di Franco Iacch
L’evoluzione di una piattaforma tattica non deve necessariamente essere ostaggio della migliore e più costosa tecnologia. Pensare ai sistemi d’arma laser, ad esempio, è suggestivo, ma ad oggi non ancora praticabile. L’evoluzione, quindi, non deve necessariamente essere l’ombra di un contesto non ancora definito e soltanto immaginato, ma dovrebbe anche indirizzarsi nel rendere performante la tecnologia già esistente.
I Micro Droni Tattici Autonomi.
Una difesa intelligente in grado di rilevare le minacce in entrata unita alla capacità di monitorare ambienti ostili ed inaccessibili per le piattaforme tradizionali per un approccio tattico asimmetrico. Caratteristiche che potrebbe rivoluzionare il modo stesso di acquisire informazioni sui campi di battaglia.
Gli scenari operativi del 2030 saranno dominati dai Micro Droni Tattici Autonomi. Le specifiche, per sistemi del genere, saranno plasmate sulle esigenze dell’operatore umano rischierato sul terreno. Un contesto tattico standard con implementazione UAV, prevede il controllo della componente robotica a distanza con diverse modalità di volo.
L’implementazione dei Micro Droni Tattici Autonomi sui campi di battaglia, conferirà una capacità integrata all’unità rischierata per un’agevole rilevamento e miglioramenti cognitivi a scopi d’Intelligence in luoghi aperti e chiusi.
Un Drone Micro Tattico Autonomo dovrà avere di una lunghezza massima di quindici centimetri ed un peso complessivo non superiore ai settanta grammi. La prima caratteristica conferisce al drone una minuscola superfice quasi “impossibile” da colpire dal fuoco nemico. La seconda caratteristica la rende ideale per essere implementata nelle stazioni modulari installate sugli esoscheletri schermati che equipaggeranno la fanteria del futuro.
I Micro Droni Tattici Autonomi (MDTA) saranno dotati di sistemi di navigazione GPS, anticollisione, comunicazione, telecamere di bordo e ricetrasmettitori ad infrarossi per identificare i segnali che rimbalzano dalle pareti di uno spazio chiuso. Caratteristica essenziale dei Micro Droni Tattici Autonomi sarà la modalità ”follow-me” avanzata.
Connesso con l’esoscheletro che a tutti gli effetti diverrà la stazione di controllo di riferimento, un MDTA seguirà dalla quota prestabilita l’unità sul campo fornendo immagini in tempo reale ad uno o più esoscheletri collegati in rete. Il drone si interfaccerà con l’esoscheletro sul campo utilizzando GPS, giroscopi, accelerometri, sonar, ed un sensore di pressione barometrica per stimare altitudine (oltre alla capacità di codificare una rotta prestabilità).
Il vantaggio fondamentale di un Micro Drone Tattico Autonomo è la sua capacità di “liberare” l’operatore sul campo. Seguendo da una quota fissa prestabilita l’unità in avanscoperta in territorio ostile, il drone trasmetterà immagini (telecamera fissa o in movimento) in tempo reale ai soldati dotati di dispositivi per la realtà aumentata. I controlli standard di back-up di un MDTA, incorporati nella stazione modulare fissata all’esoscheletro, saranno attivati qualora la modalità di rientro autonomo dovesse essere offline.
La console standard di controllo di un drone, considerando l’affidabilità del sistema di seguire la propria sorgente e la velocità dei calcolo dei nuovi processori di un MDTA, sarà implementata in un dispositivo standard universale da installare, ad esempio, sull’impugnatura di un fucile d’assalto.
L’MDTA, quindi, nasce per garantire maggiore consapevolezza al soldato che continuerà la sua missione senza mai doversi privare del suo equipaggiamento principale. Date le ridotte dimensioni, ogni operatore sul campo potrebbe essere dotato di un proprio drone, conferendo enormi vantaggi tattici. La condivisione delle informazioni con droni equidistanti grazie ad onde radio a bassa frequenza, è solo uno questi vantaggi.
La vera svolta per i Micro Droni Tattici Autonomi sarà l’alimentazione. Considerando il supporto energetico fornito dall’attuale tecnologia delle batterie, è facile dedurre che non sarebbero in grado di alimentare un drone per ore. Il concetto delle “sanguisughe” è innovativo: micro-droni lanciati verso una fonte di energia. Giunti a destinazione, le sanguisughe trasmetteranno l’energia all’esoscheletro dell’umano che a sua volta alimenterà i droni controllati in remoto. Tale tecnologia sarà messa a punto entro il 2040.
La possibilità di ricaricare un drone, facendolo atterrare su un cavo dell’energia elettrica poi, è suggestiva, ma solo per missioni di ricognizione in remoto, non di certo con unità sul campo. Sarebbe corretto affermare che il primo obiettivo della guerra del futuro saranno le fonti di energia per mantenere operativi gli asset robotizzati sul campo di battaglia.
I Micro Droni Tattici Autonomi del 2030 dovranno possedere la capacità di ricorrere all’alimentazione wireless ed all’energia rinnovabile organica. La possibilità di attingere, in ultimo, alle sorgenti energetiche delle infrastrutture nemiche è un’opzione non sempre attuabile.
Il punto di partenza per i Micro Droni Tattici Autonomi potrebbero essere i MAV (Micro Air Vehicle) come il Black Hornet Nano. E’ un micro elicottero di dieci centimetri, pesante appena 16 grammi, in dotazione all’esercito inglese.
Il Black Hornet, costruito dalla società norvegese Prox Dynamics, decollando dal palmo della mano, può volare per trenta minuti, con un raggio d’azione di mezzo miglio ad una velocità massima di 35 km/h. È pilotato a distanza tramite una console dotata di schermo a colori. L’avionica comprende un Gps, un’antenna per il trasferimento in tempo reale dei dati ad alta velocità, una modalità autopilota, tre telecamere con inclinazione e zoom e la capacità di ritornare alla base automaticamente, in caso di perdita di segnale o di batteria quasi esaurita. È utilizzato per missioni di ricognizione.
Appare evidente che i Micro Droni Tattici Autonomi non guardano ad un futuro che ancora non esiste, ma prevedono un upgrade dell’attuale tecnologia disponibile. Anche questo è un vantaggio non indifferente.
* Franco Iacch. Analista militare accreditato al Ministero della Difesa e alla NATO, ha approfondito l’uso di sistemi d’arma nelle basi di Sigonella dell’Aeronautica Militare e della US Navy. Ha collaborato con contingenti militari esteri e ha partecipato come analista a bordo di nave Garibaldi durante “Unified Protector”. Collabora con testate nazionali e col Parlamento Europeo in tema di sicurezza internazionale. Primo italiano ad aver testato il software gestionale 2B dell’F-35.
Articolo in media partnership:
FONTE http://www.notiziegeopolitiche.net/?p=60596
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