Il Discorso all’umanità di Charly Chaplin è scritto alle soglie del secondo “Grande Reset”, venti anni dopo la prima guerra mondiale, entrambe le guerre create con lo stesso principio di distruzione e con l’intenzione di creare un nuovo ordine mondiale, e una società diversa. Le due guerre mondiali sono state due grandi sconvolgimenti. Ora siamo davanti a un tipo di guerra completamente nuovo e alla soglia di un terzo grande cambiamento sistemico che sta disegnando un mondo fondamentalmente cambiato, anzi in realtà ci siamo già in mezzo. Nessuna città è stata distrutta, ma i valori essenziali sono stati devastati, i valori fondamentali dell’umanità sono stati calpestati. Charly Chaplin, che sentiva e comprendeva il dramma della svolta, il pericolo del momento, scrisse questo discorso nel 1938 che tocca il cuore e la mente, entrambi necessari se non vogliamo farci trascinare dalla paura e dal ricatto incessante.
Charlie fece un potente appello alla tolleranza, al buon senso e all’amore.
Ecco il testo completo del Discorso all’Umanità pronunciato da Charlie Chaplin nel finale del film Il Grande Dittatore del 1940.
«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone.
Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate! Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore.
Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui.
Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo». Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera.
Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo.
Combattiamo per mantenere quelle promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»
Il film era quindi a cavallo dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Il 12 novembre 1938, tre giorni dopo la Notte dei cristalli, Chaplin fece richiesta di depositare il titolo The Dictator alla Library of Congress. Il regista era perfettamente consapevole dell’impresa che andava affrontando: era pronto ad investire personalmente due milioni di dollari nel progetto e, consapevole che in molti paesi in Europa e America Latina il film sarebbe stato proibito, aveva deciso di distribuirlo in modo autonomo e fuori dai circuiti commerciali (senza però poi rinunciare ad una serie di gadget e decorazioni a tema per le sale palloncini, stendardi e striscioni con la doppia croce oltre alle maschere del Fuhrer Hynkel). La mattina del 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, Chaplin batté il primo ciak del film sul set del ghetto. Il film uscì nell’ottobre del 1940 nelle sale Il discorso finale del Dittatore sancisce il definitivo passaggio dal muto al parlato per Chaplin. VEDI QUI
E con questo ultimo post per quest’anno, auguro a tutti noi di essere in grado di curare e creare il nostro mondo con fiducia in noi stessi e nell’umanità.
Maria Heibel, curatrice di Nogeoingegneria
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