L’energia nucleare contribuisce solo per il 9% alla generazione elettrica globale
Il seguente commento di Gianni Lannes al World Nuclear Industry Status Report 2025 riguarda ovviamente l’industria nucleare civile, originariamente sviluppata per promuovere interessi nucleari militari. Il settore militare non è in declino; nuovi sviluppi ne consentono un’ulteriore crescita. Nel suo rapporto annuale sullo stato della sicurezza globale e degli armamenti pubblicato (16 giugno), l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) mette nero su bianco che “sta emergendo una nuova e pericolosa corsa agli armamenti nucleari in un momento in cui i regimi di controllo degli armamenti sono gravemente indeboliti“.
NUCLEARE AL CAPOLINEA E SCORIE IN PRIMA LINEA!
Di Gianni Lannes
Il recente World Nuclear Industry Status Report 2025 (presentato a Roma il 22 settembre scorso) fotografa rischi, pericoli e contraddizioni dell’energia nucleare. Oggi l’età media dei 408 reattori nucleari operativi in 31 Stati – che posseggono armi nucleari (dual use), inclusa Israele che non ha aderito al Tnp), risulta di circa 32,4…
Il recente World Nuclear Industry Status Report 2025 (presentato a Roma il 22 settembre scorso) fotografa rischi, pericoli e contraddizioni dell’energia nucleare. Oggi l’età media dei 408 reattori nucleari operativi in 31 Stati – che posseggono armi nucleari (dual use), inclusa Israele che non ha aderito al Tnp), risulta di circa 32,4 anni, con un totale di 266 reattori in funzione da 31 anni o più; di questi, ben 141 hanno superato i 41 anni.
A questa cifra vanno sommati altri 218 reattori nucleari che a metà 2025 risultavano chiusi, per una capacità permanentemente ritirata di circa 110 GW, e i 33 in fermo a lungo termine. Tuttavia, il decommissioning procede a rilento. Solo 23 reattori sono stati completamente smantellati e 9 sono stati liberati dal controllo normativo come siti completamente bonificati.
Quanto all’Italia: tutti i nodi scoperti arrivano al pettine delle ecomafie, a partire dall’irrisolta questione del cosiddetto “deposito unico”, nonché della mancata bonifica – da parte della remuneratisisma Sogin – di 4 centrali nucleari civili (di cui una plutonigena) ed una militare (S. Piero a Grado in provincia di Pisa), nonché di tutte le officine note e ignote di produzione del combustibile nucleare, come ad esempio quella dell’Eni (mascherata dal Cnen e poi dall’Enea, sulla collina della Trisaia di Rotondella in Lucania, in riva al Mar Jonio ed al fiume Sinni).
Inoltre, un recente rapporto (giugno 2025) della Banca d’Italia, intitolato “L’atomo fuggente”, sottolinea che è improbabile che un ritorno al nucleare in Italia possa avere possa avere un impatto significativo sul prezzo finale dell’elettricità “poiché anche i reattori modulari rimangono investimenti ad alta intensità di capitale, caratterizzati da rendimenti sul lungo termine”. Peraltro, il Wnisr, “Gli impianti nucleari non forniscono il tipo di energia dispacciabile”. Non sono buoni neanche per i data center hyperscale, dove si sviluppa intelligenza artificiale, poiché gli stessi necessitano di energia a breve termine, mentre le centrali nucleari necessitano di molti anni per essere sviluppate, pianificate e costruite. I reattori hanno bisogno di flessibilità e di potenti connessioni alla rete “per compensare la loro mancanza di flessibilità e possibili interruzioni”.
Infine, c’è il problema della messa in sicurezza delle scorie radioattive, a tutt’oggi effettivamente non ancora risolto. A Fukushima 14 anni dopo, non c’è ancora un deposito sicuro per i rifiuti radioattivi e va peggio nel Belpaese a gestione Meloni, in gravissimo ritardo su tutto.
Riferimenti:
https://www.worldnuclearreport.org/World-Nuclear-Industry-Status-Report-2025-1147
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2025-0947/index.html?dotcache=refresh
Gianni Lannes, Italia Usa e getta, Arianna editrice, Bologna, 2014.
https://www.ariannaeditrice.it/prodotti/italia-usa-e-getta-pdf
FONTE https://sulatesta.blog/2025/09/27/nucleare-al-capolinea-e-scorie-in-prima-linea/
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