Il silenzio dei media occidentali sul flop dell’antiaerea israeliana
Nella nuova guerra del Medio Oriente la vera notizia non è che Israele colpisce l’Iran, ma che non riesce più a difendersi da Teheran. E la stampa tace. In Medio Oriente si sta consumando un cambiamento epocale: per la prima volta dalla sua nascita, lo Stato di Israele appare davvero vulnerabile sul piano difensivo. A dispetto della propaganda e delle rassicurazioni martellanti dei media occidentali, la realtà dei fatti mostra un quadro molto diverso: il sistema di difesa antiaerea israeliano, incluso l’osannato Iron Dome, è stato messo in seria difficoltà dai missili iraniani di nuova generazione, con una serie di impatti devastanti e perdite civili che sollevano interrogativi profondi sulla reale efficacia dello scudo missilistico dello Stato ebraico.
Ma questa notizia, probabilmente la più importante a livello geopolitico in queste settimane, non viene raccontata. Non si parla del fatto che missili iraniani di precisione hanno superato con relativa facilità le difese israeliane, provocando danni materiali ingenti, 13 morti, centinaia di feriti e un crollo psicologico e strategico ben più grave: quello della credibilità dell’invulnerabilità israeliana. Non è Israele ad aver preso l’iniziativa. È Israele a essersi scoperto improvvisamente esposto.
Tuttavia, la narrazione mediatica ha spesso ignorato una distinzione fondamentale: Iron Dome è efficace solo contro minacce relativamente semplici, come i razzi Qassam o Grad, privi di sistemi di guida e con traiettorie prevedibili. Contro missili balistici, missili da crociera manovrabili o vettori ipersonici, Iron Dome semplicemente non è progettato per funzionare.
L’intera architettura difensiva israeliana: David’s Sling e Arrow 3
A fronte di minacce più sofisticate, Israele ha progressivamente costruito un sistema di difesa stratificato che comprende:
David’s Sling (fionda di Davide): pensato per intercettare missili a medio raggio (70-300 km) e missili da crociera avanzati. Ma anche questo sistema ha mostrato limiti nella sua capacità di discriminazione delle minacce simultanee.
Arrow 2 e Arrow 3: progettati per intercettare missili balistici a lungo raggio, in particolare missili lanciati dallo Yemen o dall’Iran, persino fuori dall’atmosfera. Arrow 3 è stato salutato come una delle tecnologie più avanzate, ma i dati reali di intercettazione sono secretati e i test pubblici non rappresentano scenari di guerra complessi.
Durante l’attacco iraniano più recente – un attacco coordinato che ha coinvolto droni-kamikaze Shahed, missili balistici e missili da crociera – l’architettura difensiva israeliana ha faticato a reggere il colpo. Alcuni missili sono stati intercettati grazie anche al supporto decisivo degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Francia, ma altri hanno colpito obiettivi civili e infrastrutture sensibili. Un bimbo israeliano è morto. E non per assenza di difesa, ma per il fallimento di essa.
Perché nessuno ne parla? Il cortocircuito della stampa occidentale
Questa debolezza, che avrebbe dovuto aprire un dibattito serio sulla difesa antimissile e sull’autonomia strategica di Israele, è stata invece rapidamente rimossa dal circuito mediatico italiano ed europeo. L’asse informativo transatlantico continua a narrare Israele come un bastione tecnologico invulnerabile, mentre evita di trattare i buchi strutturali della sua architettura difensiva. La stessa narrativa che ha alimentato l’illusione di un’Ucraina invincibile davanti a una Russia debole, torna a colpire: l’Occidente non sbaglia mai, e chi lo afferma è un disfattista, o peggio, un nemico.
Un parallelo inquietante: e se fosse Roma, e non Tel Aviv?
Il dato più allarmante non è tanto il fallimento parziale di Iron Dome, ma il fatto che perfino con il supporto militare e tecnologico americano Israele non riesca a proteggersi completamente da un attacco missilistico ben coordinato. Se questo è vero per Tel Aviv – uno dei Paesi più avanzati al mondo sul piano militare – cosa succederebbe a Roma, Milano o Napoli in caso di un attacco da parte di una potenza come la Russia?
I missili ipersonici russi Avangard, Kinzhal e Zircon, già testati sul campo e con capacità di manovra imprevedibile, sono tecnologicamente superiori ai vettori iraniani. Non esiste oggi in Europa un sistema antimissile capace di fermarli con certezza. La stessa NATO ammette, nei suoi documenti interni, che la difesa collettiva in caso di un attacco missilistico russo dipende interamente dagli Stati Uniti, i quali – come dimostrano gli eventi – non sono infallibili.
La strategia della deterrenza sta fallendo?
Iron Dome era pensato come un simbolo della superiorità israeliana, una garanzia di deterrenza contro Hezbollah e Hamas. Ma se missili iraniani più moderni possono bucare lo scudo, la deterrenza si sgretola. In un conflitto ad alta intensità, con uno sciame di vettori ipersonici e sistemi di saturazione come quelli visti in Ucraina, nessuna architettura difensiva può garantire l’incolumità della popolazione civile.
E la reazione dei media occidentali? Silenzio, minimizzazione, negazione. Perché ammettere che Iron Dome non è infallibile significa ammettere che il dominio militare dell’Occidente è entrato in crisi strutturale, sotto l’offensiva di potenze che combinano nuove tecnologie con strategie asimmetriche.
Conclusione: la guerra dell’informazione è già persa
Il vero problema non è Iron Dome. È l’incapacità dell’informazione italiana e occidentale di raccontare la realtà senza filtri ideologici. Israele ha subito un colpo durissimo. Lo scudo non è crollato, ma ha mostrato crepe profonde. E mentre le cancellerie analizzano i danni, i cittadini rimangono prigionieri di una narrazione che ignora i fatti, minimizza i fallimenti e disegna un mondo in bianco e nero che non esiste più.
In questa guerra, la prima vittima è la verità. La seconda, forse, sarà la sicurezza dell’Europa.
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