“A te, lettore, ti faccio notare solo che i romanzi di Orwell a leggerli ora e a guardali in prospettiva quasi potrei definirli ottimistici, nemmeno lui ipotizzava tanto.
La realtà è più sorprendente! ”
Geoingegneria, ambientalisti, debunker e complottisti.
Uno sguardo esterno
Di Marco Russo
Un ambientalista, un debunker e un geoingegnere entrano in un bar e il banconista fa: “e le scie chimiche?”
Un ente locale per l’ambiente delega le risposte (che “non sa dare”, forse per risparmiare) al più noto sito di debunking in Italia, che a sua volta pur di dare motivazioni valide e dileggiare le voci contrarie, si contraddice, sbattendo incredibilmente contro il muro di studi ed evidenze scientifiche. Sembra una barzelletta? Eppure ad un occhio nemmeno troppo attento, la risata (amarissima) è solo un’ovvia conseguenza.
Ci credereste che proprio un ente cui sta a cuore l’ambiente possa giocare con lo “scarica barile” e dare come fonte un sito che, pur di delegittimare un’insinuazione arriva a dire anche cocenti balle?
Andiamo con ordine:tra le innumerevoli interrogazioni parlamentari, in italia (e nel mondo intero), non è cosa nuova riscontrare che un perenne buco nell’acqua derivi, spesso e volentieri a torto o ragione, sulle fantomatiche “scie chimiche”. Oltre quindici le interrogazioni nel solo stivale, tutte passate inosservate, o che non raggiungono il numero necessario per la mozione o che, in buona sostanza, non fanno testo. Wikipedia stesso, se fino a qualche anno fa riportava nomi, cognomi e partiti di provenienza delle interrogazioni, ad oggi quella nota non vi è più. Dovrete credermi sulla parola, così come posso testimoniare che fino a nemmeno otto anni fa Reggio Calabria veniva riportata come capoluogo di regione.Ma tornando a noi: Un classico, per chi millanta che il cospirazionista è un povero disadattato credulone, è sottolineare in maniera piuttosto pedante che non vi siano prove scientifiche, eppure qualche giorno fa mi sono imbattuto in una fitta rete di contraddizioni (non una novità in questo argomento) talmente palese che più che dipanare i dubbi, me ne ha generati ulteriori.
Nel 2011 l’ARPAT (Agenzia Regionale della Prevenzione Ambientale Toscana) pubblica un documento atto a mitigare una volta per tutte questa “credenza” delle irrorazioni. Tralasciando la premessa tendenziosa e i toni non proprio adatti per un organo del genere, per 33 pagine non si fa altro che accantonare il fenomeno parlando delle ovvie e conosciute scie di condensa, lasciando però da parte quasi totalmente il discorso “chemtrails”, se non giustificandolo, con l’attenuante della facile confusione che si può creare a fronte dell’aumento del numero di voli a partire dagli anni ‘90 (cui però va sottolineato che la prima interrogazione parlamentare risale al 2 aprile 2003 — deputato Italo Sandi —, e da lì in poi il traffico aereo è stato stabile se non addirittura in leggero calo, soprattutto dal 2007 in poi — non è possibile sul sito enac andare più indietro nella ricerca (a pagina 73) e praticamente null’altro.
Già qui, la pura e semplice “logica” di un documento atto a smentire con prove alla mano (o qualcosa di un pelino più corposo e di spessore) va a farsi strabenedire, perché è come se volessi spiegare la differenza tra un cocomero ed un’anguria: tralasciando bellamente la prima, deridendola fin nella premessa per poi riempire le restanti pagine a parlare solo ed unicamente della seconda. Quasi a lasciar intendere che il cocomero altro non è che un’invenzione immaginifica, non comprovata da nulla e che è facile confonderla, appunto, per un’anguria. Cosa direste? Semplicemente che sono privo di onestà intellettuale.
Tale documento però, delega l’argomento “chimico” quasi tutto ad un link, presente tra le note a pagina 3 (poiché come già detto, da qui in poi, praticamente diviene un discorso a senso unico), cui cito testualmente:Ancora un tentativo di produrre una dettagliata e puntuale analisi e spiegazione dei fenomeni ritenuti prove dell’esistenza delle chemtrails e di smentire le corrispondenti tesi ha impegnato il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, si veda http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273641).
A questo link, ci ritroviamo davanti ad un “FAQs” molto dettagliato con un concentrato di domande “classiche” (improntato per lo più alle cospirazioni estreme e spesso “pompate” a loro volta pur di aumentare l’effetto “risibile”), dove vengono date risposte altrettanto classiche. Salta subito all’occhio però non solo l’indisponibilità dell’istituto regionale a darsi da fare e comprovare qualcosa, bensì una bassissima mossa atta a creare l’ennesima prova di schernimento su chi, comprensibilmente e aggiungo “proprio perché contribuente”, si pone legittime domande.
Ma di peggio succede in codesto link appunto, leggendo una risposta “cicappiana” in particolare, che mi ha letteralmente fatto saltare sulla sedia! Sarà anche solo una ad essere così palese, (in realtà anche le altre, in determinate circostanze sono un po’ troppo “semplicistiche” e vaghe. Potrei definirle “spicce”), ma che dà quella dimostrazione in più che, pur di “dar contro alla parte avversa”, si piega addirittura la comprovata verità ad oggi riconosciuta. Alla domanda “Quali sarebbero gli scopi delle scie chimiche?” la risposta data è:
Abbiamo visto come inizialmente fossero ritenute un metodo per l’avvelenamento di massa […] oggi invece il fenomeno è stato notevolmente ingigantito rispetto alla versione iniziale. I presupposti scopi vanno dalla copertura della luce solare per contrastare il riscaldamento globale alla generazione del riscaldamento globale stesso, […]
Per poi concludere con un solenne:
Molti degli scopi, oltre a non aver alcun fondamento scientifico, si contraddicono l’un con l’altro, ma questo non impedisce ai sostenitori delle scie chimiche di ritenerli praticamente tutti contemporaneamente veri.
“Presunzione a pacchi” a parte cui stenderei un velo pietosissimo, ché di far di tutta l’erba un fascio, si dimostra solo pochezza, andiamo a vedere cosa ne pensa David Keith, non certo un cospirazionista, (anzi), né un presentatore televisivo e/o divulgatore scientifico, bensì un geoingegnere che lavora e studia questi “fenomeni ingigantiti”, (virgolette citazionistiche non a caso), in una conferenza presso Ted nel 2007.
Estratti: Avrete tutti letto molti articoli sul riscaldamento climatico, e tuttavia ecco un altro articolo del New York Times, che dice le stesse cose degli altri ed ha gli stessi titoli degli altri. La differenza, forse, è che risale al 1953. Lo dico perché magari vi siete convinti che questo problema sia relativamente recente. Che solo ora le persone si siano poste il problema, con Kyoto, e che il governatore, le persone, inizino a fare davvero qualcosa. E che potremmo essere sulla strada per una soluzione. Il fatto è che — oh oh [di diniego] — conosciamo questo problema da 50 anni, più o meno. Ne abbiamo parlato infinite volte, negli ultimi dieci. E non abbiamo realizzato quasi niente.
Questo è il tasso di crescita della CO2 nell’atmosfera. L’avete visto in varie forme, ma forse non avete visto questo. Guardate come il tasso di crescita delle nostre emissioni sta accelerando. E sta accelerando ancora più in fretta di quanto, appena qualche anno fa, pensavamo fosse possibile solo nel peggiore dei casi. Secondo molti scettici, la linea rossa era messa apposta dagli ambientalisti, nelle previsioni, per farle sembrare più brutte possibile. Le emissioni non sarebbero mai cresciute così in fretta… ma in realtà stanno crescendo più in fretta di così. Ecco alcuni dati di circa 10 giorni fa, il minimo annuale del ghiaccio artico, ed è di gran lunga un record negativo. Il ghiaccio artico sta sparendo ad una velocità molto maggiore delle previsioni.[…] Quindi questo problema è assolutamente risolvibile. La geoingegneria, nella sua forma più semplice, in sostanza funziona così: potremmo sparare determinate particelle, diciamo particelle di acido solforico (solfati) nell’atmosfera superiore, la stratosfera, dove farebbero “rimbalzare” la luce solare e raffredderebbero il pianeta. E so per certo che funzionerebbe. Ci sono effetti collaterali, ma so per certo che funzionerà. E il motivo è che è già stato fatto. E non è stato fatto da noi, da me, ma dalla Natura. […]
Un’altra cosa che potremmo chiederci è: “Funziona? Si può schermare un po’ di luce solare e compensare efficacemente la CO2, ricreando un clima simile al passato?” E la risposta sembra essere sì. […] L’argomento, inoltre, non è nuovo. Il rapporto che atterrò sulla scrivania del presidente Johnson quando avevo due anni, nel 1965, in effetti conteneva già tutta la moderna scienza del clima. La sola cosa di cui si parlava era la geoingegneria, non parlavano nemmeno del ridurre le emissioni, che è già un salto avanti incredibile nelle riflessioni su questo problema. Non sto dicendo che non dovremmo tagliare le emissioni. Certo che dovremmo. Ma è di questo che parlò. Quindi, in un certo senso, non c’è molto di nuovo. L’unica cosa nuova è questo saggio. Quindi dovrei dire, immagino, che è dai tempi di quel rapporto, e dei vari report della Accademia Nazionale Americana, 1977, 1982, 1990, che gli esperti parlano di questa idea. Non come qualcosa “a prova di tutto”, ma come qualcosa a cui pensare. Ma quando il clima diventò, negli ultimi 15 anni, una questione “calda” (scusate il gioco di parole), la geoingneria era giudicata così politicamente scorretta da non poterne neanche parlare. Non si poteva e basta.
Ma nell’ultimo anno, Paul Crutzen pubblicò questo saggio dove più o meno la solfa era la stessa: cioè che forse, data la lentezza nei nostri progressi, e gli impatti incerti, dovremmo pensare a cose del genere. Disse le cose di sempre. La differenza fu che vinse il Nobel per la chimica. […] Inoltre, forse ci serve un trattato, che stabilisca chi debba farlo. Oggi il pensiero andrebbe ad una nazione ricca come gli Stati Uniti. Ma potrebbe capitare che la Cina, se si sveglia nel 2030 e si rende conto che gli impatti climatici sono semplicemente inaccettabili, non si interessi molto al nostro dibattito morale, e decida di preferire un mondo geoingegnerizzato piuttosto che no. E mancherebbero procedure internazionali per decidere… a chi spetta decidere! Vi lascio con un ultimo pensiero, scritto 25 anni fa nel National Academy Report degli USA, che esprime la mia posizione meglio di me, e penso riassuma bene il punto in cui siamo: il problema della CO2, il problema climatico di cui abbiamo sentito parlare, sta “spingendo” molte cose, come le innovazioni nelle tecnologie che ridurranno le emissioni. Ma anche, e penso inevitabilmente, ci porterà a pensare al clima ed al controllo atmosferico, ci piaccia o no. Ed è ora di iniziare a pensarci, fosse anche solo per trovare argomenti a sfavore.
Ora, già che ci siamo, andiamo a vedere quali sono gli attuali studi del suo gruppo.
Come potete notare è tutt’altro che una sciocchezza partorita da fervida immaginazione. Va detto però per completezza d’informazione, che è lo stesso Keith (o meglio il suo gruppo) a prendere le distanze da cospirazioni romanzate (e ne ha ben donde, molte teorie appaiono davvero assurde) ma sottolinea, tra le righe, alcune particolarità non da poco.
parlano di prove “deboli” ma non inesistenti, se proprio volessimo fare i puntigliosi. Sottolineano anche l’ovvio, ovvero di tenere a mente che i governi e i militari possono mantenere i segreti. Un altro dato non da poco che possiamo leggere, per mistificare le cospirazioni, è il fatto che si citano solo ed esclusivamente di prove fatte da osservazioni da terra. Stesse osservazioni (mi chiedo) uguali e contrarie a chi imputa proprio il problema, anche con dati alla mano (come si può vedere nel film documentario “What in the world are they spraying?”. Ed anche lì, ad un convegno possiamo vedere un operatore affermare candidamente “Lavoro per il governo, quindi non so! personalmente sono scettico… ma non si sa mai con il governo”. Sibillino. Film comunque molto discusso cui i “demolitori”, nove volte su dieci accusano la presenza di “dati sbagliati” che però loro stessi citano in maniera ben diversa dalla pellicola). Continuando a “scrollare” si ha la sensazione che quella pagina sia un continuo “mettere le mani avanti”, e i successivi siti debunker, fanno apparire il tutto come una contraddizione in termini. Uno studio geoingegneristico che passa la patata bollente a coloro che notoriamente divulgano quel che direbbe un geoingegnere? È come se ad una lezione, un maestro, citasse il proprio alunno come fonte da cui ha appreso le sue conoscenze. Paradossale no?
Continuando a leggere possiamo apprendere, anche a fronte di esempi come il progetto Manhattan lì menzionato come dimostrativo dei segreti/non-segreti, che il tutto non è altro che una “paginetta scritta giusto perché doveva venir scritta”. Checché se ne dica è anche un esempio storico un po’ deboluccio se vogliamo essere schietti e sinceri. Storie (plurale) ben più recenti come quelle di Snowden ed Assange, hanno dimostrato che ciò che fino a molto tempo prima veniva accantonato perché ritenuto incredibile, “il giorno dopo” si è rivelato essere reale. E che dovremmo dire noi italiani con un Carmine Schiavone che ha rivelato la presenza di scorie radioattive nascoste sottoterra? Per quanto tempo è stato secretato? E da chi soprattutto? Ecco. Appunto.
Ma a noi non interessa questo, non è giocando al “rimpiattino” che si risolve una questione così spinosa. C’interessa sapere cos’è possibile fare, cosa no e tanto basta. Chi lo fa, e soprattutto “se”, andrebbe verificato proprio per questo.
È chiaro che uno degli esponenti più alti del campo metta delle pezze, potrebbe fare altrimenti? Ma è ancor più chiaro che nessuno, nemmeno Keith (che lo ammette nemmeno tanto implicitamente) può sapere con certezza ciò che avviene, sempre e comunque, con sicurezza adamantina. Ci basta sapere quel che è possibile fare, quindi facciamo un passo indietro e chiediamoci:
un ente ambientalista se ne lava le mani delegando tutto ad un sito di debunker che mistifica. La scienza però ammette sia possibile e che ha dei pro e dei contro su cui discutere attentamente, aldilà di cospirazioni, vere o presunte che siano. La storia nel frattempo ci ha già mostrato come la “semplice inseminazione” (che per alcuni “so tutto io” magicamente non è più chimica, è la fata turchina) possa diventare un’arma, come dimostrato durante gli anni in cui fu attuata l’Operazione Popeye nella guerra in Vietnam, arma talmente inutile (sempre a detta dei “so tutto io”) che camera e senato dovettero votare per il divieto di “guerra ambientale” nel ‘73, o un altrettanto inutile (?) abbellimento del tempo come capitato in Russia durante una festa del 9 maggio nel 2007. La logica, pura ed ovvia, ci fa capire a questo punto che le possibilità non solo sono scientificamente attuabili, ma che possono avere implicazioni anche infinite. E questo è il dato cui tutti dobbiamo sottostare.
È giunta l’ora di finirla con questi schieramenti da Bar Sport e di prendere atto, una volta per tutte, che il controllo climatico è possibile e sarebbe ora d’imbastire un dibattito serio e ben ragionato, senza “fazionismi”, etichette, o stupidaggini atte a silenziare un qualcosa in realtà “vecchia quanto il cucco”.
Qui non si parla di un nuovo ordigno, di un missile o di un aereo di cui far vanto. Si parla della potenzialità che l’uomo ha, ed è inutile ritenerlo ancora una scimmia capace a malapena di sturarsi le orecchie. Un potere talmente vasto e grande che anche Dio impallidirebbe. E tutto ciò che questo può comportare, nel bene e nel male… sereno o diluvio universale, sta a noi deciderlo.
All’ente di cui prima consiglierei di svolgere il proprio lavoro in maniera sana e senza preconcetti. Non può concedersi documenti così spiccioli, né rispecchia la volontà di chi crede fermamente nel rispetto dell’ambiente ed il vero lavoro di analisi cui tale organo dovrebbe farne legge.
Al sito di debunking suggerirei di tornare sui propri passi o, come dice l’acronimo (non certo io), preoccuparsi del paranormale e delle “Wanne Marchi” di loro storica memoria… e di non uscire fuori da quell’ambito cui portano fieramente il nome. Se ciò comporta la difesa a spada tratta di qualunque “versione ufficiale” a prescindere, non è scienza, bensì “paraculagine” che diviene anti-scienza. Non avere un’evidenza scientifica non vuol dire che questa non debba esser presa in considerazione, non valga la pena di essere cercata e che quindi, di conseguenza, non esiste. “Non tutte le mele cadono dagli alberi, e non devi aspettare che ti arrivi in testa prima di comprenderne la gravità”, perché ormai il genere umano è ben più di questo. E questo dire “non vi sono prove scientifiche” mi ricorda la frase topica di un film come “Thank you for smoking”. Come iniziava? E come finiva? A buon intenditor…
Per quanto riguarda David Keith (o chi è del mestiere), che in un certo qual modo ammiro, non posso che prender atto di ciò che sta portando avanti. Non saprei dire “se e quanto” eticamente il tutto sia corretto (è una domanda che si pone pure lui), ma comprendo quanto dice, sul futuro soprattutto. Anche se non so, sinceramente, quanto riesco a condividerlo. Ma capisco cosa intende, lo capisco benissimo e forse lo ammiro pure, proprio perché non vorrei mai essere al suo posto.
Al cospirazionista convinto pregherei di fare attenzione a se stesso: è incredibile come molto spesso alcune presunte prove siano del tutto sbagliate, preconcette al peggio, come il suo eterno rivale debunker“preconcettato al meglio”, cui ci si accusa l’un con l’altro di essere in malafede, di farlo per ritorno economico o di sotto-trame varie, incitando solo alla presa di posizione e all’odio per la fazione opposta e generando solo ulteriore caos che, parliamoci chiaro, è l’ultima cosa di cui avremmo bisogno, di questi tempi soprattutto.
A te, lettore, ti faccio notare solo che i romanzi di Orwell a leggerli ora e a guardali in prospettiva quasi potrei definirli ottimistici, nemmeno lui ipotizzava tanto. La realtà è più sorprendente! Chi l’avrebbe mai detto che per anni ed anni Edison era lo scienziato affermato e Tesla il pazzo? E perché la comunità religiosa tacciò Galileo di essere un eretico? Il tempo poi aggiusta le cose, le fa saltare fuori e le rimette (ci prova) nel giusto ordine, presto o tardi. Ma ciò avviene sempre? Consci che la storia dopotutto la scrivono perlopiù i vincitori, cosa può mai saltare fuori oltre questo?
Ecco perché per il sottoscritto Orwell “era ottimista”, almeno era lui ad intuirla e a riconoscerla in anticipo con tutti i dettagli. E dopo tot pagine c’era comunque la fine. Nessun altro segreto. Null’altro che un punto. Chiaro e semplice per tutti.
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