Cristallo di topazio di 2 miliardi di anni fotografato nell’oscurità della miniera di Khoroshiv-Volodarsk (Ucraina, foto Andrea Dini)

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Di Andrea Dini

Il maggiore potenziale per minerali di litio della regione europea è probabilmente ospitato nelle rocce antichissime che costituiscono la parte centrale di questa “terra di mezzo” schiacciata tra Europa e Russia che, malgrado i prevedibili rischi geopolitici e ambientali, ha deciso di studiare e indagare il proprio sottosuolo, per partecipare a pieno titolo alla sfida della transizione energetica. Dell’argomento parla Andrea Dini, dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, ricordando la sua collaborazione con i ricercatori ucraini.

Sto entrando nel montacarichi del pozzo che mi porterà, 100 metri più in basso, nelle gallerie della miniera di Khoroshiv-Volodarsk (Regione di Zhytomyr, Ucraina), quando mi accorgo che i minatori ucraini mi guardano stupiti e con un pizzico di invidia. Il mio casco con lampada led di ultima generazione è integrato con una batteria al litio di poche decine di grammi, loro devono portarsi alla cintura una batteria al piombo di quasi due chili per alimentare una debole luce giallastra. Un apparente controsenso visto che la roccia pegmatitica (uno speciale tipo di granito) scavata nella miniera è ricca di minerali di litio (zinnwaldite, trilithionite e polylithionite).

Tuttavia Khoroshiv-Volodarsk non ha mai prodotto litio perché questa pegmatite non contiene spodumene (silicato di litio e alluminio), il minerale preferito dall’industria. I sovietici vi estraevano quarzo piezoelettrico per i sistemi di puntamento militari e, dal 1991, gli ucraini vi estraggono pietre preziose: bellissimi cristalli di berillo acquamarina (azzurro), berillo eliodoro (giallo-verde) e topazio (azzurro e ambrato). Gemme antichissime, dato che le pegmatiti di Khoroshiv-Volodarsk hanno un’età di quasi due miliardi di anni. Le rocce proterozoiche-archeane dello “Scudo ucraino”, così lo chiamano i geologi, costituiscono la spina dorsale del Paese, dal confine con la Bielorussia a nord-ovest, fino al Donbass a sud-est.

Prima i geologi sovietici e poi quelli ucraini hanno capito che il contesto geologico era ideale per trovare non solo pietre preziose ma anche pegmatiti con spodumene e altri minerali di metalli critici (tantalio, niobio, terre rare). Negli ultimi vent’anni, il Servizio geologico Ucraino ha condotto ricerche scientifiche e strategiche e ha individuato numerose zone con pegmatiti a spodumene. In questo momento l’Ucraina, insieme alla Serbia, ha probabilmente il maggiore potenziale per litio dell’intera regione europea.

La compagnia mineraria di Khoroshiv-Volodarsk aveva cercato uno specialista toscano dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr perché le pegmatiti litinifere dell’Isola d’Elba che noi studiamo sono tra le più famose al mondo e, pur non essendo sfruttabili industrialmente, rappresentano da oltre due secoli una fucina di nuove idee scientifiche. Gli ucraini volevano sviluppare un modello concettuale del loro giacimento che li aiutasse a incrementare le risorse della miniera, io invece volevo allargare il mio bagaglio scientifico per arrivare – forse un giorno – a capire come si formano queste rocce così strane e così ricche di metalli critici.

Non so cosa stia succedendo agli amici ucraini di Khoroshiv-Volodarsk. Al loro Paese va il mio rispetto per l’approccio con il quale hanno affrontato la sfida della transizione energetica. Si sono guardati “sotto i piedi” per capire se, dopo decenni di sfruttamento sovietico, vi erano ancora risorse nascoste. Hanno trovato l’oro bianco, come viene chiamato il litio nel mondo finanziario, e hanno provato a coinvolgere l’Europa (un accordo bilaterale con una società mineraria europea era in fase di definizione poco prima del conflitto). Noi cosa faremo? Avremo il coraggio di guardarci sotto i piedi? Il litio non si trova solo nelle rocce pegmatitiche, esistono altre rocce e fluidi geotermici che ne contengono quantità rilevanti, anche in Italia. Basterebbe capire che ci sono ancora molte cose da scoprire su questo Pianeta, affrontando la transizione energetica con l’approccio di chi abita nella “terra di mezzo”.

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Fonte: Andrea Dini, Istituto di geoscienze e georisorse, e-mail: [email protected]

FONTE https://almanacco.cnr.it/articolo/3633/l-oro-bianco-dell-ucraina

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Le altre risorse minerarie dell’Ucraina

L’Ucraina ha il 10% delle riserve mondiali di ferro, il 6% di titanio e il 20% di grafite. “In geologia questa regione estremamente piatta viene chiamata “penepiano” – fa notare Andrea Dini – perché è così antica che è stata spianata dall’erosione. Molte delle rocce hanno miliardi di anni e non le vedi in superficie perché sono coperte da strati di sedimenti”.

In Ucraina non ci sono solo minerali però. A nord est, vicino al confine con la Russia, c’è un bacino sedimentario di 400 milioni di anni pieno di materiale organico e di rocce black shale. “Sono ardesie nere con grandi quantità di carbone e metano. Per esempio parte dell’indipendenza energetica statunitense è dovuta all’estrazione di metano (Shale Gas) da queste rocce su suolo americano”. VEDI QUI 

DIETRO IL CASO DJOKOVIC C’È LA BATTAGLIA PER IL CONTRATTO DI ESTRAZIONE DEL LITIO DELLA SOCIETÀ AUSTRALIANA RIO TINTO

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