Come Bruxelles, con il pretesto della “lotta alla disinformazione”, sta creando un sistema di controllo dell’informazione

Un documento trapelato della Commissione UE rende visibile fino a che punto Bruxelles sia già arrivata nella costruzione di un regime centralizzato di controllo dell’informazione. Ufficialmente, un nuovo “Centro per la resilienza democratica” dovrebbe proteggere l’Europa dalle campagne di disinformazione russe e cinesi. In pratica, però, sta nascendo un quadro permanente per la censura, la gestione dei narrative e l’influenza politica – coordinato direttamente dalla centrale UE.

Il nuovo cuore del progetto di censura UE

Secondo la bozza, il Centro pianificato diventerà un nodo europeo che:

  • Monitora i narrative

  • Definisce la disinformazione

  • Gestisce sistemi di allarme precoce

  • Coinvolge Stati membri e candidati all’adesione

  • Trasmette informazioni alle autorità europee

Ursula von der Leyen ha presentato il progetto come parte di uno “scudo per la democrazia” – un termine che già lascia intuire che non si tratta solo di difesa, ma anche di controllo. Il Centro collaborerà con i Paesi che vogliono entrare nell’UE e persino con “partner affini”, ovvero di fatto Stati NATO come il Regno Unito.

Fact-checker e influencer come strumenti politici

Il piano, però, va oltre. L’UE vuole:

  • Costruire una rete “indipendente” di fact-checker

  • Creare una rete di influencer UE che amplifichi la linea di Bruxelles durante elezioni, crisi e situazioni di emergenza

  • Ancorare deliberatamente narrative nella popolazione attraverso i social media

Con questo, l’UE istituzionalizza per la prima volta un sistema ufficiale che decide quali informazioni sono legittime – e quali no.

Il pretesto: Russia, Cina e una “guerra dei narrative”

Come giustificazione, Bruxelles cita siti web clonati, media online filocinesi e presunte operazioni cibernetiche, come nel caso della Romania, dove un’elezione è stata annullata. Questi esempi servono da leva politica per costruire un’infrastruttura permanente di gestione dell’informazione.Ma il punto decisivo è: l’UE definisce da sola cosa è disinformazione. Domande critiche, prospettive divergenti e posizioni politiche scomode possono così essere catalogate in qualsiasi momento come “manipolazione”.

Il paradosso democratico

Un apparato che pretende di proteggere i processi democratici si attribuisce il potere di regolare il panorama informativo. È esattamente questo che numerosi studiosi di media criticano:
chi controlla l’informazione ottiene un’influenza politica che va ben oltre il normale lavoro di governo.

La domanda centrale rimane senza risposta

Mentre l’UE finanzia “fact-checker indipendenti” e paga una rete di “influencer liberi”, sorge la domanda più semplice ma decisiva:

Chi controlla i fact-checker?

E ancora più diretta: se influencer e verificatori vengono pagati – chi paga, comanda. Con questo progetto l’UE non crea uno scudo protettivo, ma un insieme di strumenti con cui pilotare i narrative, marginalizzare voci dissenzienti e incanalare i discorsi politici nell’interesse dell’agenda UE.

Conclusione

Sotto la copertura della lotta alla disinformazione sta nascendo un sistema a livello europeo che fa esattamente ciò che sostiene di voler impedire: il controllo delle informazioni. Le basi per un narrative centralizzato UE sono poste. Adesso si tratta solo di capire fino a dove è disposta ad arrivare Bruxelles – e per quanto tempo l’opinione pubblica sarà disposta a stare a guardare.

Fonte The Guardian: EU plans hub to tackle disinformation threat from Russia and others

Letto qui https://uncutnews.ch/durchgesickertes-papier-zeigt-wie-das-eu-wahrheitsministerium-langsam-gestalt-annimmt/

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