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MICROMEGA si occupa di rischi a 5G, ottimo momento per l’uscita di questo ottimo articolo.

CONTE UNO E’ CADUTO PER IL 5G, PERCHE’ IL CONTE BIS RIPARTE PROPRIO DA QUI
La tripla firma: prima epurano tre parlamentari di maggioranza di Governo nei giorni delle loro due diverse conferenze stampa con l’Alleanza Italiana Stop 5G (On. Cunial, On. Vizzini, On. Giannone), poi sottraggono a gran forza il dicastero dello Sviluppo Economico a Luigi Di Maio filo-cinese, reo d’aver aperto la nuova Via della Seta digitale coi partner SBAGLIATI, adesso il Conte Bis riparte proprio dal 5G per recuperare all’occhio USA…. il bello è che la firma del mandante-esecutore di
disfai e rifai il Governo continua a FREGARSENE DELLA SALUTE DI 60 MILIONI DI ITALIANI IRRADIATI DALLE RADIOFREQUENZE POSSIBILI CANCEROGENE
Cit. 
Maurizio Martucci

 

 

 

di MARCO BARDINU

 

Per comprendere i pericoli dovuti al prossimo impiego della tecnologia “5G” è necessario ricondurre il tema alla più ampia “Questione Elettrosmog” valutando l’intreccio di tutti gli ambiti coinvolti, a partire da quello sanitario. Come porre efficientemente rimedio all’inquinamento elettromagnetico?

Per comprendere i pericoli dovuti al prossimo impiego della tecnologia “5G” è necessario ricondurre il tema di nostra attenzione alla più ampia “Questione Elettrosmog” valutando l’intreccio di ambiti coinvolti, a partire da quello sanitario.

L’inquinamento elettromagnetico è un fattore epigenetico subdolo, deleterio e sottovalutato, e la maggior

parte delle persone e degli amministratori pubblici non ne percepisce la pericolosità. E, a differenza degli altri agenti nocivi, ciò costituisce il primo grande problema: come porvi efficientemente rimedio?

Ogni dispositivo a radiofrequenze (RF) funziona grazie a fenomeni fisici e le forze in campo, in fisica, si sommano. Per cui, ad esempio, non sarete esposti solo alle radiazioni del wi-fi di casa vostra, ma pure a quelle provenienti dagli appartamenti circostanti. Aneddoto che, se esteso alla commistione e al contemporaneo utilizzo di un milione di device per chilometro quadro collegati tra loro da molteplici frequenze, inesplorate ma ubiquitarie e bioattive come sarà con il 5G, dovrebbe farvi intendere la condizione a cui saremo continuamente esposti, senza protezioni né possibilità di fuga.

Le immissioni di quinta generazione, che non sono come si presume una naturale evoluzione del 4G e dei

precedenti modelli, andranno ad aggiungersi alle presenti e queste sono già in grado di generare numerosi danni. Gli stessi Lloyd’s di Londra, dal 2010, non garantiscono più le conseguenze delle propagazioni in esame e le altre agenzie assicurative ne stanno seguendo l’indirizzo.

Ne conseguono le direttrici di pensiero necessarie al discernimento del combinato disposto scaturente da

quella che ora dovrebbe cominciare con l’esservi più chiara come “La Questione Elettrosmog”.

Il nocumento procurato dalle radiazioni elettromagnetiche necessita di essere riconosciuto all’interno delle definizioni scientifico culturali di “inquinamento” e di “sostenibilità ambientale” e condiviso dalla stragrande maggioranza dei connazionali, perché la conoscenza dei fenomeni e l’attuazione di comportamenti virtuosi sono improcrastinabili per il benessere della Terra e dei suoi abitanti.

Le politiche tecnologiche devono basarsi sul parere della scienza libera da qualsivoglia influenza economica, dato che si ha a disposizione ampia documentazione in grado di palesare i conflitti d’interesse presenti nel comparto come negli altri. Bisogna quindi recuperare la terzietà delle Istituzioni, la cui espressione sostanziale si rintraccia nell’art. 41 della Costituzione, che, appresso agli artt. 2 e 32 della Carta sui diritti fondamentali dell’essere umano, e su quello alla salute tra di essi, ribadisce con forza la preminenza sociale quale fine ultimo dell’azione di governo e delle sue ricadute.

È dal 2011, con la Risoluzione n.1815 del 27 maggio, che l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa avverte di uno stato dell’arte inadatto alla protezione della Salute Pubblica, ma nessun Paese ha mai adeguato i limiti espositivi al “Principio di Precauzione” contenuto nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Anzi. A fronte degli 0,2 V/m suggeriti, la legislazione italiana prescrive di non superare i 6 V/m facendo una media del monte elettromagnetico nelle ventiquattro ore per i luoghi a maggiore frequentazione/permanenza. Un livello trenta punti più alto dell’appropriato che le multinazionali titolari delle frequenze 5G, che hanno sborsato 6,55 miliardi di euro per la loro aggiudicazione, vorrebbero superare non poco. Si sussurrano nuovi limiti a partire dai 41 e fino ai 61 V/m.

Però non c’è stata, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, alcuna indagine preventiva sulle nuove frequenze che ne autorizzasse, dopo responso positivo, la vendita. Lo Stato infatti ha il compito di sollecitare l’azione dell’ISS, come dell’INAIL, in base all’art. 6 comma I della Legge di Riforma Sanitaria n. 833 del 1978, con riferimento a “ … le forme di energia capaci di alterare l’equilibrio biologico ed ecologico”, ma nulla in tal senso è stato fatto. Uno scenario angosciante, perché una sperimentazione sulla popolazione imporrebbe senza eccezioni il conseguimento del necessario consenso informato, e quindi la legittimazione ad operare come da “Codice di Norimberga” (1947), e che diversamente si produrrebbe in una delle più gravi violazioni dei diritti umani.

E’ certo, lo motiva il TAR del Lazio con la sentenza n. 500/2019, che il beneplacito degli italiani non può esserci stato e non vi sia perché i Ministeri dell’Ambiente, della Sanità e dell’Istruzione, dopo il varo della “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” del 22 febbraio 2001 n. 36, non hanno svolto campagne informative di educazione sanitario ambientale, trasgredendone l’art. 10, né emanato, il solo Ministero della Salute, il decreto sulle etichettature che avrebbe dovuto spiegare ai cittadini e ai lavoratori come ridurre l’esposizione all’elettrosmog, all’art. 12, evidentemente ritenuto pericoloso.

Si rammenta che diciotto anni fa non si parlava mica di un sistema particolarmente complesso come l’odierno 5G, bensì di apparecchi e dispositivi ad uso domestico, individuale e lavorativo; che alla guida dell’Italia nel frattempo si sono avvicendate coalizioni politiche di ogni provenienza senza che nulla sia mutato e che, con la scusa dei poteri speciali esercitabili dal Governo per gli asset strategici, il 5G è stato blindato pure in “Golden Power”.

Il 19 luglio 2019 è partita una campagna comunicativa congiunta promossa dai suddetti ministeri, ma lo sforzo non risulta sufficiente a far sviluppare una piena consapevolezza dei cittadini in materia.

Si ricordi che il D. Lgs. 81/08 indica al capo VIII gli agenti fisici, e tra essi i CEM, come lesivi per la salute dei lavoratori. Ma ormai non c’è contesto che non esponga gli impiegati a commistioni di frequenze pericolose per la loro incolumità, come acclarano sempre più sentenze da parte della magistratura. I giudici infatti, da circa un decennio, correlano l’insorgenza delle patologie cancerose con la continuativa esposizione alle fonti inquinanti nei luoghi di lavoro dei ricorrenti.

Se n’era accorto anche l’ex Ministro dell’Ambiente Galletti, che è arrivato addirittura ad affermare: “Al fine di ridurre il più possibile l’esposizione indoor ai campi magnetici ad alta frequenza (RF) dotare i locali di sistemi di trasferimento dati alternativi al wi-fi, es. la connessione via cavo o la tecnologia Powerline Comunication (PLC)”. (Decreto 11 gennaio 2017, pubblicato in G.U. serie generale 28.01.2017 allegato 2, c. sottosezione 2.3.5.4 “Inquinamento elettromagnetico indoor”, pp. 44-45).

Con quattro aspetti da rimarcare: 1) la prima parte della dicitura riconosce implicitamente la pericolosità delle RF; 2) se è necessario cautelarsi all’interno degli edifici pubblici (come nel caso di specie), perché non farlo nelle abitazioni e nelle costruzioni ad uso privato?; 3) la locuzione “dotare i locali di sistemi di trasferimento dati alternativi al wi-fi” è la più sonora bocciatura del mondo wireless; 4) se le radiazioni fanno male, perché dovrebbero essere innocue quelle a cielo aperto del 5G? Non dimentichiamoci i ventimila satelliti che le multinazionali hanno incominciato a lanciare in orbita di recente, che copriranno la superficie terrestre di segnale indipendentemente dalla nostra volontà, assieme alla miriade di congegni predisposti e in corso di installazione per il suo completamento.

A proposito di effetti biologici, il peer review della studiosa tedesca Isabel Wilke su oltre 100 studi sulla radiazione a 2,45 GHz (quella dei wifi), ha comprovato l’azione citotossica dei CEM a carico di tutto il mondo vivente a livelli inferiori a quelli sanciti dalle linee guida sulla sicurezza dalla Commissione Internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP), ente privato e discusso sulle cui valutazioni si basano gli accorgimenti assunti mondialmente in tema di elettrosmog.

Le soluzioni cablate, che azzerano l’esposizione umana alle radiazioni, devono perciò sempre essere preferite alle modalità senza filo, che non sono adatte per gli ospedali e la telemedicina, per le camere da letto e gli spazi di lavoro, nelle sale comuni e nelle stanze d’ospedale, nelle aule scolastiche e universitarie e per i trasporti pubblici. Gli attuali limiti di esposizione, la scienziata lo conferma, non sono affatto atti a proteggerci dai rischi per la salute quando associati a emissioni wireless.

Un motivo per rivedere attentamente le nostre abitudini.

La IARC (aprile 2019) ha deciso di ridiscutere la classificazione del 2011 che annoverava l’inquinamento elettromagnetico nella categoria dei possibili cancerogeni (2B). Lo ha fatto perché adesso può contare sui risultati delle sperimentazioni sugli animali, condotte dal National Toxicology Program americano e dall’Istituto Ramazzini di Bologna (assimilabili al 3G), che non aveva otto anni fa.

E allora perché tutta questa fretta nell’implementazione di una tecnologia così controversa, quando c’è la possibilità che l’elettrosmog venga definito probabile cancerogeno se non certo? Perché questo argomento viene sottaciuto dai circuiti informativi mainstream anziché essere oggetto di una divulgazione scientifica completa e alla luce del sole? Qualcuno ha cominciato a pensare al come reperire le risorse economiche per sostenere i costi umani, sanitari e sociali di una simile strage? Non è che ci riproporranno la solita scusa delle alte penali da contratto per non dismettere un protocollo con diverse zone d’ombra?

Speriamo davvero di no. Intanto sarebbe opportuno che chi di dovere rassicurasse i portatori di protesi cardiache e metalliche, sì da renderli certi di non dover correre rischi di malfunzionamenti da interferenze e di fastidiosi fenomeni di accumulo.

(5 settembre 2019

FONTE http://lameladinewton-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/09/05/questione-elettrosmog-e-5g-una-visione-d%E2%80%99insieme/?fbclid=IwAR2qaVZackRscKITCmdosW3NzdLiez74eKv7fNSUDJeaR-W-sw8FX_PcSJY

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