Hikikomoro è un termine giapponese, letteralmente “isolarsi, stare in disparte. L’ Hikikomori consiste nel ritiro fra le mura domestiche e la mancanza di qualunque rapporto sociale. Moltissimi giovani ma anche meno giovani non lasciano più la propria stanza da anni e vivono solo attraverso il web. E’ un fenomeno nato in Giappone ma ormai dilagato anche in Europa e in costante crescità anche in Italia. Unici strumenti utilizzati per trascorrere le giornate, internet, fumetti e i videogiochi. La realtà virtuale diventa il sostituto a 360° del mondo reale. Esistono delle differenze, anche considerevoli, tra una nazione e l’altra. Da cosa sono dovute? Informazioni qui http://www.hikikomoriitalia.it/
In Giappone è allarme Hikikomori, il disagio mentale che tiene chiuse in casa 500.000 persone
Hikikomori è una condizione psichica che isola le persone dalla società, che spesso si recludono in casa per mesi
- In Giappone se ne contano mezzo milione
- Un tempo si pensava che fosse una condizione tipicamente giovanile, ma chi già ne soffre avanza in età, continuando a rimanere reclusa
- È una minaccia sia sociale sia economica per il paese, che sta seriamente preoccupando il governo di Shinzo Abe.
Hayashi Kyoko ha iniziato a recludersi volontariamente quando il preside del suo liceo ha iniziato a parlare di esami di ammissione all’università fin dal primo giorno di scuola.
“La vita scolastica divertente che stavo aspettando si è trasformata in niente più che un periodo di preparazione ai test d’ingresso,” ha dichiarato alla testata online Nippon.com. “È stato uno shock enorme. Avevo già l’impressione di non essere parte di questo modello scolastico così rigidamente strutturato. Questa sensazione si è poi trasformata in sintomi fisici veri e propri, e ho smesso di andare a scuola.” Quando da più grande ha iniziato a lavorare part-time, sostenendo pressioni da parte della madre, Kyoko ha raccontato di aver “toccato il fondo”, non potendo più sopportare di vedere persone o lasciare la propria casa.
Kyoko non era la sola in questa situazione. Era diventata una del mezzo milione di “hikikomori”, parola giapponese per indicare le persone chiusesi volontariamente in casa per evitare il contatto sociale (il termine indica sia la persona sia la condizione). Il punto più basso è stato alla metà dei suoi vent’anni, quando riferisce di sé: “Passavo tutto il tempo a criticarmi… tutto ciò che facevo era svegliarmi, mangiare, defecare, respirare. Ero come un cadavere vivente. Non riuscivo a trovare nulla in me che valesse qualcosa. Pensavo che la mia vita non avesse senso.” “Avevo questa rabbia terribile che non sapevo dove indirizzare, ed ero sempre esausta.”
Il governo giapponese definisce ufficialmente hikikomori una persona che non sia uscita di casa o che non abbia interagito con altri da almeno sei mesi. Hikikomori può però avere diverse forme: esistono forme così gravi da non riuscire a lasciare il divano per andare la bagno, come ha raccontato un hikikomori al sito web Quartz.
Altri possono soffrire di disturbi compulsivi così gravi da farsi la doccia molte volte al giorno o pulire le piastrelle del bagno per ore, come uno di loro ha raccontato al The New York Times. Un terzo hikikomori ha detto di aver passato tutto il giorno con i videogiochi, “come se mi potessero calmare”.
Jeff Kingston, professore di Asian Studies alla Temple University di Tokio, ha dichiarato a Business Insider: “Le generalizzazioni troppo ampie tendono sempre a confondere, sembra però che siano più che altro i maschi a mostrare i sintomi evidenti di rinuncia sociale, spesso in quanto conviventi con genitori che si prendano cura di loro.” “Lasciano raramente l’abitazione o la propria stanza, spesso limitando le proprie attività e interazioni al mondo virtuale.”
“Hikikomori è considerata una malattia della classe media perché solo in questo ambito è possibile ottenere il sostegno dei propri familiari.”
Secondo le statistiche governative, nel 2015 in Giappone gli hikikomori di età compresa tra i 15 e i 39 erano 541.000. Non ci sono dati per gli altri gruppi di età, il che indica che la cifra possa essere maggiore. Molte famiglie sono inoltre restie a riferire della presenza di hikikomori al proprio interno, ha detto Kingston.
Il Giappone ha da poco annunciato, per quest’anno, il suo primo censimento di hikikomori tra le persone di età compresa tra i 40 e i 59 anni, secondo l’agenzia di stampa giapponese Kyodo.
I precedenti sondaggi sul fenomeno erano stati indirizzati soltanto alla fascia di età dai 15 ai 39 anni, inducendo le autorità a considerare il fenomeno come limitato alla gioventù. Da allora, il governo ha notato che gli hikikomori crescevano, aumentando il periodo di segregazione, come informa Kyodo.
Il paese spera ora di identificare gli hikikomori più vecchi, cercando di capire di quale assistenza abbiano bisogno le famiglie. Al crescere degli hikikomori, i familiari diventano sempre più anziani per potersene prendere cura e le incognite sul loro destino sempre maggiori.
“Il censimento darà informazioni più accurate, dato che non è mai stato fatto prima. Credo che getterà le basi per politiche di pubblico intervento perché approfondirà i loro bisogni, ma lo stigma sociale rimarrà,” ha affermato Kingston.
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Secondo il New York Times, gli specialisti hanno iniziato a osservare l’hikikomori come fenomeno sociale dallametà degli anni ’80, quando i giovani davano segni di letargia, rifiutandosi di comunicare e passando la maggior parte del tempo chiusi nelle loro stanze.
Non c’è un solo motivo per diventare hikikomori. Alcuni, come ha fatto Kyoko, si ritirano dalla società perché non sanno cosa fare della propria vita, non potendo far fronte alla pressione delle persone che li circondano. Per altri la causa è qualcosa che accade nelle loro vite, come dei brutti voti o delusioni sentimentali, racconta la BBC.
Lo psichiatra Sekiguchi Hiroshi ha scritto su Nippon.com: “un hikikomori prova profonda vergognadi non poter avere un lavoro come le persone normali. Pensano di essere immeritevoli, non adatti alla felicità. Quasi tutti hanno il rimorso di aver tradito le aspettative dei loro genitori.”
“Allo stesso tempo, sono assediati dal conflitto tra una parte di sé che non riesce a stare in mezzo agli altri e l’altra che condanna costantemente il fallimento in questo senso.”
Tamaki Saito, uno dei ricercatori di punta sui hikikomori, ha detto alla BBC: “Sono tormentati. Vorrebbero uscire, avere amici o compagni, ma non riescono.”
L’impatto economico di hikikomori
Poiché gli hikikomori si rifiutano di partecipare alla società, per non parlare di andare semplicemente al lavoro, anche l’economia giapponese soffre.
Il professor Kingston ha detto: “Diminuiscono la portata della forza lavoro, contribuendo a un mediocre mercato del lavoro.” “Inoltre, non essendo autosufficienti, al mancare dell’assistenza familiare causata da morte o problemi economici avranno bisogno di assistenza pubblica.”
Il Giappone affronta già l’invecchiamento della popolazione e notevoli carenze nel mercato del lavoro. In Giappone c’è circa un posto di lavoro e mezzo per ciascun aspirante, come ha riferito a settembre il governo – il valore più alto da 40 anni.
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Secondo Bloomberg, nel 2016 il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha annunciato progetti per costituire centri di ascolto e inviare personale in visita domiciliare agli hikikomori, nel tentativo di riscattare la forza lavoro indebolita nel paese.
Non è chiaro se questo metodo abbia funzionato, ma Kageki Asakura, decano dell’ente non profit Shure University di Tokio, crede che “abbia messo sotto pressione gli hikikomori.”
Quali soluzioni?
Kyoko, la donna reclusasi in casa durante i suoi vent’anni, ha dichiarato di essersi ricongiunta alla società solo una decina d’anni più tardi. In questo periodo ha tentato di uccidersi, è andata in cura da uno psichiatra, e iniziato a parlare ad altri hikikomori. Passati i quaranta, ha iniziato a gestire gruppi di aiuto per hikikomori a Yokohama, dove vive.
Altre realtà di volontariato, come New Start, cercano di portare gli hikikomori ai centri comunitari per ricevere formazione e socializzare.
New Start offre anche “Una Sorella in Affitto”, un programma secondo il quale i volontari visitano le abitazioni e parlano attraverso la porta della stanza degli hikikomori per cercare di farli uscire, come ha documentato il fotografo indipendente Maika Elan, che nel 2016 ha visitato un centro di New Start a Chiba-shi, una città nei pressi di Tokio.
Per una “Sorella in Affitto” ci vogliono da uno a due anni per persuadere un hikikomori a uscire dalla stanza, ha detto Elan.
Altri hikikomori hanno creato un giornale per attrarre attenzione sul mondo degli hikikomori. Fondato nel novembre del 2016, L’Hikikomori Shimbun (in giapponese “shimbun” vuol dire “giornale”) dibatte il fenomeno e cerca di essere d’aiuto tra gli hikikomori e il mondo esterno, secondo il quotidiano giapponese Asahi Shimbun.
Il professor Kingston ha affermato: “Si può solo sperare che un maggiore accesso alle terapie e ai programmi di assistenza che stanno indebolendo la portata sociale del fenomeno possano incoraggiare sempre più persone a cercare aiuto, imparando a gestire i propri sintomi in modo da condurre una vita più appagante e produttiva.”
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