Anche su pagine precedentemente rimaste in silenzio, si possono ora vedere i primi segni di un trattamento serio di questo tema. Speriamo che ce ne siano altri e presto, il tempo sta per scadere, i maestri di una Nuova Creazione della Terra hanno una fretta terribile.

Giorgia Audiello

Avanti.it

Un argomento ancora del tutto assente nel dibattito pubblico e a volte trascurato anche dalla cosiddetta controinformazione è quello riguardante la geoingegneria climatica, vale a dire la manipolazione artificiale del clima da parte dell’uomo per mezzo di diverse tecniche che vanno dall’inseminazione artificiale delle nubi per mezzo di aerei che disperdono, solitamente, particelle di ioduro d’argento su nuvole contenenti goccioline d’acqua per indurre la pioggia, all’irraggiamento di potenti onde radio nella ionosfera. Sebbene esistano diversi documenti autorevoli, testimonianze di esperti militari ed esperimenti di start up private che dimostrano la volontà e la possibilità di alterare artificialmente il clima, la geoingegneria è ancora relegata esclusivamente all’ambito del “complottismo”, categoria funzionale a sopprimere gli argomenti scomodi, screditandoli e stroncando così sul nascere ogni possibilità che la questione di diffonda diventando di dominio pubblico. Gli eventi meteorologici estremi a cui si sta assistendo negli ultimi anni, denominati con espressioni quali “bombe d’acqua” o “fiume atmosferico”, per non parlare del presunto innalzamento della temperatura terrestre noto come “riscaldamento globale”, vengono attribuiti unilateralmente e senza alcun dibattito scientifico alle emissioni antropiche di anidride carbonica (CO2).

Tuttavia, al contrario di quanto si tenti di far credere, sul nesso tra emissioni antropiche e clima non vi è unanimità nel cosiddetto “mondo scientifico” e gli studi che avallano la connessione tra i due fenomeni sono spesso viziati da interessi e pressioni politiche: in Italia, scienziati del calibro di Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984, Franco Prodi, fisico dell’atmosfera e massimo esperto italiano di fisica delle nubi e Antonino Zichichi, fisico delle particelle elementari – solo per citarne alcuni – sostengono che l’influenza dell’uomo sul clima sia minima e assolutamente marginale. Zichichi in alcune interviste ha affermato che il riscaldamento globale: «dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del Sole. Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende, invece, da fenomeni naturali legati al Sole. Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico». Se da un lato, dunque, bisognerebbe almeno porre in dubbio la martellante versione divulgata dai centri di potere internazionali come l’ONU sull’impatto delle emissioni di CO2, dall’altra quel che si sa con certezza è che le tecniche di geoingegneria sono perfettamente in grado di produrre certi fenomeni atmosferici. Non lo provano solo documenti militari, ma anche gli esperimenti condotti recentemente da alcune start up confermano l’efficacia della geoingegneria sul clima: come riferito dal MIT Technology Review, ad esempio, l’azienda Make Sunsets ha lanciato dei palloni meteorologici in grado di rilasciare particelle di zolfo riflettenti nella ionosfera. Secondo la prestigiosa rivista del Massachusetts Institute of Technology – una delle più importanti università di ricerca del mondo – le particelle «in quantità sufficienti potrebbero potenzialmente facilitare il riscaldamento globale».

I primi studi ed esperimenti di alterazione meteorologica sono stati condotti in ambito e a scopo militare nel più ampio contesto di quella che viene chiamata “guerra ambientale”. Uno dei più importanti e moderni programmi di ricerca militare in questo settore risale al 1996 a cura di alcuni ufficiali dell’aeronautica statunitense. Il titolo sintetizza programmaticamente i suoi scopi: Weather as a Force Multiplier: Owning the weather in 2025 (“Il tempo come moltiplicatore di forza: possedere il tempo nel 2025”). Lo scopo è quello di «possedere il tempo», ossia di controllarlo e plasmarlo ai fini di incursioni militari e per mettere in difficoltà il nemico attraverso eventi meteorologici avversi. Se inizialmente l’obiettivo si limitava a modificare le condizioni meteorologiche in aree limitate per un periodo di tempo limitato (ad esempio per consentire di visualizzare i “target” in caso di bombardamento aereo), successivamente le mire si sono ampliate al controllo globale del clima per periodi di tempo anche prolungati. Di conseguenza, gli scopi di alterazione climatica si sono estesi dall’ambito militare a quello politico, geopolitico ed economico: attraverso una modificazione del tempo meteorologico è possibile innescare nuove crisi artificiali e indotte, in grado di modellare i sistemi economici e condizionare le scelte di politica internazionale. Il generale Fabio Mini che si è occupato approfonditamente di geoingegneria, sulla prestigiosa rivista di geopolitica italiana Limes già anni fa scriveva che «oggi più che mai esistono la volontà, la capacità e le tecnologie per “possedere” l’ambiente, per devastarlo o proteggerlo, ma comunque per usarlo ai fini politici ed egemonici. […] queste e altre capacità scientifiche sono utilizzate per la guerra a prescindere dalla dimensione militare».

Nata, dunque, in ambito militare, è ora possibile utilizzare la geoingegneria in ambito “civile” a scopi economici e geopolitici per indirizzare e plasmare le politiche globali: non vi è dubbio, infatti, che senza le teorie del riscaldamento globale e del cambiamento climatico non si sarebbe mai potuto dare luogo alla cosiddetta “transizione ecologica” che si pone l’obiettivo di una vera e propria rivoluzione degli assetti sociali, economici, politici, alimentari e persino antropologici della civiltà occidentale e non solo, e su cui si basa il cosiddetto Grande Reset formulato dal World Economic Forum di Davos: infatti, così come si prospetta di utilizzare le tecniche di alterazione climatica per “salvare” il mondo dal surriscaldamento, allo stesso modo esse potrebbero averlo direttamente provocato. Del resto, sempre Mini scriveva che «nessuno crede più che l’aggravarsi delle condizioni climatiche, vere o presunte, minimizzate o enfatizzate ad arte, sia “soltanto” il frutto di modifiche ambientali anche se causate dal gas serra o dalle emissioni umane. La sfiducia nelle fonti ufficiali corroborata dalle esperienze passate tende ad attribuire all’azione militare segreta, o ritenuta tale, la capacità e la volontà di provocare danni ambientali. Purtroppo, molte illazioni non sono peregrine e si basano su capacità e tecnologie ormai accertate e consolidate anche se ufficialmente negate o minimizzate».

Alcuni “scienziati del clima” in una lettera al giornale britannico The Indipendent hanno scritto che l’unico modo per salvare il mondo dal “riscaldamento globale” è utilizzare la geoingegneria. Il quotidiano inglese, infatti, nel 2016 scriveva che «A causa del fallimento di Parigi, gli accademici affermano che l’unica possibilità del mondo di salvarsi dal riscaldamento globale dilagante è una spinta gigantesaca verso tecnologie di geoingegneria controverse e in gran parte non testate che cercano di raffreddare il pianeta manipolando il sistema climatico terrestre… Abbiamo le spalle al muro e ora dobbiamo iniziare il processo di preparazione per la geoingegneria. Dobbiamo farlo sapendo che le sue possibilità di successo sono scarse e i rischi di attuazione sono grandi», scrivevano nella lettera gli stessi scienziati. Allo stesso modo, il miliardario “filantropo” Bill Gates aveva lanciato e finanziato il progetto SCoPEx (Stratospheric Controlled Perturbation Experiment):esso rappresenta un tentativo di «gestione delle radiazioni solari» attraverso l’utilizzo di carbonato di calcio. Un esperimento di ingegneria climatica per combattere il riscaldamento globale che prevedeva il rilascio nella stratosfera di carbonato di calcio (tra i 100 grammi e i 2 chili)  in un’area di un chilometro per cento metri attraversol’utilizzo di un pallone sonda, con lo scopo di filtrare i raggi solari.

Tuttavia, i rischi di questi esperimenti sono enormi: la geoingegneria, infatti, potrebbe causare più danni che benefici, compreso un aumento della siccità. Nel febbraio 2015, un comitato internazionale di scienziati ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che «la gestione delle radiazioni solari, o le tecniche di modifica dell’albedo, possono presentare rischi ambientali, sociali e politici seri noti e anche sconosciuti, inclusa la possibilità di essere dispiegati unilateralmente». Inoltre, secondo uno studio del 2013 pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Atmospheres, se i programmi di geoingegneria venissero avviati e poi improvvisamente interrotti, il pianeta potrebbe vedere un immediato aumento delle temperature, in particolare sulla terraferma. Ciò nonostante, questi programmi di manipolazione climatica proseguono nel silenzio generale – come mostra il recente esperimento della società Make Sunsets ma non solo – e nella negazione dei media e della politica, mentre il presunto cambiamento climatico viene attribuito alle quotidiane  attività antropiche, individuando in queste ultime l’origine di tutti i mali e propugnando quindi la necessità di ridurre la presenza umana sul pianeta. Allo stesso tempo, i politici di tutto il mondo si recano ai summit internazionali sul clima con jet privati che inquinano ed emettono CO2 pari alle emissioni medie di 350000 automobili in una settimana.

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