazionali e dei paesi che producono grano lavorino assieme per fermare queste malattie – lavoro che implica sorveglianza continua, la condivisione dei dati e la costruzione di piani d’emergenza per proteggere i propri agricoltori e quelli dei paesi vicini”.

I fungicidi possono contribuire a limitare i danni, ma la diagnosi precoce e un intervento rapido sono cruciali, insieme a strategie di gestione integrate nel lungo periodo.

Nuove ceppi emergono, ma i vecchi continuano a diffondersi – Il già accertato ceppo chiamato Warrior – diagnosticato dagli scienziati in Nord Europa e in Turchia pochi anni fa, ha continuato a diffondersi nel 2016 ed è ora ampiamente presente in Europa e in Asia occidentale.

Mentre la varietà di ruggine dello stelo Digalu (TIFTTF) continua a devastare i raccolti in Etiopia, il più noto ceppo di ruggine dello stelo – il molto potente Ug99 -, è ora presente in 13 paesi. Essendosi diffuso dal nord dall’Africa orientale al Medio Oriente, esso ha il potenziale di influenzare molte varietà di grano coltivate in tutto il mondo, in quanto continua a produrre nuove varianti. Più di recente, è stato rilevato in Egitto, uno dei più importanti paesi produttori di frumento del Medio Oriente.

Decisiva la collaborazione internazionale – Questo impegno è parte del programma quadriennale della FAO contro la ruggine del grano, che agevola le collaborazioni a livello regionale e offre assistenza ai singoli paesi desiderosi di aumentare la propria capacità di sorveglianza. Aiuta anche i paesi a intervenire tempestivamente per controllare i focolai prima che si trasformino in epidemie e causino danni gravi alla sicurezza alimentare. Ma per continuare la ricerca, soprattutto nel produrre varietà resistenti e piani di risposta nazionali, occorrono risorse adeguate. FONTE 

Il fungo Ug99 è stato scoperto in Uganda nel 1999

ESTRATTO DALL’ ARTICOLO : JASON, GLI SCIENZIATI E IL PENTAGONO

… Alfredo Embid, il rispettabile medico spagnolo incaricato della redazione di Armi contro la guerra, a cui tutto il mondo deve tanto, e per cui non sembra esserci segreto che possa essere occultato nei sotterranei dell’intelligence anglosassone, nel dicembre 2008 pubblicò uno dei suoi bollettini sempre attesi. Si intitola “Il fungo assassino del grano favorisce le multinazionali degli OGM”. È particolarmente interessante dal punto di vista dell’esercizio della scienza messa al servizio della manipolazione genetica e della fame come meccanismo di controllo sociale delle zone marginali del pianeta. Vediamone un esempio.

Il fungo Ug99

L’allarme per la diffusione del fungo Ug99 viene usato da Monsanto e altre imprese dell’industria transgenica come argomento per raggiungere la cancellazione dell’attuale proibizione degli organismi geneticamente modificati e ottenere la diffusione di alcuni OGM brevettati, chiaramente resistenti al fungo Ug99.

Il fungo è conosciuto dal 1999 con questa denominazione, ed è stato isolato della scienza genetica per la sua particolarità di killer del grano e perché apparentemente non esiste un pesticida efficace. Secondo i comunicati della rivista britannica New Scientist, l’Ug99 si è già esteso dall’Africa al Pakistan.

I primi ceppi di Ug99 furono identificati nel 1999 in Uganda, da dove si propagò in Kenia nel 2001, in Etiopia nel 2003 e in Yemen nel 2007. Ora curiosamente è stato riscontrato in Iran, da dove attraverso il Pakistan può diffondersi in India e Cina. E non è meno curioso il fatto che il fungo sia stato localizzato proprio in Iran, il primo paese nella lista degli interventi militari americani e che secondo gli esperti si diriga verso la Cina, uno dei paesi nemici più a lungo termine, come dichiarano il progetto per il nuovo secolo americano, Project for the New American Century (PNAC), dell’Hudson Institute di Washington, e l’American Enterprise Institute for Public Policy Research [Si tratta di due think-tank neoconservatori n.d.r.].

Come sempre è necessario porsi la domanda chiave: chi ci guadagna con la diffusione del fungo?

Engdahl William e Norman Borlaug

Il giornalista indipendente, economista e storico William Engdahl fa notare che una delle conseguenze della diffusione dell’Ug99 è già evidente. Un aumento delle campagne delle multinazionali come Monsanto e altri grandi produttori di sementi geneticamente modificate per promuovere una maggiore introduzione di varietà di grano OGM, evidentemente resistente al Ug99. È noto che i biologi di Monsanto e altri laboratori genetici di tutto il mondo, il CIMMYT in Messico e l’ICARDA in Kenya, stanno lavorando per brevettare questi ceppi.

A capo di questi c’è Norman Borlaug, della fondazione Rockefeller, l’agronomo che conduce la Rivoluzione Verde. Ci lavora anche la USDA del servizio di ricerca agricola (ARS), la stessa agenzia che assieme a Monsanto creò la tecnologia criminale delle sementi Terminator. Ricordiamoci che negli anni ’50 la Fondazione Rockefeller dette il via alla Rivoluzione Verde, che oltretutto provocò una riduzione delle varietà di grano che potevano resistere a questo nuovo ceppo di funghi.

Nel 1946 Nelson Rockefeller ed Henry Wallace, il vecchio segretario all’agricoltura e fondatore dell’azienda Pioneer Hi-Breed Seed, stabilirono il fulcro della Rivoluzione Verde in Messico con il pretesto di metter fine alla fame. Secondo il dottor Alfredo Embid il vero obiettivo era lo sviluppo di un’industria agroalimentare globalizzata che dipendesse dall’industria petrolchimica e dagli investimenti finanziari, settori ben in mano ai Rockefeller. Questo permise la monopolizzazione dell’agricoltura da parte di sempre meno soggetti. Il risultato era prevedibile: la rivoluzione agronomica, che mentre aumentava il divario tra ricchi e poveri, lungi dal risolvere il problema della fame, contribuì ad estenderlo. L’aumento di fame e malnutrizione portarono naturalmente ad un aumento della mortalità.

Embid cita il libro I Semi Della Distruzione. William Engdahl, ricercatore associato del Centro di Ricerca sulla Globalizzazione del Canada, documenta diffusamente il documento di Borlaug, che ha ricevuto il premio Nobel, e la fondazione Rockefeller che appoggia i brevetti di semi per alimenti per ridurre la popolazione mondiale.

La notizia della diffusione del fungo porta benefici alle multinazionali statunitensi e alla loro strategia di espansione degli OGM. La conseguenza della effettiva propagazione del fungo sarà quella di generare ancora più fame, afferma Embil, e una riduzione della popolazione che da decine d’anni è l’obiettivo dei potenti.

Le devastazioni e la demoralizzazione causati da questa razzia e da quelle che sono ancora in fase sperimentale sono state accompagnate dall’espansione della truffa del credito speculativo. Questo deve produrre gli effetti perversi di cui le imprese transnazionali e il crimine organizzato, con le carte in regola per sopravvivere alla crisi, hanno bisogno per restare sulla scena.

Gaston Pardo. Giornalista Messicano, corresponsabile della Rete Voltaire in Messico. Titolo originale: “Jasón: los científicos y el Pentágono”

Fonte: http://www.voltairenet.org 18.04.2009  Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Diego Vardanega

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