L’AIEA DICHIARA: “PIÙ NUCLEARE PER TUTELARE L’AMBIENTE”

Commento di un lettore: “La più grande minaccia per il futuro” sono il MIT, la NATO, il Pentagono, la Nasa, l’AIEA. Siamo ormai alla follia pura.

Ha ragione!

 

 

Da Angelo Baracca, fisico nucleare molto conosciuto per le sue attente e documentate critiche all’uso dell’energia atomica, riporto una forte riflessione. 

 

Angelo Baracca 

La specie umana è l’unica in natura capace di trasformare artificialmente l’ambiente in cui vive, e l’intera biosfera: ma con lo sviluppo esasperato di processi e materiali artificiali l’homo oeconomicus technologicus ha dichiarato una vera guerra alla Natura, che è destinato irrimediabilmente a perdere. Tra tutte le tecnologie che egli ha sviluppato, quella nucleare rompe in modo più radicale con i processi naturali e gli equilibri sulla Terra: i processi che coinvolgono il nucleo atomico sono fondamentali nell’universo (le stelle), ma sono assolutamente marginali e residuali nella biosfera (la radioattività naturale), e non ne modificano in modo apprezzabile la struttura e l’evoluzione. Poiché le energie racchiuse nei nuclei sono milioni di volte più grandi delle energie di tipo chimico (cosa che motivò le ricerche per la bomba atomica), è inevitabile che i prodotti artificiali di questi processi non possano essere disattivati dai processi naturali sulla Terra. L’energia nucleare attualizza il mito del “Fuoco di Prometeo” sottratto agli Dei, strappato alla natura.

Il battesimo dell’energia nucleare, il suo peccato originale, fu militare, gli eccidi di Hiroshima e Nagasaki del 1945 (il primo reattore nucleare del 1942, chiamato impropriamente “Pila di Fermi”, non era concepito per produrre energia, ma il plutonio per la bomba): Oppenheimer disse “La Fisica ha conosciuto il peccato”.

La vocazione distruttiva dell’energia nucleare si riflette nel suo intrinseco dual-use, l’impossibilità di separare usi “civili” e militari. Tutti i paesi che hanno realizzato la bomba sono passati attraverso la costruzione di reattori nucleari. Le strade per arrivare alla bomba sono due: l’arricchimento dell’uranio (per cui l’Iran è sotto accusa, ma non lo è il Brasile che ha realizzato il processo che si contesta a Teheran senza avere subito nessuna critica), e l’estrazione del plutonio dal ritrattamento del combustibile esaurito (la strada seguita da Israele, India, per ultima Nord Corea). Se davvero si realizzassero i sogni di rilancio del nucleare civile e la sua diffusione in molti paesi, i rischi di proliferazione militare aumenterebbero in modo incontrollabile.

Tutta la storia successiva di questa tecnologia conferma la subalternità degli sviluppi civili a quelli militari (anche se l’opinione pubblica viene distratta dalla questione dei primi, occultando i secondi).

La tecnologia nucleare “civile” fu un derivato delle applicazioni militari, poiché i modelli dei reattori di potenza commerciali derivano dai reattori concepiti per la propulsione dei sommergibili nucleari.

Il nucleare militare ha avuto un enorme sviluppo: sono state fabbricate ben 130.000 testate nucleari, alle quali bisogna aggiungere il gigantesco complesso di vettori e lanciatori (missili balistici e da crociera, sommergibili, bombardieri, ecc.), sistemi satellitari, d’allarme, controllo, ecc. Di contro, il nucleare “civile” deve essere considerato un colossale fallimento: si prevedeva di costruire migliaia di reattori, mentre ne sono state costruite poche centinaia (circa 440 oggi operativi, più qualche centinaio di piccoli reattori di ricerca), che coprono appena il 2% dei consumi totali di energia nel mondo!1 È difficile sostenere che il 2% dei consumi energetici mondiale non possa venire sostituito senza nessun problema, anche se è distribuito in modo molto disuniforme: la Francia produce l’80% dell’energia elettrica dal nucleare, e la sostituzione creerà grossi problemi (ma l’industria nucleare francese, statale, rischia il tracollo); ma la Germania dopo Fukushima chiude 7 delle sue 17 centrali senza traumi, ed è molto probabile che nel futuro le chiuderà tutte.

Sorge inevitabile e legittima la domanda: perché allora il nucleare “civile” non è stato chiuso da tempo? In effetti negli USA dopo l’incidente di Harrisburg del 1979 per 30 anni l’industria elettrica privata non ha più ordinato una nuova centrale nucleare, ed ha annullato moltissimi ordinativi. Gli interessi economici miliardari dell’energia nucleare corrompono i governi (segretamente allettati a volte dall’accesso a questa tecnologia, che apre comunque la strada alla bomba). Il nucleare “civile” si sostiene solo per l’«esternalizzazione» dei costi e delle perdite, di cui si fanno carico i governi, cioè i contribuenti! Incentivi, sovvenzioni, garanzie sui capitali investiti, limitazione delle responsabilità per i danni di incidenti (il governo giapponese sta studiando il modo di “alleggerire” Tepco dall’onere economico dei risarcimenti di decine o centinaia di miliardi), controlli sanitari, assunzione dei costi per la gestione e i depositi delle scorie radioattive, costi scaricati e nascosti nei programmi militari (in Francia non vi è separazione netta tra attività civili e militari nei bilanci, personale, impianti, materiali, amministrazione, ciclo del combustibile: l’utente francese paga meno di noi l’elettricità in bolletta, ma sicuramente la paga molto di più, con gabelle mascherate nelle imposte per le spese militari nucleari), ecc. Nessun’altra industria al mondo gode di supporti e facilitazioni così colossali.

Inoltre il bilancio economico dell’energia nucleare si regge su un ulteriore inganno, gravissimo: quello di avere accantonato e rinviato sine die la gestione della “coda” del ciclo: residui radioattivi e smantellamento (decommissioning) dei reattori. In Gran Bretagna la previsione della spesa per chiudere il nucleare pregresso lievita continuamente, e finora ha raggiunto 100 miliardi di euro; in Francia la gestione futura del lascito dei programmi nucleari comporterà spese gigantesche; in Italia per la chiusura della nostra, sia pur limitata, eredità nucleare continuiamo a pagare centinaia di milioni all’anno nella bolletta elettrica, e continueremo per decenni (decine di miliardi!).

D’altra parte, il proclamato rilancio del nucleare esiste solo nella propaganda dell’industria e dei governi prezzolati: per ora è limitata a Cina (se non rivedrà i programmi dopo Fukushima), India, Sud Corea, staterelli arabi che galleggiano su un mare di petrolio, ma negli USA vi è solo un nuovo reattore in costruzione (un secondo è stato cancellato), in Europa tre (ma la costruzione dell’EPR a Flamanville è stata sospesa).

Il complesso nucleare militare viene costantemente rinnovato e lautamente finanziato (nuove testate, nuovi vettori, nuovi sommergibili, nuovi sistemi satellitari, ecc.). La tecnologia nucleare civile invece è vecchia, le filiere commerciali di reattori sono le stesse degli anni ’50, non vi è stata nessuna innovazione sostanziale (i cosiddetti reattori “di 4a generazione”, innovativi non esistono e – se mai riusciranno a realizzarli – se ne parlerà verso la metà del secolo).

 

Le conseguenze e i rischi di questa tecnologia per il genere umano sono spaventosi.

Il nucleare militare è responsabile di molti gravissimi incidenti: varie testate perdute e non trovate; sommergibili nucleari affondati, vere bombe ambientali a orologeria sotto gli oceani. Anche se la responsabilità maggiore è di averci sottoposto al rischio di un olocausto, che ancora oggi perdura (v. oltre). Molte volte si è già sfiorata la guerra nucleare a causa di allarmi per errore. Nel 2007 un B-52 trasportò sul territorio degli Stati Uniti 6 testate nucleari, perché nella base di Minot i responsabili non se ne erano accorti; il 23 ottobre 2010 una centinaio di missili Minuteman iii con testata nucleare rimasero per un’ora isolati, privi di comunicazione. Se la storia ufficiale registra l’esplosione delle sole bombe su Hiroshima e Nagasaki, la testimonianza di un reduce della Prima guerra del Golfo parlò dell’esplosione di una testata nucleare alla fine di quella guerra presso Bassora2.

Per il nucleare civile alcuni dei maggiori crimini sono sotto i nostri occhi (Chernobyl, Fukushima), ma ve ne sono stati altri di cui l’opinione pubblica è stata tenuta all’oscuro: alcuni di essi, incidenti disastrosi in URSS, incendio in un reattore gas-grafite a Sellafield (Gra Bretagna) nel 1957 con imponente rilascio di isotopi radioattivi, fuoriuscite di decine o tonnellate di uranio e/o di plutonio negli impianti di Sellafield, di La Hague e Tricastin (Francia); e gli incidenti minori sono stati innumerevoli, spesso tenuti nascosti, o ammessi in ritardo (anche a Chernobyl l’allarme venne dopo tre giorni da rilevamenti di radioattività in Svezia), sempre garantendo i cittadini che le conseguenze ambientali e sanitarie erano irrilevanti.

Il fatto grave, e sempre più drammaticamente evidente, è (1) che si è generato un allarmante inquinamento radioattivo dell’atmosfera, dai test nucleari militari, dagli incidenti, dai rilasci ordinari di materiali radioattivo dalle centrali nucleari e dall’intero ciclo del combustibile nucleare; e (2) che è sempre più chiaro che l’esposizione continuata (ad esempio per chi vive nei pressi delle centrali) a dosi anche molto basse di radiazioni (soprattutto l’esposizione interna, per l’ingresso di radioisotopi nelle catene alimentari) provoca conseguenze gravissime alla salute, che si trasmettono alla progenie ancora nel grembo materno ed alle generazioni successive (effetti transgenerazionali). Si devono poi tenere presenti gli effetti sinergici di diversi inquinanti a cui siamo sottoposti (chimici, polveri sottili, onde elettromagnetiche, ecc.), che stanno minando alla radice la salute nostra e soprattutto delle future generazioni.

Non si possono tacere poi i traffici illeciti di scorie radioattive (insieme a quelle tossiche) da parte della malavita organizzata (ricordiamo le “navi dei veleni” affondate, l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin), nonché i rischi di sottrazione di materiali fissili di interesse militare (sono stati prodotti al mondo ben 1.600 tonnellate di plutonio, che non esiste in natura, e richiede 24.000 anni per ridursi alla metà).

Quali sono le prospettive della tecnologia nucleare?

Del civile si è detto: è auspicabile che il disastro di Fikushima dia la spallata finale per la sua chiusura definitiva (che lascerà comunque il pesantissimo strascico delle scorie, dei materiali fissili militari, e del decommissioning per centinaia di anni).

Il nucleare militare è forse più complesso: ci vorrà un impegno ancora maggiore per raggiungere il disarmo nucleare vero e definitivo. Il Nuovo Trattato START tra USA e Russia del 2010 ridurrà a 1.500 testate strategiche per parte gli arsenali di questi paesi per il 2017, ma il numero totale di testate nel mondo ascende ancora a ben 23.000 (tra queste, quelle degli altri paesi nucleari, e le testate tattiche). Ma il problema principale è a mio avviso un altro. La nuova frontiera strategica dei sistemi di difesa antimissile configura un nuovo sistema offensivo estremamente pericoloso e destabilizzante, che sarà compatibile con un numero limitato di testate nucleari, delle quali dubito seriamente che gli Stati siano disposti a sbarazzarsi (ed altri rinuncino a dotarsi).

 

Un cenno brevissimo alla fusione nucleare. Essa è stata realizzata nelle testate termonucleari. La sua realizzazione a scopi energetici civili sembra, dopo 60 anni di promesse, sempre più lontana e irrealizzabile. Non è così invece così, forse, inquietanti sviluppi militari: è entrata in funzione negli USA, nel laboratorio militare di Los Alamos, la National Ignition Facility, un colossale impianto in cui 192 super-laser (ma in Francia è in costruzione Mégajoule, con 240 laser) dovrebbero provocare la fusione nucleare di un piccolissimo pellet di deuterio e trizio, che prefigurerebbe una micro esplosione termonucleare. Anche la fusione nucleare ha un primario obiettivo militare: le ricerche per scipi civili (ITER, in costruzione in Francia) costituiscono lo sperpero di decine di miliardi!

 

 Si faccia attenzione al significato di questo dato. Di solito si afferma che l’energia nucleare sviluppa circa il 6% dell’energia totale prodotta nel mondo. Ma il rendimento energetico dei reattori nucleari rimane inchiodato da sempre a circa il 33%, cioè dell’energia termica estratta dalla reazione a catena solo un terzo viene trasformata in energia elettrica, il resto si disperde nell’ambiente attraverso i sistemi di refrigerazione (che se non funzionano causano incidenti quali quelli di Fukushima). Ne segue che l’energia nucleare copre solo il 2% circa dell’energia totale consumata nel mondo.

L’EREDITÀ DELL’ERA NUCLEARE È INCOMPATIBILE CON L’AMBIENTE TERRESTRE (E UMANO)

 

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