Starlink – La Silenziosa Militarizzazione del Cielo

Come una rete satellitare privata sta cambiando la guerra, la politica e l’atmosfera.

Un punto di vista di Günther Burbach

Il travestimento da progetto civile

Starlink viene spesso presentato come un trionfo dell’ingegneria moderna: una rete globale di migliaia di piccoli satelliti che promette di portare internet anche nelle regioni più remote. Un simbolo di connessione, progresso, uguaglianza digitale e innovazione tecnologica. Ma dietro questa narrazione salvifica si nasconde un progetto che ha ormai superato la sfera civile. Starlink non è solo un’infrastruttura di comunicazione, ma un’architettura geopolitica progettata per proiettare potere, esercitare controllo e garantire la supremazia digitale nell’orbita terrestre. La narrazione ufficiale segue uno schema semplice: SpaceX come azienda rivoluzionaria che democratizza il cielo, ed Elon Musk come visionario che porta la rete dove i governi hanno fallito. In realtà, il modello di business è così pesantemente sovvenzionato che il termine “privato” è quasi inappropriato. Più della metà dei costi di sviluppo deriva da contratti governativi, spesso di natura militare, legati alla sicurezza o segreti. Ancora più problematico è l’effetto strutturale: Starlink sottrae l’infrastruttura globale di comunicazione al controllo pubblico. Ciò che un tempo era soggetto a regole nazionali o multilaterali ora appartiene a un’azienda con sede negli Stati Uniti, che non risponde a organismi internazionali né è soggetta a regolamentazioni democratiche.
Chi vuole accedere paga. Chi viene escluso tace. La struttura stessa del sistema rivela che è stata progettata fin dall’inizio per la dominazione strategica. I satelliti operano in orbite basse, sono modulari e sostituibili in pochi giorni. Un “sciame vivente” in costante espansione, sostituzione e ottimizzazione. Il controllo è affidato a stazioni di terra automatizzate, gestite tramite software centralizzato su server negli Stati Uniti, inaccessibili a qualsiasi Stato. Questo significa che lo strato di comunicazione planetaria è stato di fatto privatizzato. E questa privatizzazione è irreversibile, finché non esisterà un sistema alternativo con una portata paragonabile. L’Europa sta pianificando IRIS² come contrappeso, ma è in ritardo di anni, sia tecnologicamente che finanziariamente e politicamente. Starlink è quindi un esempio emblematico della politica di potere moderna mascherata da innovazione digitale: un progetto civile che ormai svolge una funzione strategica.
Mentre i governi parlano ancora di “digitalizzazione”, il cielo sopra di loro è già stato suddiviso in zone private, una rete che si autoregola, si auto-rinnova e non serve più allo scopo dichiarato.

Ucraina – Il banco di prova

La guerra in Ucraina ha rivelato la vera natura di Starlink. Ciò che era stato venduto come una promessa civile – internet veloce per regioni remote – si è trasformato, nella primavera del 2022, in un’infrastruttura militare cruciale. Mentre le truppe russe distruggevano torri radio, tagliavano cavi in fibra ottica e paralizzavano le reti di comunicazione ucraine in poche ore, nelle basi militari ucraine iniziarono ad apparire piccole valigette grigie: i terminali Starlink. Non arrivavano per caso umanitario, ma attraverso canali ufficiali del Pentagono. In poche settimane, migliaia di dispositivi erano operativi. Si trovavano in centri di comando, ospedali da campo, basi improvvisate per droni. Trasmettevano ordini, immagini satellitari, dati di puntamento. Il Ministero della Difesa ucraino parlò di una “resurrezione comunicativa”. Ciò che pochi notarono: questa linfa vitale non passava attraverso infrastrutture ucraine, ma attraverso una rete privata in mani americane. Starlink non ha solo facilitato lo scambio tra unità. Ha cambiato la guerra stessa. I piloti di droni potevano controllare i loro dispositivi in tempo reale a centinaia di chilometri di distanza, gli ufficiali di artiglieria ricevevano coordinate precise dalla cloud, i medici inviavano immagini live dalle zone di guerra. La velocità con cui fluivano le informazioni era militarmente rivoluzionaria e politicamente delicata, perché dipendeva da un unico uomo: Elon Musk. Nel settembre 2022 si verificò uno scandalo. La connessione Starlink non era stata attivata in alcune parti della Crimea, per timore che l’Ucraina potesse usare il sistema per attaccare postazioni russe, rischiando di “trascinare Musk in una guerra mondiale”. Improvvisamente, intere unità di droni rimasero senza segnale. In una guerra moderna, dove la comunicazione è vita, fu un terremoto tattico. Questo episodio ha rivelato una nuova realtà: un imprenditore privato decideva le sorti delle operazioni militari di uno Stato sovrano. Non un generale, non un ministro della difesa, non un presidente, ma un’azienda tecnologica controllava le arterie di comunicazione di un esercito. Il Pentagono reagì con un misto di ammirazione e panico. Ammirazione per la robustezza ed efficacia del sistema. Panico perché non apparteneva allo Stato. Da allora, Washington cerca di assicurarsi il controllo attraverso accordi contrattuali. Ma il precedente rimane: per la prima volta nella storia di una guerra, una rete privata è diventata uno strumento tattico decisivo e, al contempo, un rischio politico. Starlink in Ucraina non è stato un aiuto umanitario. È stato un test. Una dimostrazione di come la tecnologia possa spostare il potere: dagli Stati alle aziende. E questo test è stato così efficace che l’integrazione militare è ormai solo una questione di formalità.

Integrazione militare – Starshield e la nuova guerra orbitale

Dopo l’impiego in Ucraina, è diventato chiaro: Starlink non era più solo un’infrastruttura civile, ma militare, anche se gestita privatamente. E meno di un anno dopo, questa consapevolezza si è trasformata in un programma ufficiale. Nel dicembre 2022, SpaceX ha annunciato una nuova divisione: Starshield. Il nome non era casuale. Segnava il passo successivo: l’integrazione della costellazione satellitare privata nell’architettura militare degli Stati Uniti. Starshield è tecnicamente quasi identico a Starlink, ma differisce radicalmente per software e priorità. Mentre Starlink è pensato per utenti civili, Starshield utilizza protocolli di crittografia militari, livelli di accesso differenziati e canali dati esclusivi per il Pentagono. Nei documenti ufficiali della US Space Development Agency (SDA), il sistema è descritto come una “rete di comunicazione flessibile e scalabile per operazioni tattiche”.

L’idea di fondo è semplice: Se la guerra è digitale, la rete non può essere in mani pubbliche, ma in mani sicure. E “sicure” in questo caso significa: americane. Dal 2023, il Pentagono ha intensificato la collaborazione. Starshield viene testato per la comunicazione in tempo reale tra sciami di droni, per il trasferimento di dati tra satelliti da ricognizione e per l’integrazione con sistemi di puntamento basati sull’intelligenza artificiale. È parte del concetto di “Joint All-Domain Command and Control” (JADC2), che mira a unificare il flusso di informazioni tra operazioni terrestri, aeree, navali, cyber e spaziali. In altre parole: Starlink e Starshield formano la spina dorsale della futura comando digitale delle guerre. Mentre i governi discutono di privacy o controllo degli armamenti, l’esercito statunitense sta creando una propria sfera di comunicazione, ridondante e indipendente, non più sulla Terra, ma in orbita.

Gli Stati Uniti non hanno più bisogno di infrastrutture terrestri per coordinare le proprie forze armate: hanno una nuvola privata di alluminio, celle solari e frequenze radio che funziona a livello globale. Ma le conseguenze vanno ben oltre l’efficienza militare. Con Starshield nasce un settore completamente nuovo: la guerra spaziale commercializzata. Un ambito in cui le aziende eseguono contratti militari, ma mantengono il controllo fisico del sistema. SpaceX resta proprietaria dei satelliti, anche se servono il Pentagono. Questo è giuridicamente innovativo e politicamente esplosivo. In caso di crisi, non è chiaro chi deciderebbe su utilizzo, spegnimento o priorità: lo Stato o l’operatore. Nel frattempo, altre nazioni stanno sviluppando modelli simili: la Cina con la sua costellazione “Guowang” e la Russia con “Sfera”. Il risultato è una corsa agli armamenti globale in orbita, un “Space Race 2.0”, non più tra Stati, ma tra reti commerciali-militari. Starshield indica la direzione: lo spazio non è più un luogo neutrale, ma una zona di dati militarizzata. Il cielo sopra di noi non è più vuoto: è pieno di sistemi che ascoltano, vedono, trasmettono e decidono. E non appartengono all’umanità, ma a chi li controlla attraverso contratti, software e capit

La leva geopolitica

Starlink non è più solo un sistema tecnico, ma uno strumento di pressione geopolitica. Chi controlla l’infrastruttura di comunicazione di un Paese controlla anche il suo margine di manovra. E questo avviene non in modo aperto o aggressivo, ma in modo strisciante, sotto il mantello della digitalizzazione. Gli Stati Uniti, attraverso Starlink, hanno creato uno strumento che va oltre la diplomazia tradizionale o la presenza militare. È un’arma di dipendenza strategica. I Paesi che adottano la rete diventano parte di un’architettura di dati dominata dagli Stati Uniti. Quelli che la bloccano devono costruire alternative proprie, un processo che richiede anni e miliardi. Non è teoria, ma prassi visibile: i Paesi africani che hanno aperto a Starlink possono essere connessi in pochi giorni, ma l’intera infrastruttura tecnica, dall’orbita alla terra, rimane americana. Nessun governo, nessun operatore telecom, nessun regolatore internazionale può sapere cosa accade su questi canali. Questa dipendenza asimmetrica è geopoliticamente potente. Starlink è, in sostanza, il primo equivalente digitale dei portaerei americani: mobile, dispiegabile ovunque, difficile da attaccare e attivabile in qualsiasi momento. Dove un tempo si costruiva, proteggeva o distruggeva un’infrastruttura, oggi basta un segnale dall’orbita. Un pulsante può connettere intere regioni alla rete o isolarle. Per Washington, è un sogno strategico. Starlink consente ciò che la politica delle alleanze tradizionali spesso non riesce a fare: controllo senza occupazione diretta. La presenza militare è sostituita da una presenza digitale, la sovranità nazionale da diritti di licenza. E tutto ciò avviene legalmente, attraverso contratti commerciali. Cina e Russia hanno compreso la portata di questa dinamica. Entrambe stanno lavorando a contromisure:

La Cina sta sviluppando “Guowang” (Rete Nazionale), una mega-costellazione di oltre 12.000 satelliti.

La Russia risponde con “Sfera”, un progetto che combina servizi civili e militari.

Entrambi i sistemi mirano a replicare Starlink, ma sotto il controllo statale. L’Europa, invece, è rimasta indietro. Il progetto IRIS², che dovrebbe creare una rete satellitare europea entro il 2027, stenta a decollare. Tagli al budget, conflitti di competenza e una ingenuità politica rispetto alla velocità degli attori privati relegano l’UE al ruolo di spettatore digitale.
Mentre Bruxelles redige regolamenti sulla privacy, le aziende americane conquistano l’orbita. La conseguenza geopolitica è chiara: chi gestisce Starlink non controlla solo i dati, ma anche l’influenza. La linea tra sovranità digitale e controllo straniero diventa sfumata. Un Paese che affida le sue comunicazioni a una rete straniera non è più sovrano: è un protettorato tecnologico. Starlink ha unito l’Occidente, ma ha diviso il resto del mondo. Per molti Paesi, è al contempo una benedizione e una minaccia: accesso alla rete in cambio della rinuncia al controllo. Ed è proprio qui che risiede la leva geopolitica, sottile, discreta, ma più efficace di qualsiasi sanzione.

La dipendenza come sistema

L’Ucraina è stata l’esperimento, Starshield il prototipo, ma l’obiettivo va oltre: una rete di comunicazione globale, controllabile selettivamente in tempi di crisi o conflitto. Quella che sembrava una visione tecnica è già realtà. Starlink ha creato una nuova forma di dipendenza, invisibile e silenziosa, ma strutturalmente profonda. Questa dipendenza opera su più livelli. Tecnologico:
Una volta connessi a Starlink, non si torna indietro. I terminali, il software, le frequenze: tutto è proprietario, criptato, chiuso. Anche i governi che approvano ufficialmente il sistema non hanno accesso al controllo. Se SpaceX decide di spegnere una regione, questa diventa oscura. Nessuna legge, nessun contratto può impedirlo. Quella che un tempo era sovranità – il controllo sull’infrastruttura di comunicazione – è ora legata a chiavi private. Economico:
Starlink non è solo una rete, ma un sistema di abbonamento globale. Chi entra nel sistema paga e resta intrappolato in un ciclo di dipendenza digitale. I Paesi che usano Starlink come piattaforma di comunicazione nazionale investono milioni in terminali, licenze e supporto. Ma nulla di tutto ciò appartiene a loro. Affittano la loro connessione al mondo. Non è più un rapporto commerciale, ma una vulnerabilità strutturale imposta dalla tecnologia. Politico:
Starlink opera come “infrastruttura privata”, ma con accesso diretto alle strutture decisionali militari. Il governo statunitense può stabilire priorità contrattuali senza che altri Stati abbiano visibilità. Questa struttura rende la rete uno strumento di controllo politico, sottile ma efficace. Se un Paese agisce contro gli interessi americani, una limitazione del flusso di dati può generare pressione economica e sociale. Il concetto che emerge è nuovo: egemonia digitale attraverso il controllo delle infrastrutture. Non le armi, ma le frequenze decidono il potere. Non le colonne di carri armati, ma le server farm. In questo modello, le guerre non sono più solo territoriali, ma infrastrutturali, e il vincitore è chi controlla l’accesso alle reti. La dipendenza è voluta. Non è un danno collaterale dell’innovazione, ma il suo scopo. Starlink e sistemi simili non vogliono solo connettere i Paesi, ma legarli all’ordine tecnologico occidentale. È una forma moderna di vassallaggio, codificata in pacchetti di dati e termini di servizio. E questa logica è ormai irreversibile. Chi entra nella rete non può uscirne senza regredire. Questo è il nuovo principio del controllo globale: non il possesso, ma l’accesso determina il potere, e chi concede l’accesso stabilisce le regole.

L’ombra ecologica

Mentre l’influenza politica e militare di Starlink cresce, il suo impatto ecologico è quasi del tutto ignorato. Eppure, è enorme. L’infrastruttura apparentemente invisibile nello spazio ha un costo ecologico molto concreto, che aumenta con ogni nuovo lancio di satelliti. Tutto inizia con la produzione: ogni satellite Starlink pesa circa 260 kg ed è composto principalmente da alluminio, silicio, terre rare, rame e litio. La sua fabbricazione richiede circa 20-25 megawattora di energia, oltre a processi di produzione altamente specializzati in ambienti sterili. Ciò significa un’impronta di CO₂ significativa ancor prima del lancio. Con oltre 6.000 satelliti in orbita e migliaia di altri previsti, il bilancio materiale è colossale: un ciclo di fusione, lancio e combustione. Ogni satellite ha una vita utile di circa cinque anni, dopodiché viene fatto rientrare in modo controllato e brucia nell’atmosfera. Quello che sembra un processo di riciclo pulito è, in realtà, un’enorme emissione di ossidi metallici. Durante il rientro, l’alluminio si ossida in polvere fine, ossido di alluminio, che rimane nella mesosfera e nella stratosfera. Studi della University of British Columbia e della NOAA mostrano che ogni anno vengono rilasciate centinaia di tonnellate di questo materiale nell’alta atmosfera.

Con le costellazioni pianificate, entro il 2030 si potrebbero raggiungere migliaia di tonnellate all’anno. Queste particelle non sono innocue. L’ossido di alluminio è chimicamente stabile e riflette la luce ultravioletta. In grandi quantità, altera il bilancio radiativo dell’atmosfera, simile a particelle di fuliggine o solfati. A lungo termine, potrebbe influenzare la distribuzione della temperatura nell’alta atmosfera, forse persino i processi dello strato di ozono. Non si sa ancora esattamente come questo ciclo di materiali artificiali nel cielo avrà effetto, ma è certo che un impatto ci sarà. A ciò si aggiunge il consumo energetico dei lanci. Una singola missione Falcon-9 brucia circa 112 tonnellate di cherosene (RP-1), emettendo circa 350 tonnellate di CO₂. Nel solo 2024, SpaceX ha effettuato oltre cento lanci, pari a più di 35.000 tonnellate di emissioni di CO₂ solo per il trasporto di nuovi satelliti. Queste emissioni vengono rilasciate direttamente nell’alta atmosfera, dove hanno un impatto climatico diverso rispetto a quelle terrestri, contribuendo al riscaldamento globale ma anche a possibili anomalie di raffreddamento locale. Inoltre, c’è l’aspetto dei detriti: non tutti i satelliti si disintegrano completamente durante il rientro. Frammenti metallici, specialmente di leghe resistenti al calore, sopravvivono e finiscono, spesso inosservati, negli oceani o in regioni remote. La NASA documenta regolarmente casi simili. Con ogni giorno che passa, con più satelliti che si disintegrano, aumenta la massa totale di materiale che entra nel ciclo globale della materia. Starlink non è quindi solo una rete digitale, ma un sistema materiale con un’impronta planetaria. Ogni messaggio che passa attraverso la rete lascia una scia di energia, alluminio e cherosene. E più la costellazione cresce, più il costo ecologico diventa invisibile, perché spostato letteralmente nel cielo. L’industria spaziale parla di “connettività sostenibile”. In realtà, è l’opposto: un ciclo continuo di produzione, lancio, utilizzo e distruzione, un sistema ad alto consumo tecnologico che trasforma il cielo in una zona di smaltimento.

La nuova forma di potere

Starlink segna l’ingresso in una nuova era di potere politico e tecnologico. È il primo sistema che mostra come la sovranità nel mondo digitale si ridefinisca, non più attraverso territori o armi, ma attraverso il controllo di reti, dati e infrastrutture che non rispondono a nessuna costituzione. Lo Stato non perde qui il suo ruolo gradualmente, ma apertamente: la capacità di proteggere la propria sovranità comunicativa. Un tempo, solo gli Stati potevano gestire reti di comunicazione globali: cavi sottomarini, frequenze radio, satelliti. Oggi, invece, le aziende private controllano sistemi in grado di connettere o disconnettere interi Paesi in tempo reale.
Starlink è solo l’esempio più visibile di una tendenza che va oltre l’orbita: Amazon con Kuiper, OneWeb con capitali britannici e indiani, la Cina con Guowang. Ma nessun altro sistema è così grande, è cresciuto così rapidamente e si è integrato così profondamente nei processi militari come la rete di SpaceX. Questo sposta radicalmente l’equilibrio di potere. La nuova forma di autorità non si basa più sulla legittimazione statale, ma sulla superiorità tecnologica. Si potrebbe dire: il monopolio della violenza è stato sostituito dal monopolio delle infrastrutture. E questo monopolio è molto più efficace, perché quasi invisibile. Starlink opera al di fuori dei tradizionali spazi giuridici. Non è soggetto al diritto internazionale, alle regolamentazioni delle Nazioni Unite, né a chiare responsabilità legali. I satelliti si muovono in orbite basse, tra gli spazi aerei nazionali e il vuoto globale, un territorio giuridico di nessuno. Se un Paese fosse colpito da una disconnessione o una manipolazione, non ci sarebbe un’istanza in grado di richiedere risarcimenti. Anche se uno Stato si opponesse all’uso, come Russia o Cina, non potrebbe impedirlo tecnicamente senza un conflitto militare in orbita. Questo crea una nuova forma di potere: una sovranità tecnologica senza responsabilità politica. È questa la vera rivoluzione introdotta da Starlink. La capacità di creare, spostare o eliminare spazi di comunicazione è oggi più preziosa di qualsiasi esercito. Perché chi controlla ciò che le persone vedono, sentono o trasmettono, controlla anche la loro visione del mondo. E questo potere non è ipotetico: è già in uso:

In Ucraina, dove Starlink decide delle operazioni militari.

In Africa, dove i governi affittano digitalmente intere regioni.

Negli Stati Uniti stessi, dove il sistema è parte delle strategie di sicurezza nazionale.

Quello che sta emergendo è un feudalesimo digitale, un mondo in cui le aziende, come signori feudali, dominano territori di comunicazione, mentre gli Stati diventano vassalli delle loro stesse infrastrutture. Pagano per l’accesso, ma non lo possiedono. Possono usarlo, ma non plasmarlo. Hanno responsabilità senza controllo. Questa non è una visione distopica del futuro, ma la realtà presente. Starlink ha dimostrato quanto velocemente il potere possa spostarsi quando è mediato dalla tecnologia. E ha creato un modello che altri seguiranno: attori privati che superano gli Stati, non perché più forti, ma perché più veloci, più globali e meno responsabili.

Conclusione – Il cielo come nuova frontiera del potere

Starlink non è una rete di comunicazione nel senso classico. È uno strumento di potere, progettato con precisione, impiegato strategicamente e politicamente sottovalutato. Quello che è iniziato come un’innovazione tecnica si è trasformato in un sistema che mette Stati, eserciti e intere società in una relazione di dipendenza digitale. È il prodotto logico di un ordine mondiale in cui capitale, tecnologia e sicurezza si fondono. Il cielo, un tempo simbolo della libertà umana, è oggi il confine invisibile di una nuova forma di dominio. Chi lo controlla, controlla la Terra. E questo non avviene più attraverso l’occupazione militare, ma attraverso infrastrutture orbitali. Il potere non si trova più sui campi di battaglia, ma nelle reti, negli algoritmi e nelle frequenze. Starlink incarna una nuova forma di espansione imperiale: niente colonie, niente confini, niente bandiere, solo una griglia di dati che si stende come una seconda atmosfera sulla Terra. Questa forma di dominio è più sottile, ma anche più pervasiva. Può connettere e sottomettere, unire e isolare. Il controllo è in mano a pochi attori che operano globalmente, ma non devono rispondere a nessuno. Non sono eletti, non sono controllati, non sono responsabili: ed è proprio questo a renderli pericolosi. In un’epoca in cui gli Stati si confrontano su obiettivi climatici e protezione dei dati, sopra le loro teste si sta consolidando una nuova struttura di potere che opera al di fuori di qualsiasi costituzione. Starlink è il primo passo di questa evoluzione. Altri seguiranno: Amazon con Kuiper, la Cina con Guowang, forse presto sistemi di intelligenza artificiale militarmente connessi che sorveglieranno autonomamente intere regioni. Se non ci sarà una reazione politica, il futuro non sarà modellato dai governi, ma dalle infrastrutture. Non dalle decisioni, ma dalle reti. Non dal controllo democratico, ma dall’efficienza tecnologica. Il cielo è diventato la nuova linea del fronte, non della guerra nel senso tradizionale, ma della sovranità. Chi lo domina, domina le arterie di comunicazione dell’umanità. E chi le domina, scrive la storia. Starlink è l’inizio di questa storia. Come finirà dipende da se il mondo riconoscerà che la minaccia più grande non viene dall’alto, ma dalla comodità di affidare il potere a chi ha il minor dovere di renderne conto.

NOTE E FONTI 

Washington Post (Correzione e chiarimento, 8/13 settembre 2023)
“Correzione: Musk non ha disattivato il servizio; la copertura non era attiva fino a 100 km dalla Crimea, l’Ucraina ha chiesto l’attivazione, che è stata rifiutata” (inclusa intervista/video con Isaacson).
Link: https://www.washingtonpost.com/world/2023/09/08/elon-musk-starlink-ukraine-war

Walter Isaacson – Chiarimento pubblico (X/Twitter, 9 settembre 2023)
“Gli ucraini pensavano che la copertura arrivasse fino alla Crimea; hanno chiesto a Musk di attivarla, lui non l’ha fatto…”
Link: https://x.com/WalterIsaacson/status/1700342242290901361

Reuters Investigation (25 luglio 2025) – Accusa separata di un blackout regionale nelle aree occupate (Kherson, ecc.) a fine settembre 2022; SpaceX smentisce in parte. Caso distinto dall’episodio della Crimea.
Link: https://www.reuters.com/investigations/musk-ordered-shutdown-starlink-satellite-service-ukraine-retook-territory-russia-2025-07-25/

Starshield / Integrazione militare – Fonti aperte
Sito ufficiale di SpaceX (Starshield, pubblico dal dicembre 2022)
Link: https://www.spacex.com/starshield/

Reuters Exclusive (16 marzo 2024) – Contratto classificato con la NRO (~$1,8 miliardi) per una rete di satelliti da ricognizione/spionaggio (centinaia di satelliti).
Link: https://www.reuters.com/technology/space/musks-spacex-is-building-spy-satellite-network-us-intelligence-agency-sources-2024-03-16/

Ambiente/Atmosfera (Ossido di alluminio/Particelle, Ozono) – Studi e autorità
PNAS (Murphy et al., NOAA, 2023) – Misurazioni: Metalli dal rientro di satelliti nelle particelle aerosol stratosferiche.
Link: https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2313374120

NOAA/CIRES (2025) – Scenari: Entro 15 anni, i satelliti in rientro potrebbero rilasciare abbastanza ossido di alluminio da alterare venti e temperature nella stratosfera.
Link: https://csl.noaa.gov/news/2025/427_0428.html

FCC – Comunicati e ordini (29/30 settembre 2022) – Regola obbligatoria di 5 anni per i satelliti LEO dopo la fine della missione (invece di 25 anni).
Link: https://www.fcc.gov/document/fcc-adopts-new-5-year-rule-deorbiting-satellites

Reuters (4 aprile 2025) – Germania/UE finanziano alternative (Eutelsat/OneWeb) per ridurre la dipendenza da Starlink.
Link: https://www.reuters.com/business/media-telecom/germany-funds-eutelsat-internet-ukraine-musk-tensions-rise-2025-04-04

WELT (2022–23) – Utilità militare/Dipendenza, episodi della Crimea (vedi sopra).
Link: https://www.welt.de/241304403

Ringraziamo l’autore per il permesso di pubblicare questo contributo. Immagine: Concetto illustrativo di una flotta di satelliti Starlink per internet in orbita sopra il pianeta Terra. Una serie di satelliti di comunicazione con il sole all’orizzonte.

FONTE https://apolut.net/starlink-die-stille-militarisierung-des-himmels-von-gunther-burbach/

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