Il colosso hi-tech si presta perfettamente a determinati fini militari

DI GIACOMO GABELLINI

Nel 1999, gli ufficiali cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui hanno pubblicato un libro che può essere senza dubbio considerato una rivisitazione dell’antichissimo, eppur straordinariamente attuale, trattato militare L’arte della guerra, scritto da Sun Tzu nel II Secolo Avanti Cristo. Nel volume, i militari cinesi notavano come lo sviluppo tecnologico aveva realizzato negli anni cruciali situati a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 del XX Secolo aveva profondamente alterato la natura della guerra, in un processo di de-convenzionalizzazione che avrebbe, di lì a poco, trasferito il conflitto sul terreno dell’economia, dell’informazione e della cultura.

La guerra, in altre parole, non sarebbe più stata combattuta in punta di baionetta da eserciti regolari, ma da figure del tutto nuove, quali ad esempio i pirati informatici, capaci, con le loro abilità, di introdursi nelle reti finanziarie e di difesa scardinando in pochi secondi e con un risibile dispendio di mezzi l’apparato protettivo di interi Stati. In tale ottica, internet diviene il veicolo attraverso cui sferrare operazioni di guerra non militari, che nello specifico vengono condotte con strumenti particolarmente affilati quali i social network e i motori di ricerca. L’uso civile al quale sono ufficialmente deputati li rende innocui agli occhi dell’opinione pubblica, tendenzialmente ignara del fatto che la forza dei moderni programmi informatici risiede proprio nella loro capacità di offrire servizi di qualità fungendo al contempo da giganteschi contenitori in cui milioni di utenti riversano volontariamente ma spesso inconsapevolmente informazioni da cui è relativamente facile capire i gusti, gli orientamenti, le inclinazioni e i punti deboli della società per piegarli a fini politici ed economici non sempre confessabili.

Julian Assange, fondatore di ‘WikiLeaks‘, è convinto che alla sommità della piramide informatica operante in tale settore si situi Google, che realizza «più dell’80% del fatturato raccogliendo informazioni sulle persone, aggregandole, archiviandole e classificandole. Costruisce profili della gente per poterne prevedere gli interessi e il comportamento e vende questi profili principalmente alle agenzie di pubblicità». Ma l’attività di Google non si riduce certo a questo, come rileva lo stesso Assange riflettendo sulla presenza, nell’organigramma societario dell’azienda, di un personaggio come Jared Cohen.

Prima di finire nei ranghi di Google, Cohen aveva prestato servizio sotto le amministrazioni Bush jr. e Obama in qualità di funzionario del Dipartimento di Stato, con lo scopo di integrare e mettere le conoscenze della Silicon Valley a disposizione della politica estera Usa. Nel 2010 rassegno le dimissioni per entrare a far parte del potente Council for Foreign Relations (Cfr) e, soprattutto, per insediarsi al vertice di Google Ideas. Nel 2012, come nota un sito sempre molto ben informato, ‘WikiLeaks‘ entrò in possesso di una serie di alcune e-mail interne all’ufficio texano di Stratfor, una società di intelligence strettamente legata alla Cia e ad altre agenzie di cui si compone l’apparato spionistico statunitense.

L’analisi della posta elettronica ha fatto emergere alcuni messaggi da cui si evince che, come scrive lo stesso Assange nel suo ultimo libro, «ironicamente, Jared Cohen potrebbe essere ribattezzato il ‘direttore del cambio di regime’ di Google. Secondo le e-mail, stava cercando di lasciare il suo segno su alcuni dei più importanti eventi storici del Medio Oriente contemporaneo. Si può vedere la sua traccia in Egitto durante la rivoluzione, quando ha incontrato Wael Ghonim, dipendente di Google il cui arresto e detenzione furono sfruttati dalla stampa occidentale per trasformarlo nel simbolo della rivolta. Altre riunioni sono state pianificate in Palestina e in Turchia, ma – in accordo con quanto si legge nelle e-mail di Stratfor – sarebbero state cancellate da alti dirigenti di Google che le consideravano troppo rischiose. Solo pochi mesi prima di incontrarmi, Cohen stava progettando un viaggio al confine dell’Iran, in Azerbaijan, per “integrare le comunità iraniane più vicine al confine” nel progetto di Google Ideas focalizzato sulle ‘società repressive’ […]. I documenti del Dipartimento di Stato [pubblicati da ‘WikiLeaks’]rivelano che Cohen […] aveva lavorato segretamente per creare la Higher Shia League, una forza politica, intellettuale e religiosa di ispirazione sciita in grado di rivaleggiare con Hezbollah […]. Jared Cohen prese il volo per l’Irlanda con lo scopo di dirigere il ‘Salva Summit’, un evento co-sponsorizzato da Google Ideas e dal Council for Foreign Relations. Raccogliendo ex membri delle bande della città, attivisti per i diritti, nazionalisti ed estremisti religiosi provenienti da tutto il mondo in un unico convegno, l’evento mirava a mettere a punto soluzioni tecnologiche al problema dell’”estremismo violento”».

La contiguità di Google con gli apparati che gestiscono e conducono la politica estera statunitense non è certo una novità, se si considera che i suoi fondatori, Larry Page e Sergey Brin, ottennero cospicui finanziamenti dalla Defense Advanced Research Project Agency (Darpa) per sviluppare quello che oggi si configura come il più potente impero informatico del pianeta. Lo stesso lancio di Google Maps è stato possibile grazie all’acquisizione di una società (Keyhole) che aveva messo a punto un sistema di mappatura grazie anche al denaro messo a disposizione dalla National Geospatial Intelligence Agency (Nga) e dalla Cia.

Come contropartita, Google ha collaborato attivamente nella realizzazione di GeoEye-1, un satellite lanciato in orbita nel 2008 dalla Nga per migliorare la geo-sorveglianza, ed ha anche compartecipato a un programma governativo ai sensi del quale alcune società della Silicon Valley avrebbero dovuto mettere determinate tecnologie a disposizione delle agenzie connesse al Pentagono. Il che ha sostanzialmente contribuito a far sì che, a partire dal 2012, Google entrasse «nell’elenco dei lobbisti più attivi di Washington, affiancando società produttrici di armi e compagnie petrolifere. Google supera il gigante aerospaziale militare Lockheed Martin in questa classifica con un totale di 18,2 milioni di dollari spesi nel 2012 rispetto agli 15,3 milioni di dollari da Lockheed. Boeing, il contraente militare che ha assorbito McDonnell Douglas nel 1997, si situa anch’esso su un gradino inferiore rispetto a Google, con 15,6 milioni di dollari spesi, così come Northrop Grumman, ferma a 17,5 milioni di dollari». Non stupisce quindi che, come ammesso già nel 2013 da Jared Cohen e dal potentissimo amministratore delegato di Google Eric Schmidt in un libro scritto a quattro mani: «quello che Lockheed Martin era nel ventesimo secolo, le tecnologie e le imprese di sicurezza informatica saranno nel ventunesimo».  FONTE

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