Di Marcello Foa
Un tema mi affascina da tempo, anche perché è fondamentale per capire le dinamiche della società di oggi, quello dell’ingegneria sociale, nozione oscura ai più, ma che, in estrema sintesi, racchiude le tecniche usate per influenzare non tanto o non solo i media e l’opinione pubblica, quanto le masse, il loro modo di vivere, i loro valori, i loro gusti, persino – e il tema è più che mai attuale – le loro tendenze sessuali.
Il problema è che quando si affrontano temi come questi si oscilla fra due estremi: saggi suggestivi ma esasperatamente complottisti e quelli rigorosamente allineati all’establishment e tesi a confermare, veementemente e talvolta ottusamente, le verità ufficiali.
Ho appena finito di leggere un saggio che, invece, ha l’approccio giusto, giustamente dubbioso ma che fa parlare i fatti anziché proporre al lettore le prove a sostegno di una tesi precostituita. L’ha scritto un intellettuale che meriterebbe maggior fama, Enzo Pennetta, ma che, come capita a molti pensatori davvero liberi e dunque scomodi, non viene adorato dal mainstream. Il suo bel e notevole saggio si intitola “L’ultimo uomo” ed è edito dal Circolo Proudhon, animato da giovani promettenti e coraggiosi.
Pennetta, autore tra l’altro del blog Critica scientifica, fa quel che dovrebbe fare ogni studioso: costruisce la sua analisi su documenti e citazioni precisi, a cui dà un senso e una prospettiva storica. Ne “L’ultimo uomo” si propone di delineare il collante ideologico e teorico che modella la società di oggi, sempre più destrutturata nell’identità, sempre più tecnologica, sempre più confusa sessualmente, sempre meno religiosa e che tende pericolosamente verso la prossima era, in cui per il tramite delle nuove Divinità, la scienza e la tecnologia, si pretende di sovvertire le leggi della natura.
Non è lungo, raggiunge appena le 200 pagine ed è di piacevolissima e fluida lettura, ma è talmente ricco di contenuti che, quando lo concludi, d’istinto sei portato a rileggere alcuni passaggi, per apprezzare connessioni tanto raffinate quanto illuminanti. Pennetta ripercorre la storia e a suo giudizio le illusioni del darwinismo, spiegando come da una teoria in sé plausibile ma che non può essere considerata definitiva, si sia creato il Dogma in nome del quale si sono giustificate nuove forme di dominio sociale ed economico. In tal senso rivela nessi sorprendenti tra capitalismo e marxismo, spiega l’autentica funzione della Fabian Society, svela le inclinazioni malthusiane veicolate dal femminismo. Quel che colpisce, nella sua analisi, è la capacità di dimostrare le conseguenze sulla nostra società di teorie in apparenza lontane e per molti versi astruse. Il romanzo “Mondo nuovo” di Aldous Huxley è stato profetico e alcune mode dell’era moderna (come la rivoluzione sessuale, quella psichedelica, il New Age) ritentrano in un percorso di modellamento sociale.
Questo libro rischia di essere traumatico sopattutto per il lettore in buona fede di sinistra, quello più moderno, progressista, evoluto. Quello, per intenderci, che legge Repubblica, vota Pd e adora i guru, soprattutto stranieri. Pennetta denuncia, anzi dimostra, come dietro a tali guru, a cominciare da quelli della Silicon Valley, come Bezos, Brin, Zuckerberg, si celino intenti che rappresentano l’antitesi di quello che un tempo era la sinistra, in quanto ultraélitisti e che rispecchiano l’approccio filosofico di Ayn Rand, secondo cui
esiste una differenza antropologica fra gli esseri umani: da una parte gli eletti, gli imprenditori illuminati e dall’altra una massa di personaggi parassitari condannati a vivere degli avanzi dei primi.
Da qui la strumentalizzazione di battaglie apparentemente giuste e in realtà infide dei movimenti che appellandosi a ogni forma di diritto distruggono le fondamenta della nostra società, rendendola totalmente liquida e dunque facilmente manipolabile. Da qui il ruolo di ariete, tutt’altro che innocente, delle Organizzazioni non governative, di partiti come quello radicale, della pretesa di una società unisex come strumento per liquefare la famiglia e l’identità biologica.
“L’ultimo uomo” rischia, però, di essere traumatizzante anche per il lettore liberale-conservatore, che crede sia nel libero mercato sia in una società tradizionalista, perché si accorgerà che quel liberismo non è solo meritocratico ma ha finalità sconvolgenti di ingegneria sociale.
E’, insomma, un saggio per lettori che vogliono capire, aperti di spirito. Mira a far nascere una nuova consapevolezza, ad aprire gli occhi su dinamiche che restano invisibili ai più ma che trasformano la nostra esistenza, rendendo sempre più vicina una società talmente avveniristica e scientifica da poter fare a meno persino di te, caro lettore, e di me. Di noi tutti. In ultima analisi dell’Uomo stesso.
FONTE http://blog.ilgiornale.it/foa/2017/07/12/la-manipolazione-invisibile-della-societa-funziona-cosi/
“L’ultimo uomo”
Un manuale delle radici del totalitarismo prossimo venturo. Che è qui.
Dal blog di Marco Tosati
Si intitola “L’ultimo uomo” , con una citazione di Nietzsche, ma avrebbe potuto avere come sottotitolo “le radici della nostra follia” il bel libro che Enzo Pennetta ha scritto:
Perché di questo si tratta : l’autore esamina come negli ultimi tre secoli utopie, ipotesi scientifiche elevate al valore di dogma indiscutibile, visioni immaginifiche del mondo e dell’uomo hanno contribuito a cercare di stravolgere antropologia e realtà umana; e – quel che è peggio – continuano anche oggi, con radici sottili che vanno fino ad antiche eresie cristiane.
E’ un’opera “leggera” come numero di pagine, sono 206 in tutto, per i tipi del Circolo Proudhon, diviso in capitoli snelli, e di agevole lettura, che aiuta a leggere e capire la realtà che stiamo vivendo sia da un punto di vista di impostazione filosofica e di pensiero, sia nel contesto dell’attualità. Non a caso uno dei capitoli si intitola “Le ONG e altre organizzazioni”, ed esamina come queste forme di pressione e aggregazione sociale operino in modalità tutt’altro che democratiche, sotto il mantello dichiarato del “rafforzamento della democrazia, la riduzione della povertà, la tutela dell’ambiente e della cultura, la protezione delle fasce più deboli della popolazione”. Ma la loro realtà nascosta è ben diversa, e costituiscono spesso a tutti gli effetti degli strumenti di colonizzazione culturale, o di “regime change” nel caso in cui un Paese si riveli ostico a quella che Chimsky definisce “una colonizzazione dall’interno”. E in ultima analisi portano acqua al mulino del governo globale di cui il volto si mostra sempre più evidente in eventi e Paesi, non escluse le ultime elezioni presidenziali francesi.
E’ davvero un libro che ci sentiamo di raccomandare alla lettura, perché mette in luce i collegamenti fra quello che viviamo e vediamo oggi nel campo infinito dei “diritti” infiniti e le idee che già all’inizio del secolo XX portavano uno scienziato inglese, J.B.S. Haldane, a scrivere “Daedalus : or Science and Future”, da cui Huxley avrebbe tratto ispirazione per il suo “Brave New World”. Verso quello che è l’obiettivo finale, e, ahimè, il prodotto che stiamo cominciando ad assaporare, di un “totalitarismo dolce”.
E aiuta a rispondere alla domanda che si poneva Igor Safarevic, matematico russo geniale, fondatore della scuola più importante di teoria algebrica del suo Paese: “Perché i liberali d’occidente provano simpatia per il sistema staliniano di comando? Entrambi questi fenomeni storici si presentano come tentativi di realizzare un’utopia tecnico-scientifica. O meglio, sono due varianti, due vie di questa realizzazione. La via progressista occidentale è più morbida, basata sulle manipolazioni più che sulla violenza diretta….Tale differenza di metodo crea l’impressione che si tratti di due sistemi irrimediabilmente antagonistici, ma in effetti sono mossi da un unico spirito e i loro fini ideali coincidono in maniera sostanziale”.
FONTE https://www.enzopennetta.it/2017/05/lultimo-uomo-di-enzo-pennetta-un-manuale-delle-radici-del-totalitarismo-prossimo-venturo-che-e-qui/
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