Le armi a energia diretta (DEW) sono una categoria di sistemi militari all’avanguardia che stanno rivoluzionando il campo della difesa. Questi dispositivi elettromagnetici sono capaci di convertire l’energia chimica o elettrica in una forma di energia altamente focalizzata e irradiata, destinata a colpire bersagli avversari con effetti devastanti. Nel mondo reale, questa classe di armi è piuttosto ampia e comprende qualsiasi arma che utilizzi lo spettro elettromagnetico. Per questo motivo, la maggior parte dei militari ha incorporato armi a energia diretta nei propri arsenali. 

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Di Emmanuele Panero e Andrea Russo

L’11 Luglio la Defence Acquisition Program Administration (DAPA) della Repubblica della Corea del Sud ha annunciato l’inizio della fase di dispiegamento di un’arma ad energia diretta lungo il confine della Zona Demilitarizzata tra le due Coree, al fine di contrastare il rischio derivante dalla potenziale penetrazione di droni di Pyongyang nello spazio aereo di Seul. L’arma, nota con il nome di Laser Anti-Air Weapon Block I, è prodotta dalla compagnia nazionale Hanwha e risponde ai requisiti emersi all’indomani di un incidente di sicurezza verificatosi nel Dicembre 2022, quando alcuni sistemi aerei senza pilota (UAV – Unmanned Aerial Vehicle) nordcoreani valicarono il 38° Parallelo, entrando nello spazio aereo della Corea del Sud. In quell’occasione, nonostante lo scramble dei jet di Seul, i droni non vennero individuati né ingaggiati, riuscendo a ritornare indenni al di là della Zona Demilitarizzata. Al fine di rafforzare e diversificare l’architettura di difesa aerea Seul ha effettuato da allora significativi investimenti, soprattutto nel settore delle armi ad energia diretta. La Corea del Sud si aggiunge dunque al numero sempre più consistente di Paesi intenti a condurre attività di ricerca e sperimentazione avanzata riguardo a questo tipo di armamenti. Se gli Stati Uniti e Israele hanno infatti dato il via a programmi militari volti allo sviluppo di armi ad energia diretta ormai svariati anni fa, in tempi recenti anche Francia, Regno Unito, Cina, Russia ed India hanno prodotto prototipi e condotto test di simili sistemi al fine di incrementare le loro capacità di difesa aerea, in modo particolare contro assetti a pilotaggio remoto.

Si definiscono armi ad energia diretta quelle che usano energia elettromagnetica concentrata per incapacitare, danneggiare, disabilitare o distruggere equipaggiamento, strutture o personale nemico. Sebbene i laser siano entrati nell’immaginario popolare come le armi ad energia diretta per eccellenza sin dagli anni Ottanta (quando l’allora Amministrazione Reagan annunciò la Strategic Defence Initiative, subito ribattezzata Star Wars, anche per via dell’ipotetico impiego massiccio dei laser nell’architettura difensiva progettata), solo i progressi tecnologici contemporanei hanno permesso di immaginarne realisticamente l’uso sui campi di battaglia. Tra i molti impieghi teorizzati per questi sistemi d’arma, il segmento più significativo nell’ultimo lustro concerne la difesa anti-aerea ed anti-missile, soprattutto a corto raggio. La caratteristica fondamentale che distingue le armi ad energia diretta è l’impiego dello spettro elettromagnetico per generare effetti cinetici sul bersaglio, neutralizzando la minaccia. L’ambiente elettromagnetico, uno dei due ambienti operativi trasversali ai cinque domini, è stato storicamente impiegato nella condotta delle operazioni militari in un ampio spettro di attività che vanno dalle telecomunicazioni alla guerra elettronica fino alla guida del munizionamento di precisione (si pensi alle bombe a guida laser, le Paveway, impiegate dalla US Air Force sin dai primi anni Settanta). Lo sfruttamento dello spettro elettromagnetico per generare effetti cinetici tramite sistemi hard-kill è tuttavia di più recente sviluppo. Sebbene i primi studi risalgano alla metà degli anni Novanta, infatti, sia le progettualità industriali che la concezione e le dottrine di impiego sono radicalmente mutati nel corso degli anni, in particolare in tempi recenti, a causa della convergenza tra la maturazione tecnologica e le esigenze operative sorte a seguito dell’incremento della minaccia aerea low-end. Rispetto agli armamenti tradizionali, queste armi non impiegano l’energia sprigionata dalla deflagrazione del propellente come vettore di movimento di una munizione, quanto piuttosto l’energia stessa diventa la munizione da indirizzare sul bersaglio. I sistemi d’arma ad energia diretta possono essere, in particolare, suddivisi in due macrocategorie, a seconda del loro principio di funzionamento: i sistemi basati sull’utilizzo di un laser ad alta energia (HEL – High Energy Laser) e quelli che impiegano microonde ad alto potenziale (HPM – High Power Microwaves). I primi sistemi producono un fascio coerente di energia elettromagnetica indirizzato sul bersaglio in grado di penetrare attraverso il metallo in pochi secondi. Questo raggio laser, la cui potenza raggiunge solitamente le centinaia di kilowatt, danneggia le componenti elettroniche o di propulsione di un vettore d’attacco in avvicinamento, causandone l’abbattimento o la detonazione prematura ad una distanza di sicurezza dal sistema d’arma. Le armi ad energia diretta che impiegano microonde ad alto potenziale, invece, emettono, in maniera continuativa o intermittente, delle radiofrequenze comprese tra uno megahertz e cento gigahertz, su un’aerea di dimensioni variabili. Le radiofrequenze, capaci di operare in banda stretta, larga e ultra-larga, sono in grado di danneggiare o sensibilmente degradare i circuiti e i sensori dei proietti e dei velivoli che transitano nel raggio d’azione del sistema d’arma, compromettendone così le capacità di raggiungere il bersaglio. Tali differenze tecniche si riflettono principalmente nella capacità dei sistemi HPM di ingaggiare più bersagli simultaneamente, mentre le armi HEL devono necessariamente indirizzare il loro raggio su un obiettivo singolo.

I test effettuati dalle Forze Armate sudcoreane sono solo gli ultimi in ordine cronologico: a Gennaio 2024, infatti, il Regno Unito aveva sperimentato con successo il DragonFire, un’arma ad energia diretta di tipologia HEL sviluppata congiuntamente da MBDA, Leonardo UK e QinetiQ, sotto la supervisione del Laboratorio per le Scienze e la Tecnologia della Difesa (DSTL – Defence Science and Technology Laboratory). Secondo quanto dichiarato dal Ministero della Difesa britannico, i risultati del test sono stati assolutamente positivi, con il sistema che si è rivelato capace di centrare un bersaglio delle dimensioni di una moneta ad oltre un chilometro di distanza. Sei mesi prima, nel Giugno del 2023, la Direzione Generale degli Armamenti (DGA – Direction Général des Armements) della Repubblica Francese aveva annunciato l’inizio delle prove in mare del sistema High Energy Laser for Multiple Applications-Power (HELMA-P), per l’occasione installato sul cacciatorpediniere classe Orizzonte Forbin. Nel corso del test, il sistema ha abbattuto con successo un drone quadrocottero in avvicinamento verso la nave, dimostrando concretamente il contributo che simili apparati possono fornire alla difesa aerea di punto. Tra i sistemi più rinomati di questa categoria spicca l’Iron Beam israeliano, il cui sviluppo è iniziato nel 2010 ed è stato portato avanti tramite una collaborazione tra l’azienda locale Rafael e la statunitense Lockheed Martin. Gli eventi del 7 Ottobre 2023 e la conseguente guerra nella Striscia di Gaza hanno accelerato lo sviluppo ed il dispiegamento di questo sistema, i cui prototipi sono stati schierati al confine meridionale di Israele con l’enclave palestinese. È probabile che il sistema sia stato sperimentato nel corso degli attacchi portati da Hamas verso il territorio israeliano mediante salve di razzi tra il Novembre 2023 ed il Gennaio 2024. Qualora tali supposizioni venissero confermate, si tratterebbe del primo impiego di un’arma ad energia diretta in un contesto operativo reale. L’entrata in servizio di Iron Beam è tuttavia attesa per il 2025.

I recenti conflitti in Nagorno-Karabak, in Ucraina ed in Medio Oriente hanno evidenziato l’emergere di un trend generalizzato, basato sulla proliferazione della minaccia low-end tramite l’impiego di tattiche di saturazione delle difese aeree con una moltitudine di sistemi d’arma quali munizioni circuitanti, razzi, missili, droni e proietti d’artiglieria. Questa dinamica ha posto in primo piano il problema dell’asimmetria tra il costo del sistema intercettore, solitamente consistente, ed il prezzo del vettore d’attacco, che spesso non eccede le poche decine di migliaia di dollari. In tal senso, i sistemi HEL possono rappresentare una soluzione costo-efficace in grado di risolvere, almeno parzialmente, tale criticità. Sotto questo profilo, queste armi sono in grado di svolgere compiti di difesa a corto e cortissimo raggio (SHORAD – Short-Range Air Defense e VSHORAD – Very Short Range Air Defense) sia anti-aerea che anti-missile per proteggere obiettivi ad alta valenza strategica da sistemi aeromobili unmanned di diversa tipologia (C-UAS – Counter-Unmanned Air Systems) e da proietti di artiglieria, colpi di mortaio e razzi (C-RAM – Counter-Rocket, Artillery and Mortar) ad un costo per colpo irrisorio, solitamente inferiore ai dieci dollari. In confronto, i missili superficie-aria deputati alla protezione delle navi da guerra dalle minacce aeree quali gli Aster 15, gli Aster 30 e gli SM-2 hanno costi eccedenti il milione di dollari (più del doppio per quanto riguarda il missile statunitense SM-2). Anche i Close-In Weapon Systems (CIWS) per la difesa di punto, quali il Phalanx e i cannoni multiruolo Otobreda 76/62 Super Rapido e Bofors Mk-110 presentano dei costi di utilizzo incomparabilmente più alti. A titolo esemplificativo, una singola munizione DART impiegabile dal cannone Otobreda ha un costo pari a circa 23.000 dollari. La dicotomia tra il costo di questi vettori ed il valore dei bersagli abbattuti è stata particolarmente avvertita durante la crisi in Mar Rosso, dove diverse unità navali europee e statunitensi hanno impiegato questi sistemi per neutralizzare droni e missili, spesso di produzione locale, lanciati dai ribelli Houthi dalla costa yemenita. L’integrazione delle armi HEL garantirebbe inoltre requisiti logistici più contenuti e una maggiore disponibilità immediata di colpi rispetto alle munizioni tradizionali, posto che sia fornito al sistema un adeguato apporto energetico.

Al contempo, tali sistemi non rappresentano una panacea in grado di neutralizzare ogni minaccia. A dispetto del loro considerevole livello di sofisticazione, le armi ad energia diretta presentano ancora alcuni limiti operativi che, al pari delle loro controparti tradizionali, le rendono vulnerabili ad alcune tattiche di attacco aereo a bassa quota. In particolare, i sistemi HEL sono capaci di ingaggiare bersagli unicamente in modalità Line-Of-Sight (LOS), ossia entro la linea dell’orizzonte e posti direttamente in linea di tiro, a differenza di altre tipologie di armamenti intelligenti. Inoltre, questo tipo di difesa aerea risulta scarsamente efficace in condizioni metereologiche avverse quali maltempo, umidità e la presenza di vapore e polveri di vario genere nell’aria. Queste problematiche appaiono particolarmente rilevanti per quanto concerne l’impiego dei suddetti sistemi sulle unità navali, il cui ambiente operativo appare fortemente condizionato da queste variabili. Un’ulteriore fonte di preoccupazione riguarda il meccanismo di funzionamento stesso di queste armi: al fine di danneggiare la componente elettronica di un vettore d’attacco, il laser deve agganciare il medesimo e rimanere in puntamento per un tempo variabile (solitamente alcuni secondi) in base a diversi elementi, inclusi l’intensità del laser e la velocità del vettore. Tale caratteristica, unita a dei limiti fisiologici in materia di rateo di fuoco e di surriscaldamento, rendono il sistema vulnerabile alle stesse tattiche di saturazione in grado di superare le difese imperniate su sistemi difensivi più classici, quali i CIWS e i missili superficie-aria. Pertanto, i sistemi HEL non dovrebbero essere concepiti quali soluzioni stand-alone per rimpiazzare gli altri sistemi di difesa aerea a corto raggio, quanto piuttosto come un’utile risorsa a basso costo da integrare in un sistema di difesa aerea multilivello in grado di neutralizzare diversi tipi di minacce, anche in simultanea.

Attualmente, il primario segmento di impiego appare riguardare la loro integrazione quali sistemi imbarcati per la difesa di punto, con la Royal Navy che ha annunciato l’intenzione di equipaggiare la prima unità navale con il sistema DragonFire entro il 2027, per poi terminarne la distribuzione a tutte le principali navi della flotta di Sua Maestà entro il 2032. In tale veste, il DragonFire andrebbe ad affiancare i sistemi superficie-aria PAAMS (Sea Viper secondo la denominazione britannica) e CAMM Sea Ceptor, entrambi impiegati sulle fregate Type 26 e Type 31, denominate rispettivamente classe City e classe Inspiration, attualmente in costruzione e destinate ad entrare in servizio nei prossimi anni. Analogamente, il sistema Iron Beam dovrebbe aggiungersi ad un già stratificato sistema di difesa aerea integrato come quello israeliano, composto dai sistemi Iron Dome, David’s Sling, Arrow 2 ed Arrow 3. In particolare, il sistema laser dovrebbe interagire con il più longevo Iron Dome, sfruttando i medesimi assetti deputati all’individuazione ed al tracciamento dei bersagli, nonché alla conseguente decisione se ingaggiarli o meno a seconda del loro punto di impatto stimato. In ultimo, tra il 2019 e il 2021 Lockheed Martin ha annunciato lo sviluppo di due programmi volti ad installare armi ad energia diretta su aeromobili, incluso uno, denominato Tactical Airborne Laser Weapon System (TALWS), finalizzato alla realizzazione di un pod di dimensioni sufficientemente contenute da poter equipaggiare un caccia multiruolo (l’artist conception pubblicata dall’impresa statunitense raffigurava un F-16C del 20th Fighter Wing) e progettato anche per l’ingaggio di bersagli aerei.

FONTE https://www.cesi-italia.org/it/articoli/le-armi-ad-energia-diretta-tra-proliferazione-e-prospettive

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