In foto: A sinistra, microfibre di plastica recuperate sulle Montagne Rocciose. A destra campioni di neve artica. Credit: sin. USGS/ dx. Kajetan Deja

 

Sono state trovate in alte concentrazioni nei campioni di neve raccolti sulle Alpi svizzere, in Baviera, nell’Artico e le isole Svalbard da un team tedesco-svizzero di ricercatori dell’Alfred Wegener Institute, guidati da Melanie Bergmann Gunnar Gerdts. Qui i  dati!

La maggior parte della plastica non si rompe mai completamente, ma si frammenta in pezzi più piccoli chiamati microplastiche (dai 5 mm di diametro in giù). Queste microplastiche sono state trovate in ogni angolo del globo.

DA RICORDARE: Cadono filamenti polimerici dal cielo  (e succede tutto l’anno) e gli aerei rilasciano particolato non identificato. E’ un dettaglio di realtà da considerare. 

 

Nevica plastica sull’Artico e cade con la pioggia sulle montagne: stiamo devastando la Terra

Due nuove ricerche scientifiche hanno dimostrato che frammenti e microfibre di plastica precipitano con la neve sull’Artico e con la pioggia sulle Montagne Rocciose. Le perturbazioni atmosferiche, infatti, riescono a trasportare i materiali inquinanti prodotti dall’uomo anche nei luoghi più lontani dalla “civiltà”, contaminandoli irrimediabilmente.

Piove plastica su aree remote delle Montagne Rocciose e cade con i fiocchi di neve sull’Artico, in ambienti estremi che teoricamente dovrebbero essere ancora puri, incontaminati. Lo hanno dimostrato due team di ricerca differenti, impegnati nell’analisi di campioni di acqua piovana e ghiaccio. Si tratta dell’ennesimo, sconcertante esempio di quanto il tentacolare impatto umano sia riuscito a insozzare quasi ogni luogo, anche il più lontano dalla civiltà. Del resto è stata rilevata plastica anche nella Fossa delle Marianne, l’abisso più profondo nel cuore dell’Oceano Pacifico. Siamo talmente sommersi da questo materiale che divoriamo 5 grammi di plastica a settimana, senza sapere quali saranno le conseguenze sulla nostra salute. Ma conosciamo bene quelle su tartarughe, uccelli, cetacei e altri animali (principalmente marini) che divorano plastica in grandi quantità, scambiata per le prede naturali.

Piove plastica sulle Montagne Rocciose

La prima ricerca è stata condotta da un team dello U.S. Geological Survey (USGS), un’agenzia governativa statunitense che monitora il territorio, le risorse e i rischi naturali che minacciano gli USA. Gli scienziati non erano “a caccia” di plastica, ma stavano studiando l’inquinamento da azoto in diversi siti tra le aree urbane di Denver e Boulder e in altri del Colorado Front Range. Alcuni erano sulle Montagne Rocciose, una immensa catena montuosa nella parte occidentale del Nord America che abbraccia Stati Uniti e Canada. Ebbene, gli scienziati hanno trovato particelle di plastica nel 90 percento dei siti esaminati, principalmente in quelli urbani, ma anche nelle aree remote. Il sito che li ha scioccati di più era il cosiddetto C098, a circa 3.200 metri di altezza sul livello del mare nel cuore delle Montagne Rocciose. I ricercatori hanno rilevato nelle pozze di acqua piovana piccolissime microfibre sintetiche di circa 0,45 micrometri, come quelle presenti nei tessuti. Curiosamente, erano preponderanti quelle di colore blu. La scoperta, i cui dettagli sono stati pubblicati in questo rapporto, sottolinea che attraverso le perturbazioni atmosferiche la plastica può raggiungere e contaminare qualunque ambiente ed ecosistema.

Nevica Plastica sull’Artico

Ancor più scioccante la scoperta dei ricercatori dell’istituto Alfred-Wegener-Institut Helmholtz-Zentrum für Polar- und Meeresforschung (Germania) e del WSL Institute for Snow and Avalanche Research SLF (Svizzera). Gli scienziati, coordinati dai professori Melanie Bergmann e Gunnar Gerdts, hanno infatti scoperto particelle di microplastica in ambienti remoti dell’emisfero settentrionale – come le Isole Svalbard e le Alpi Svizzere – ma anche nell’Artico, dove sono precipitate con la neve. In un litro di neve artica sono state trovate circa 14.400 particelle; si tratta del 10 percento di quelle rilevate nella neve della Baviera rurale, ma si tratta comunque di un valore significativo, per un ambiente che dovrebbe essere purissimo. I frammenti di plastica individuati nell’Artico hanno dimensioni comprese tra pochi micrometri e 5 millimetri; derivano da tessuti, gomme, vernici, prodotti per la cura del corpo e altre fonti basate principalmente su polietilene e poliammide. Ogni anno produciamo 300 milioni di tonnellate di plastica e moltissima finisce riversata nell’ambiente, dispersa in frammenti più grandi (come quelli delle “isole di spazzatura” oceaniche) e microplastiche. Otto milioni di tonnellate finiscono ogni anno nei mari e negli oceani di tutto il mondo; si stima che nel 2050 ci sarà più plastica che pesce nei bacini marini. I dettagli della ricerca tedesca e svizzera sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Science Advances.

FONTE https://scienze.fanpage.it/nevica-plastica-sullartico-e-cade-con-la-pioggia-sulle-montagne-stiamo-devastando-la-terra/


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ANCORA NEWS

Carbonato di calcio in stratosfera: l’esperimento di Bill Gates contro i cambiamenti climatic

Il numero uno della Microsoft punta a ridurre il riscaldamento globale attraverso l’esplosione di palloni ripieni di polvere bianca.

Milioni di tonnellate di carbonato di calcio, una sorte di polvere bianca, per limitre gli effetti del cambiamento climatico. E’ l’idea di Bill Gates, numero uno di Microsoft, realizzata sulla base di una serie di ricerche dell’Università di Harvard. Il progetto di geoingegneria solare necessita, però, ancora di ulteriori studio. Una prima sperimentazione sarà effettuata su una porzione ridotta di stratosfera nel Nuovo Messico. Dodici chili di polvere bianca saranno rilasciati dagli esperti nell’ambito di un progetto dal nome Stratospheric Controlled Perturbation Experiment (ScoPEx). La sostanza è contenuta in un pallone, associato a una sonda dotata di eliche e dotato di sensori in grado di misurare il grado di riflessione della luce solare.

L’idea si basa sulle osservazione degli effetti prodotti dalle venti milioni di tonnellate di anidride solforosa prodotta dal vulcano Monte Pinatubo nelle Filippine nel 1991. L’eruzione provocò la morte di circa settecento persone con una nube che si diffuse nell’alta atmosfera dell’intero pianeta, bloccando in parte i raggi solari e spingendo le temperature ad abbassarsi di mezzo grado. Allo stesso modo gli esperti puntano a riprodurre questo effetto attraverso l’esperimento ScoPEx. Nonostante le premesse, i pericoli di un simile esperimento sono notevoli. L’emissione di simili sostanze in cielo potrebbe stravolgere delicati equilibri atmosferici provocando inondazioni o siccittà estreme ed abbattere lo strato di ozono che circonda l’atmosfera proteggendoci dai raggi ultravioletti. Insomma un progetto delicato che necessita dell’accordo dei diversi paesi, oltre che dal via libera degli scienziati. 

FONTE https://www.scienzenotizie.it/2019/08/15/carbonato-di-calcio-in-stratosfera-lesperimento-di-bill-gates-contro-i-cambiamenti-climatici-4531828

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