Il futuro dell’umanità? Sarà la fine del mondo

La Terra ha i secoli contati, ma niente paura: vivremo in altri sistemi solari. E saremo gli alieni

Di Marco Sacchi

Una allegra famigliola guarda fuori da una finestra rotonda e singolarmente spessa. Il figlio più grande dice: «Oggi è brutto tempo. Mamma è meglio che chiudi i pannelli solari, prima che finiscano strappati via»

Ha ragione, su Marte il vento solleva improvvise tempeste di sabbia tali da far sembrare il ghibli la più amena delle brezze. Questa scenetta che abbiamo appena descritto secondo il fisico Michio Kaku, uno dei divulgatori scientifici più noti dopo il defunto Stephen Hawking, potrebbe svolgersi già sul finire del XXI secolo.

Kaku, vero geniaccio della teoria delle stringhe quantistiche, ha pubblicato un saggio: Il futuro dell’umanità. Dalla vita su Marte all’immortalità, così la scienza cambia il nostro destino (Rizzoli, pagg. 452, euro 28). Lo scienziato statunitense (di origine giapponese) anche grazie alle chiacchierate con alcuni dei suoi colleghi più in gamba, scelti per ambito di competenza, fa fare al lettore una bella cavalcata nel futuro, mettendoci davanti agli occhi quali dovrebbero essere le principali sfide che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi due o tre secoli.

L’idea su cui la maggior parte dei guru della scienza concordano, da Kaku agli astrofisici della Nasa passando per Elon Musk, è che vivere su un pianeta solo, alla lunga, non è una bella idea. Per dirla con le parole dell’astronomo Carl Sagan (1934-1996): «Se è in gioco la nostra sopravvivenza sul lungo periodo, abbiamo la precisa responsabilità – nei confronti della nostra specie – di avventurarci verso altri mondi». Statisticamente parlando spiega Kaku: «Nella storia della terra il 99,9 per cento delle specie si è rivelato destinato all’estinzione. Per nostra fortuna oggi stiamo creando gli strumenti che ci consentiranno di sconfiggere queste ineluttabili avversità». Le avversità vanno dalle eruzioni vulcaniche gigantesche alle 16mila 294 asteroidi identificate che potrebbero, sul lunghissimo periodo, intercettare la rotta della terra.

Ecco allora che Marte per gli scienziati è il primo dei nostri «piani B». Per Kaku e Musk, ad esempio, potremmo avere una colonia stabile entro l’inizio del XXII secolo. Certo i coloni dovranno affrontare un gran numero di disagi, dalle radiazioni alla bassa gravità. Ma alla lunga una serie di nuove tecnologie, dal grafene ai motori a ioni, potrebbero consentire di «terraformare» il pianeta. Se ciò accadesse entro il XXIII esimo secolo potremmo essere una specie biplanetaria, e poi dedicarci al resto del sistema solare. Vi sembra troppo? Kaku vi spiega con dovizia di dettagli che la Nasa nel 2011 ha finanziato un simposio intitolato 100 Year Starship. Il piano sarebbe quello di avere una vera astronave capace di lasciare il sistema solare entro un secolo. Ma qui anche Kaku è costretto ad ammettere che la questione è lunga, a confronto Marte non è nemmeno dietro l’angolo, è proprio il tinello di casa. Il motore più promettente sarebbe quello ad anti materia. Ma i fisici del Cern, che per primi l’hanno isolata a partire dal 1995, liquidano così la questione: «Se potessimo isolare tutta l’anti materia che abbiamo prodotto nelle nostre strutture e annichilirla con la materia, avremmo energia sufficiente per accendere una singola lampadina per pochi minuti».

Molto più facile prendere contatto con gli alieni secondo Kaku. Avrebbe insomma ragione Immanuel Kant che già nel Settecento diceva: «Perciò affermo di avere non la semplice opinione, ma la forte convinzione, sulla cui correttezza sarei disposto a scommettere anche molti beni della vita, che esistono altri mondi abitati».

Ora la scommessa di Kant, dati astrofisici alla mano, sembra vinta in partenza. Solo nel raggio di qualche migliaio di anni luce sono stati avvistati almeno 3 pianeti che potrebbero essere abitati. Facendo una statistica estesa alla galassia i fisici sono arrivati alla conclusione che nella nostra galassia i pianeti di tipo terrestre dovrebbero essere almeno venti miliardi. Visto che le galassie sono cento miliardi… va da se che l’esistenza di altra vita nello spazio è praticamente un fatto. Esiste anche un equazione matematica, conosciuta come equazione di Drake, che consente di calcolare quante sarebbero le civiltà aliene in grado di comunicare presenti al momento. Il più è capire come andrà il contatto. Secondo Kaku avverrà attraverso segnali radio o laser, perché se per noi attraversale lo spazio è un problema è probabile che lo sia per tutti. E in generale Kaku, in questo campo, è più ottimista di quanto lo fosse Stephen Hawking reputa molto difficile che gli alieni avrebbero interesse a farci del male. Se hanno i mezzi per viaggiare nello spazio ci troveranno semplicemente primitivi e carini da studiare, se non li hanno non si pone il problema.

Ma alla fine la parte più interessante del libro di Kaku è quella che parla degli sviluppi della genetica e della robotica. In questi due ambiti lo sviluppo di una vera intelligenza artificiale, a partire dai computer quantistici, e la possibilità sempre più evidente di modificare il corpo umano (che per i viaggi spaziali è quanto mai inefficiente) potrebbero trasformare noi in «alieni». Insomma tra un paio di secoli nuove creature in cui macchina e uomo convivono in simbiosi potrebbero guardarsi indietro e faticare a riconoscersi in noi, i loro trisnonni.

FONTE  http://www.ilgiornale.it/news/politica/futuro-dellumanit-sar-fine-mondo-1511398.html

 

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Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.

Carl Sagan

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