Anche se la fisica e’ espressa con semplici ed eleganti formule matematiche come F = ma , la nostra esperienza giornaliera ci racconta una realtà che tanto semplice non è. La superficie della terra e’ un intricato conglomerato di montagne, oceani, isole, fiumi, vulcani, terremoti, tornado ognuno con una sua propria dinamica interna. Non e’ forse tutto ciò complesso? Gli alberi per caso sono triangoli e cilindri? Le montagne delle piramidi? Le nuvole delle sfere? La geometria Euclidea non e’ quella della Natura. La geometria della natura e’ quella frattale. Il comportamento complesso della Natura riflette la tendenza dei sistemi a molte componenti con interazioni non lineari ad evolvere in uno stato critico il cui attrattore nello spazio delle fasi e’ un frattale. E qui entra in gioco la teoria sviluppata da Per Bak denominata SOC. Quando un sistema complesso senza variare alcun parametro interno ma solo grazie ad una lenta e piccola perturbazione esterna si porta in uno stato critico (terremoti, valanghe, incendi delle foreste etc.) fuori dall’equilibrio anche un piccolo cambiamento in ingresso può portare ad una risposta catastrofica. Gli eventi catastrofici hanno la stessa causa di quelli di piccola entità. Quando un sistema e’ in uno stato critico e risponde ad una qualsiasi perturbazione può generare eventi di tutte le dimensioni. Da quelli insignificanti a quelli catastrofici. … Il sistema e’ da considerare come un network aperto costituito da un numero elevato di componenti… interagenti tra loro in modo non lineare.” TESTO INTEGRALE 

CLIMA E CAOS

Posted by Donato Barone

La differenza tra clima e tempo meteorologico è fondata sul fatto che il tempo meteorologico è caotico il clima non lo è. Questo è quanto recita la vulgata e su questo assunto si basa la pretesa di poter prevedere lo stato del clima a distanza di decenni se non secoli. Ad essere sinceri i climatologi non pensano minimamente a prevedere in modo rigoroso il clima, possono al massimo prevedere la tendenza del clima, ovvero cosa potrà succedere nel futuro entro un certo margine di incertezza. Il problema è l’ideologia che si innesta su tutto ciò e trasforma la previsione di un trend entro un certo margine di incertezza in una certezza assoluta.

Il sistema climatico, a mio giudizio è un sistema dinamico complesso non lineare caotico a dimensione frattale: lo scrissi tempo addietro in questo articolo pubblicato su CM.

Scorrendo le news dell’ANSA la mia attenzione è stata attratta dall’immagine di un frattale. Aperta la news non è stato difficile arrivare alla fonte. Si tratta di un articolo a firma di  Zhi-Gang Shao e Peter D. Ditlevsen pubblicato su Nature Communications:

Contrasting scaling properties of interglacial and glacial climates da ora Shao et al., 2016.

Il titolo non rende l’idea, ma il senso dell’articolo è tale da farmi fare un salto sulla sedia: le conclusioni sono molto simili a quelle cui ero giunto io, ma fondate su dati quantitativi e non, come nel mio caso, su speculazioni qualitative. Nell’articolo si sostiene, infatti, che il clima terrestre ha dimensione frattale e ciò comporta che è caotico quasi come il tempo meteorologico. E’ una conclusione piuttosto forte che bisogna approfondire bene e così ho cominciato a studiare: gli esiti dello studio sono costituiti da questo post.

Shao et al., 2016 parte dalla considerazione che il clima terrestre è frutto di profonde e complesse interazioni tra atmosfera, idrosfera, criosfera e, ovviamente, biosfera. Le interazioni anzidette determinano un comportamento non lineare del sistema climatico terrestre. Tale sistema è stabilizzato nello spazio delle fasi da un attrattore che, secondo me è strano, secondo altri non lo è. Scopo di Shao et al., 2016 è quello di individuare nei registri dei dati osservativi dei parametri che caratterizzino il clima terrestre, delle strutture che rappresentino degli invarianti di scala. Detto in altri termini ci si propone di individuare una struttura frattale della serie di temperature, per esempio, in modo da trovare la firma di un sistema dinamico non lineare caotico. Allo scopo di rendere più chiaro il discorso di Shao et al., 2016 è opportuno delineare un quadro storico-analitico che, chi vuole, può tranquillamente saltare, passando direttamente alle considerazioni su Shao et al., 2016..

Inquadramento storico-analitico (può essere saltato oppure letto QUI )

La geometria frattale è la geometria delle coste, delle nuvole, dei sistemi complessi, in ultima analisi.

Per poter rappresentare la complessità delle forme naturali, Mandelbrot introdusse il concetto di “dimensione frattale” (da fractus, cioè rotto) che è piuttosto complessa in quanto coinvolge concetti topologici che non è il caso di indagare in questa sede. Basti solo dire che un oggetto ha dimensione frattale quando, per dirla con Mandelbrot “la sua dimensione di Hausdorff-Besicovitch eccede strettamente la sua dimensione topologica: Dt<D“.

I lavori pionieristici di Hurst e Mandelbrot sono fortemente interconnessi in quanto indagano la stessa cosa: fenomeni complessi che, apparentemente, sono privi di “forma” cioè di regolarità. Nella pratica comune il concetto di dimensione frattale si applica tanto ad oggetti (le coste, le nuvole, l’albero bronchiale e via cantando), tanto a serie temporali (le piene del Nilo, le serie di temperature, il battito cardiaco e così via).

A prima vista potrebbe apparire strano applicare ad una serie di dati un approccio geometrico come quello frattale, ma la contraddizione è solo apparente. Analizzando la relazione che intercorre tra la deformazione di una molla e la forza che la determina, è facile vedere che ci si trova di fronte ad una funzione lineare, cioè una retta. Noi modelliamo la relazione tra due insiemi di dati mediante un elemento geometrico euclideo monodimensionale: la retta. Avendo introdotto la dimensione frattale, non deve stupirci il fatto che una serie temporale possa essere rappresentata da un frattale, cioè una figura geometrica con dimensione frattale (è solo il caso di precisare che esistono frattali con dimensione intera come ad esempio la  curva di Hilbert, ma che alla luce della definizione di Mandelbrot sono frattali).

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Fig. 1. Curva di Hilbert

La relazione determinata empiricamente da Hurst rappresenta un esempio di relazione frattale e l’esponente H di Hurst rappresenta il grado di correlazione degli elementi della serie temporale.

Aspetti salienti di Shao et al., 2016

Tralasciando per brevità ulteriori aspetti analitici, torniamo a Shao et al., 2016. L’articolo rappresenta, in buona sostanza, il tentativo di determinare il valore dell’esponente di Hurst per alcune serie temporali molto note a chi si occupa di climatologia. Nell’ambito della ricerca climatologica si è dibattuto a lungo circa la natura del sistema climatico: si tratta di un sistema a dimensione frattale e, se sì, a dimensione monofrattale o multifrattale?

La risposta è estremamente importante in quanto se esso non ha dimensioni frattali ha senso poter escludere che le condizioni iniziali non sono in grado di determinare la sua evoluzione futura per cui siamo in grado di determinarne le tendenze future tramite modelli più o meno complessi o ensemble di modelli. La climatologia attuale è basata su questa ipotesi: esistono delle forzanti interne ed esterne che attraverso azioni e retro-azioni riescono a determinare il clima terrestre e che non dipendono dalle condizioni iniziali. Ciò non accade per il tempo atmosferico che, invece, non può essere previsto a grandi distanze di tempo in quanto fortemente sensibile alle condizioni iniziali. Sulla scorta di questo presupposto sono plausibili gli scenari delineati dai climatologi.

Il discorso cambia se il  sistema climatico ha dimensioni frattali: in questo caso anche il sistema climatico diventa sensibile alle condizioni iniziali come il tempo meteorologico ed ha poco senso parlare di prevedibilità a lungo termine, anche a livello di semplice tendenza. Ammesso che il sistema climatico abbia dimensione frattale esso può essere di tipo monofrattale o multifrattale.

Qualora il sistema climatico sia di tipo monofrattale, la sua struttura è indipendente dalla scala per cui tende a ripetersi sempre uguale a se stessa indipendentemente dalla durata dell’intervallo temporale utilizzato. In questo caso si parla di invarianza di scala come, ad esempio, nel caso di oggetti reali (struttura dell’albero bronchiale o  del cavolfiore, per esempio) o, per restare nel campo analitico, di curve particolari come la curva di Koch.

Nell’ipotesi in cui esso si configura come un sistema multifrattale le caratteristiche che lo determinano non si presentano sempre allo stesso modo al variare della scala temporale utilizzata, ma cambiano al cambiare del fattore di scala. Un esempio può essere costituito dai mercati finanziari che hanno comportamenti differenti a seconda dell’intervallo temporale a cui vengono analizzati.

Shao et al., 2016 ha analizzato diverse serie di temperature: quella strumentale che copre gli ultimi 150 anni, quella desunta dai dati di prossimità della carota di ghiaccio groenlandese NGRIP che copre gli ultimi 120000 anni, quella derivata dalla carota antartica DOME C che si estende fino ad 800000 anni fa e, infine, quella derivata dall’analisi dei foraminiferi contenuti in una carota costituita dai sedimenti dell’oceano profondo e che fornisce indicazioni sulla temperatura degli oceani e sul volume dei ghiacci a loro volta proxi della temperatura globale.

Assumendo come termine di paragone la serie delle temperature strumentali, esse sono state confrontate con quelle degli ultimi 10000 anni (Olocene) e, successivamente, con quelle degli altri periodi temporali presi in considerazione.  Nel grafico che segue tratto da Shao et al., 2016 sono chiaramente visibili le serie di temperature prese in considerazione.

Bar_Fig_2

Fig. 2. Temperature terrestri. nel pannello a) la serie strumentale, nel pannello b) la serie relativa all’intero Olocene, nel pannello c) la serie NGRIP riferita gli ultimi 120000 anni, nel pannello d) la serie desunta da DOME C e nell’ultimo pannello la serie prodotta a partire dai dosaggi isotopici dei foraminiferi contenuti nei sedimenti oceanici.

ha carattere aleatorio o ha una qualche struttura. A seconda dei valori che assume tale esponente, possiamo trovarci di fronte a varie situazioni:

  • H = 0.5 per serie Xi casuali (rumore gaussiano)

  • H = 1.5 per serie Xi tipo rumore browniano

  • H = 1 per serie con spettro a legge di potenza del tipo 1/f

  • 5< H <=1 per serie con persistenza

  • 0< H <0.5 per serie antipersistenti

  • H >1 per serie con correlazione, ma non frattali

Applicando tale metodologia di analisi alle serie di temperature prese in esame, Shao et al., 2016 hanno potuto accertare per il periodo olocenico un valore di H = 0,7 circa. Sulla scorta della precedente elencazione ci troviamo di fronte ad una serie con persistenza, ovvero ad un sistema caratterizzato da geometria monofrattale per cui la struttura della serie è indipendente dalla scala temporale considerata.

La stessa tecnica di analisi applicata al periodo glaciale precedente l’Olocene, ha consentito di individuare valori di H maggiori di 1 e quindi dobbiamo concludere che il periodo glaciale nel suo complesso non è monofrattale. Indagini relative ai diversi interglaciali contenuti nelle serie di temperatura, infine, hanno consentito di appurare che durante gli interglaciali le serie numeriche di temperatura hanno struttura monofrattale (H = 0,7 circa) mentre ciò non accade durante i periodi glaciali.

La conclusione logica di tutto il discorso è che il sistema climatico è un sistema dinamico non lineare con struttura multifrattale nei periodi glaciali, monofrattale durante gli interglaciali come quello attuale. Questo fatto consente di spiegare alcune “stranezze” dei periodi glaciali che, invece, non compaiono durante gli interglaciali se non in modo estremamente raro. Mi riferisco ai cosiddetti interstadiali o eventi di Dansgaard-Oeschger (DO) che sono dei periodi relativamente brevi (durate minori di 10000 anni, in genere)  caratterizzati da temperature molto più alte di quelle medie del periodo glaciale. Essi si differenziano di periodi interglaciali perché questi ultimi durano ben oltre i 10000 anni.

I climatologi si sono a lungo interrogati sulla natura di questi eventi spettacolari per intensità e durata avanzando svariate ipotesi. In un sistema climatico multifrattale essi si inquadrerebbero come dei fenomeni indotti dalla variabilità interna del sistema. In base a questo nuovo modello l’inizio e la fine di un periodo glaciale sarebbero conseguenza di forzature esterne di natura orbitale (cicli di Milankovich) che vanno ad alterare i parametri relativi all’insolazione del pianeta Terra, mentre gli interstadiali sarebbero eventi legati alla variabilità interna del sistema e, quindi, indipendenti da forzature esterne.

Sorge spontanea, a questo punto, una domanda: a cosa è dovuta la forte instabilità dei periodi glaciali rispetto agli interglaciali? Shao et al., 2016 non forniscono una risposta esaustiva alla questione. A loro giudizio tali eventi sono innescati dalle fluttuazioni interne della circolazione rovesciata dell’Atlantico meridionale (AMOC). Nei periodi interglaciali tali fluttuazioni non sarebbero in grado di innescare eventi interstadiali a causa dell’assenza delle immense coltri glaciali presenti nei periodi glaciali.

Nell’articolo originale sono presenti ulteriori interessantissimi dettagli sia a livello analitico (i vari test cui sono state sottoposte le ipotesi formulate dai ricercatori, per esempio) e molte altre considerazioni circa la struttura del sistema climatico terrestre, ma, secondo me, la cose più rilevanti sono quelle che ho riportato nel post.

Delle conseguenze circa la prevedibilità del comportamento del sistema climatico terrestre ho già detto, ma non è solo questa l’unica conseguenza dello studio. In linea di massima possiamo pensare, infatti, che essendo quello climatico un sistema a dimensione frattale fortemente non lineare, forse sarebbe opportuno invertire la tendenza attuale passando dal globale al locale. Nei sistemi frattali è possibile, infatti, individuare degli invarianti di scala che si ripetono regolarmente dal livello locale fino a quello più generale. Non si può cogliere, per esempio, il meccanismo della respirazione se non si indaga il comportamento microscopico del sistema polmonare, se cioè non si va a vedere ciò che succede a livello dei rami più periferici dell’albero bronchiale. Allo stesso modo è impossibile capire come evolve il sistema climatico globale se non si conosce cosa accade a livello regionale.

La stessa tecnica di analisi applicata al periodo glaciale precedente l’Olocene, ha consentito di individuare valori di H maggiori di 1 e quindi dobbiamo concludere che il periodo glaciale nel suo complesso non è monofrattale. Indagini relative ai diversi interglaciali contenuti nelle serie di temperatura, infine, hanno consentito di appurare che durante gli interglaciali le serie numeriche di temperatura hanno struttura monofrattale (H = 0,7 circa) mentre ciò non accade durante i periodi glaciali.

La conclusione logica di tutto il discorso è che il sistema climatico è un sistema dinamico non lineare con struttura multifrattale nei periodi glaciali, monofrattale durante gli interglaciali come quello attuale. Questo fatto consente di spiegare alcune “stranezze” dei periodi glaciali che, invece, non compaiono durante gli interglaciali se non in modo estremamente raro. Mi riferisco ai cosiddetti interstadiali o eventi di Dansgaard-Oeschger (DO) che sono dei periodi relativamente brevi (durate minori di 10000 anni, in genere)  caratterizzati da temperature molto più alte di quelle medie del periodo glaciale. Essi si differenziano di periodi interglaciali perché questi ultimi durano ben oltre i 10000 anni.

I climatologi si sono a lungo interrogati sulla natura di questi eventi spettacolari per intensità e durata avanzando svariate ipotesi. In un sistema climatico multifrattale essi si inquadrerebbero come dei fenomeni indotti dalla variabilità interna del sistema. In base a questo nuovo modello l’inizio e la fine di un periodo glaciale sarebbero conseguenza di forzature esterne di natura orbitale (cicli di Milankovich) che vanno ad alterare i parametri relativi all’insolazione del pianeta Terra, mentre gli interstadiali sarebbero eventi legati alla variabilità interna del sistema e, quindi, indipendenti da forzature esterne.

Sorge spontanea, a questo punto, una domanda: a cosa è dovuta la forte instabilità dei periodi glaciali rispetto agli interglaciali? Shao et al., 2016 non forniscono una risposta esaustiva alla questione. A loro giudizio tali eventi sono innescati dalle fluttuazioni interne della circolazione rovesciata dell’Atlantico meridionale (AMOC). Nei periodi interglaciali tali fluttuazioni non sarebbero in grado di innescare eventi interstadiali a causa dell’assenza delle immense coltri glaciali presenti nei periodi glaciali.

Nell’articolo originale sono presenti ulteriori interessantissimi dettagli sia a livello analitico (i vari test cui sono state sottoposte le ipotesi formulate dai ricercatori, per esempio) e molte altre considerazioni circa la struttura del sistema climatico terrestre, ma, secondo me, la cose più rilevanti sono quelle che ho riportato nel post.

Delle conseguenze circa la prevedibilità del comportamento del sistema climatico terrestre ho già detto, ma non è solo questa l’unica conseguenza dello studio. In linea di massima possiamo pensare, infatti, che essendo quello climatico un sistema a dimensione frattale fortemente non lineare, forse sarebbe opportuno invertire la tendenza attuale passando dal globale al locale. Nei sistemi frattali è possibile, infatti, individuare degli invarianti di scala che si ripetono regolarmente dal livello locale fino a quello più generale. Non si può cogliere, per esempio, il meccanismo della respirazione se non si indaga il comportamento microscopico del sistema polmonare, se cioè non si va a vedere ciò che succede a livello dei rami più periferici dell’albero bronchiale. Allo stesso modo è impossibile capire come evolve il sistema climatico globale se non si conosce cosa accade a livello regionale. Un bel cambio di paradigma, non c’è che dire. FONTE http://www.climatemonitor.it/?p=41031   

Il principio della corrispondenza o dell’analogia 

Come sopra – cosi sotto, come sotto – cosi sopra. Come dentro – cosi fuori, come fuori – cosi dentro.

Come nel grande – cosi nel piccolo.

I Frattali e la Matematica di Benoit Mandelbrot doc completo

VEDI ANCHE

«Il clima si ripete come i frattali»

 

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