Emissioni di CO2 e progetto Tav Torino-Lione: qualche indizio su un tema trascurato

E’ strano che di fronte alla prospettiva di costruire il tunnel ferroviario più lungo del mondo – pari al Gottardo – non si parli della CO2. Neanche per sostenere che l’unico modo per ridurla tra 12 anni, sia quello di aumentarla notevolmente nei primi 12

 

di Paolo Hutter

Quante emissioni di CO2 in più si producono nella fase della eventuale realizzazione della seconda linea Torino Lione e quante se ne risparmiano successivamente? Non ci sono – che ci risulti – dei veri e propri studi indipendenti nè di parte No Tav. Ci sono solo alcune stime fatte dai promotori del Tav Torino Lione.

La frase che è stata ripetuta più o meno identica in vari documenti e presentazioni è la seguente : Il bilancio “cumulativo” risulta positivo a partire da 15 anni dall’entrata in esercizio del tunnel, mentre il bilancio“annuo” è positivo fin dal 2030, quindi con l’entrata in esercizio della linea. La quantità di CO2 risparmiata dal 2045 sarà maggiore rispetto a quella prodotta per realizzarla.”

In altre parole si ammette che le ulteriori emissioni di CO2 ( analogo ragionamento si può fare per lo smog) necessarie per scavare il tunnel, piazzare i nuovi binari etc etc, sono talmente alte che ci vorranno ulteriori 15 anni di riequilibrio modale per compensarle e cominciare quindi a ridurle. E’ strano che di fronte alla prospettiva di costruire il tunnel ferroviario più lungo del mondo – alla pari col Gottardo – e con tutto lo spazio mediatico che la controversia ha preso, non si parli della CO2.  Neanche per sostenere che l’unico modo per ridurla tra 12 anni – supponendo che tutto vada puntuale –  sia quello di aumentarla notevolmente nei primi 12.

In una certa misura questo ragionamento vale per tutte le grandi opere, anche le metropolitane. Ma qui subentra uno sforzo maggiore di scavo e di traffico da una parte e una minore certezza di sottrarre traffico derivante dai motori a scoppio dall’altra. Stando al progetto Tav, per scavare le gallerie di 57 km verranno estratte due “carote” che hanno “una massa complessiva di circa 100 milioni di tonnellate e  sono necessari, quindi, 5 milioni di viaggi per trasportare questa roba con un camion che abbia una portata di 20 tonnellate. A spanne sono  2700 camion al giorno se gli scavi durassero 5 anni. Nel frattempo i 2200 veicoli pesanti che transitano giornalmente nel tunnel stradale del Fréjus continuerebbero a circolare e nessuno può garantire che, fra 15 o 20 anni, all’apertura eventuale del tunnel di base, questi 2200 saltino per magia a bordo di un treno, visto che non lo hanno fatto finora” dice l’ambientalista torinese Emanuele Negro. 

C’è anche chi salta a piè pari il nodo di come spostare le merci da gomma a rotaia e si spinge a ipotizzare che nel prossimo decennio si comincino ad avere camion a emissioni zero.

Negli ultimi tre anni, grazie a un investimento di 10 miliardi di euro, le fuel cell hanno fatto uno straordinario salto tecnologico”, spiega Nicola Conenna, presidente della Fondazione H2U The Hydrogen University. “Oggi sono grandi come un computer portatile e pesano poco più di 10 chili, invece dei 400 delle batterie. Anche il pieno di idrogeno che le alimenta, e che consente di percorrere da 600 a 800 chilometri, è molto più leggero di quello tradizionale, solo 5-8 chili, e si fa in tre minuti. Con queste prestazioni non c’è gara: il futuro è dell’idrogeno. Anche perché i prezzi crolleranno ed entro 5 anni queste macchine saranno competitive anche dal punto di vista del costo”. Inoltre se si mettono assieme due fuel cell si ottiene abbastanza energia per far viaggiare senza problemi un camion.

Su questa previsione  non abbiamo al momento a disposizione stime attendibili. Tornando alla CO2 invece non c’è dubbio che il tema rispetto al Tav Torino Lione esista. E chissà se attorno allo “sciopero per il clima”del 15 marzo se ne parlerà.

FONTE http://www.ecodallecitta.it

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