10 years challenge.
La scorsa settimana una nuova sfida è diventata virale tramite Facebook. Secondo molti l’obiettivo di Facebook è allenare gli algoritmi di riconoscimento facciale. Ma il social respinge le accuse: il fenomeno è spontaneo. Spontaneo? 🙂 La moda online sta contagiando tutto e tutti: si pubblica una foto di oggi e una di come si era dieci anni fa. Sono però in tanti ad avere il dubbio che sia un sistema per addestrare l’intelligenza artificiale a riconoscere le persone anche partendo da una vecchia foto. Non c’è bisogno nemmeno di ricordarlo: il riconoscimento facciale è una delle armi a diposizione di chiunque voglia applicare una sorveglianza di massa.
LA 10 YEARS CHALLENGE MIGLIORERÀ IL RICONOSCIMENTO FACCIALE DI FACEBOOK?
Di Alessio Marino
Negli ultimi giorni sta impazzando sui social network come Facebook ed Instagram la #10YearsChallenge, una campagna attraverso cui gli utenti condividono foto di se stessi di dieci anni fa per metterle a confronto con quelle attuali.
Un nuovo rapporto emerso sul web sostiene che quella che potrebbe sembrare una campagna innocua potrebbe essere utilizzata inconsapevolmente da Facebook per addestrare l’algoritmo per il riconoscimento facciale del social network allo scopo di imparare la progressione dell’età ed i segni del tempo.
Il rapporto sostiene che le foto caricate nell’ambito della #10YearsChallenge faciliterebbero il compito di un algoritmo di studiare le immagini prima e dopo. Nel migliore dei casi, tali dati potrebbero essere usati per sviluppare le tecnologie da utilizzare in caso di scomparsa dei bambini, ma anche per il targeting degli annunci pubblicitari.
Facebook ha immediatamente negato qualsiasi tipo di legame con la campagna-meme ed attraverso un annuncio pubblicato sul profilo Twitter, ha specificato che “la 10 Year Challenge è una campagna di meme partita dagli utenti senza alcun nostro coinvolgimento. E’ una dimostrazione di come le persone si divertano su Facebook, nient’altro“. Poco dopo, un rappresentante della società ha anche precisato che “Facebook non guadagna nulla da questo meme. Vi ricordiamo che gli utenti possono scegliere di attivare o disattivare il riconoscimento facciale in qualsiasi momento“.
Kate O’Neill, attraverso il proprio account ufficiale Twitter, ha espresso le proprie perplessità a riguardo, ampliate poi in un interessante articolo pubblicato su Wired, in cui sostiene che Facebooko un’altra società potrebbero sfruttare i meme per addestrare gli algoritmi di riconoscimento facciale per gestire al meglio le caratteristiche legate all’età e le previsioni sulla progressione del tempo sul viso delle persone. “In altre parole, grazie a questo meme, ora c’è una raccolta molto ampia di dati” si legge nel lungo articolo.
Tali dichiarazioni hanno suscitato non poco scalpore anche tra la stampa del settore. Max Read del New York Magazine si sofferma sul fatto che “se sei uno delle 350 milioni di persone che sono su Facebook dal 2009, o che ha caricato foto più vecchie sulla piattaforma dopo esserti iscritto, il più grande social network al mondo sa già come sei ora e come eri prima, e probabilmente sa anche come sarai in futuro. Facebook raccoglie automaticamente i dati dalle immagini che gli utenti caricano per le sue funzioni di riconoscimento facciale. Se vuoi tenere private queste informazioni, devi rinunciare al servizio”.
Il giornalista di BuzzFeed, Ryan Broderick, ha anche osservato che sfide come queste sono state lanciate su internet varie volte nel corso degli anni, ed ha citato le challenge 2008vs2018 e 2006vs2016, che sono state popolari negli scorsi anni.
Molti esperti di social media però comunque sostengono che i sospetti debbano esserci, e che “la challenge ha dato a Facebook una straordinaria opportunità per insegnare ed addestrare i loro sistemi a riconoscere al meglio i piccoli cambiamenti“, ha affermato a CBS News Amy Webb, professore della NYU Stern School of Business.
FONTE https://tech.everyeye.it/notizie/la-10yearschallenge-migliorera-riconoscimento-facciale-facebook-360263.html
Riconoscimento facciale, appello ai big della Silicon Valley
A partecipare a questa iniziativa sono state associazioni del calibro di Electronic Frontier Foundation (EFF), l’Unione delle Libertà Civili Americane (The American Civil Liberties Union – ACLU), il Centro per l’Educazione e i Servizi legali per i Rifugiati e gli Immigrati (the Refugee and Immigrant Center for Education and Legal Services – RAICES).
Sono 85 le associazioni per i diritti umani e digitali che hanno sottroscritto la richiesta allertando su rischi e conseguenze della sorveglianza di massa con l’uso autorizzato della tecnologia
“Siamo in un momento cruciale per questo tipo di tecnologia e le scelte fatte dalle aziende determineranno se le future generazioni dovranno avere paura di partecipare ad una manifestazione, frequentare luoghi religiosi o semplicemente vivere le loro vite”, spiega Nicole Ozer dell’American Civil Liberties Union (Aclu). Amazon ha elaborato Rekognition (e non senza margine di errore) che secondo indiscrezioni l’Fbi starebbe già provando in anteprima, mentre Google ha abbandonato l’analogo Project Maven anche per le proteste dei dipendenti. E a dicembre scorso Microsoft ha chiesto al governo Usa più regole sul riconoscimento facciale per evitare il rischio che questa tecnologia sfugga al controllo. Vedi QUI
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